Gasdotto Galsi
1 Novembre 2011Stefano Deliperi
Era anche troppo chiaro, come prevedibile, con i picchetti sui terreni e le ruspe pronte ad accendere i motori, residenti, amministrazioni locali, aziende interessati hanno dato vita a contestazioni di vario genere contro il progetto di gasdotto Galsi s.p.a. che attraverserà la Sardegna. Contemporaneamente alcuni sindacati lo “pretendono” ora e adesso e altri amministratori locali fanno a gara per “ospitare” il tracciato del gasdotto al posto dei riottosi. A Olbia il Sindaco Gianni Giovannelli (centro-sinistra, ma già centro-destra) si pone alla testa del magmatico movimento anti-Galsi, mentre gran parte del centro-destra è favorevole e la Provincia di Olbia-Tempio – retta dal centro-destra – nega l’autorizzazione integrata ambientale. Manifestazioni contrastanti e idee disparate: chi vuole la centrale di compressione a Vena Fiorita, chi la vuole a Spiritu Santu, chi non la vuole proprio, chi non la vuole in Gallura, chi non vuole nemmeno sentir parlare del gasdotto, chi lo reclama a gran voce.
I Consigli comunali di Macomer e di Ozieri – fra i tanti – votano a favore del tracciato, il Sindaco di Siniscola Rocco Celentano si candida ad accogliere il gasdotto all’insaputa del suo Consiglio comunale e fra gli strali dell’on. Ladu, il Comune di San Giovanni Suergiu – in precedenza favorevole – ora promuove manifestazioni avverso il tracciato. Come se non bastasse, i Presidenti della Province di Cagliari e dell’Ogliastra Graziano Milia e Bruno Pilia si dichiarano favorevoli al passaggio del tracciato anche solo sulle loro Province. Per non mancare, anche il Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias Tore Cherchi annuncia il sostegno “senza se e senza ma” all’attuale tracciato del gasdotto.
Insomma, grande confusione sotto il sole sardo. Verrebbe anche da dire, flaianamente, che la situazione è grave ma non è seria.
Infatti siamo agli ultimi minuti della partita, il 25 luglio 2011 sul quotidiano La Nuova Sardegna veniva pubblicato l’avviso + elenco particelle catastali e proprietari di avvio del procedimento di esproprio (art. 52 ter del D.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.) delle aree interessate dal tracciato del gasdotto Galsi s.p.a. in Sardegna e a Piombino, in Toscana.
Nonostante se ne parli da anni, nonostante una battaglia disperata delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico, Amici della Terra e Lega per l’Abolizione della Caccia ha consentito – grazie soprattutto alla preziosissima opera dell’ornitologo Giuseppe Floris e della biologa marina Paola Turella – la riapertura del procedimento di valutazione di impatto ambientale (gennaio 2010), l’interesse mostrato da amministrazioni locali e popolazioni interessate è stato piuttosto scarso fino a queste ultime settimane.
Le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico, Amici della Terra e Lega per l’Abolizione della Caccia avevano in proposito presentato uno specifico atto di “osservazioni” (20 febbraio 2010) indicando varie modifiche del tracciato per la salvaguardia di aree di rilevante interesse ambientale e naturalistico, nonché attività economiche e sviluppando sinergie con il solo Comune di S. Antioco, comitati, semplici cittadini, pur essendovi stati anche incontri pubblici di sensibilizzazione a S. Antioco e Portoscuso (a fine gennaio 2010 e a fine febbraio 2010).
I vari Enti locali interessati avevano espresso posizioni genericamente favorevoli o non si erano minimamente interessati, compresi i Comuni di Olbia e di S. Giovanni Suergiu, ora su posizioni critiche (meglio tardi che mai).
Ripetute e incessanti le iniziative del cantore senza se e senza ma del gasdotto Galsi, Mauro Pili, deputato e Presidente della Giunta regionale sarda al momento della proposta iniziale, o le posizioni assolutamente favorevoli di Legambiente.
Ma veramente scandalosa è stata la Regione autonoma della Sardegna. In sonno. Pur essendo azionista di Galsi s.p.a. attraverso la società finanziaria Sfirs s.p.a. (detiene l’11,6% del capitale sociale), non ha fatto praticamente nulla per minimizzare l’impatto ambientale e per massimizzare l’utilità dell’opera per l’Isola.
Avrebbe dovuto – a nostro parere – prendere in mano la situazione e dettare condizioni irrinunciabili per la realizzazione dell’opera in progetto. Infatti, in un’ottica di medio periodo il gas naturale può essere una fonte energetica di transizione dalle fonti fossili “tradizionali” (olio pesante) e finto-alternative (es. Targas) verso le fonti energetiche rinnovabili. Il tracciato dovrebbe, però, esser diverso – con l’approdo nella zona industriale di Portovesme (e non nel Golfo di Palmas), lungo le aree già pubbliche del tracciato dismesso delle Ferrovie Meridionali Sarde, lungo i tratti dismessi e le fasce di rispetto della S. S. n. 131 e di altra viabilità pubblica – come abbiamo formalmente chiesto nell’atto di intervento del procedimento di V.I.A., e l’impatto ambientale e socio-economico sarebbe infinitamente minore (attualmente, fra l’altro, il tracciato massacra i vigneti pregiati del Carignano e del Vermentino). Inoltre, come abbiamo analogamente formalmente richiesto, dovrebbero esser previsti e finanziati i collegamenti e le connessioni con le reti di distribuzione delle aree urbane e industriali sarde (es. con i fondi comunitari 2007-2013). Altrimenti, ci dovremo tenere chissà fin quando impianti inquinanti e depredatori di soldi pubblici come il Targas (gruppo Saras s.p.a.) e quelli di Portovesme e Porto Torres.
Oggi nulla di tutto questo e nessun beneficio per la Sardegna. E la classe politica isolana dorme, con l’eccezione della sola on. Claudia Zuncheddu e dei componenti del suo gruppo consiliare che – con la mozione n. 48 del 12 marzo 2010 – hanno tentato una modifica di rotta.
Nei mesi scorsi, il Ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, di concerto con il Ministro per i beni e attività culturali Sandro Bondi, ha emanato il provvedimento conclusivo del procedimento di valutazione di impatto ambientale – V.I.A. concernente il progetto di gasdotto Algeria – Sardegna – Toscana proposto da Galsi s.p.a., il decreto DVA DEC – 2011 n. 64 del 24 febbraio 2011, disponibile sul sito istituzionale ministeriale insieme gli allegati (parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale V.I.A. e V.A.S. CTVA – 2011 n. 174 del 25 gennaio 2011; parere del Ministero dei beni e attività culturali – Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee n. 25241 del 25 agosto 2010; parere Regione autonoma della Sardegna – Assessore della difesa dell’ambiente n. 28308 del 17 dicembre 2010).
Si può verificare che il Ministero dell’ambiente, pur imponendo solo minime modifiche di tracciato (soprattutto nella parte a mare: la prateria di Posidonia oceanica interessata è di 78.700 mq. rispetto ai 175.800 della versione progettuale Galsi, con una riduzione di circa 97.000 mq.), ha disposto ben 112 prescrizioni vincolanti (65 da parte del Ministero dell’ambiente, 17 da parte del Ministero per i beni e attività culturali, 30 da parte della Regione autonoma della Sardegna) e rimane necessario il parere della Commissione europea (art. 5, comma 10°, del D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i.), nonostante le modifiche di tracciato imposte, in quanto “comunque persista un’incidenza negativa sull’habitat tutelato ai sensi della Direttiva europea 92/43 Habitat e dei D.P.R. n. 357/1997 e 120/2003”.
Rimangono inoltre da acquisire i pareri sul vincolo idrogeologico (regio decreto n. 3267/1923 e s.m.i.) da parte dei competenti Ispettorati del Corpo forestale e di vigilanza ambientale, l’autorizzazione integrata ambientale–A.I.A. sulla centrale di compressione di Olbia, l’approvazione del piano di caratterizzazione per l’attraversamento di aree minerarie dismesse, eventuali ulteriori prescrizioni da parte della Direzione generale protezione della natura del Ministero dell’ambiente per l’attraversamento del “Santuario dei Cetacei”, il parere sull’immersione in mare dei materiali di escavo marino (art. 109 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.).
Allo stato attuale, il gasdotto Galsi s.p.a. è solo portatore di danni ambientali e socio-economici, ma di nessun beneficio per la Sardegna. L’ennesima speculazione, grazie all’insipienza della Regione autonoma della Sardegna e della sua classe politica.
1 Novembre 2011 alle 11:29
Caro Stefano, condivido amaramente il tuo pezzo. Non sono pochi i professionisti sardi che hanno lavorato ad impedire impatti con i beni culturali. Ma è assente ogni capacità di governo regionale: ogni indirizzo ambientale e paesaggistico. D’altronde, possiamo aspettarcelo dal Cappellacci dell’aggressione al paesaggio, del piano-casa, dei campi da golf??
Si profila una servitù: ma di natura diversa, perchè credo che il gas servirebbe, a partire dalle case.
L’indipendentismo che critica il caro bombole della Saras non ha problemi ad ingrassare Moratti, invece di impostare una seria vertenza energetica, dettare condizioni per acquisire diritti e veri vantaggi, non servitù. Dei favorevoli senza sì e senza ma possiamo immaginare di tutto.
Questa Sardegna è davvero politicamente misera: detta un po’ alla sassarese, una Sardegna “ga(l)ssi sìa”.
1 Novembre 2011 alle 12:44
Scusate, ma per dovere di cronaca e anche per “fatto personale” (diciamo così), mi sento obbligato a intervenire.
Gli indipendentisti che contestano la SARS e ingrassano Moratti magari ci sono anche, ma non sono la regola. Allora, senza per forza voler rivendicare diritti di primogenitura o fare la gara a chi l’aveva detto prima, prego se non altro di tener presente la posizione ufficiale sul GALSI espressa da Progetu Repùblica non oggi ma oltre due mesi fa:
http://progeturepublica.net/comunicati/galsi-da-servitu-di-passaggio-a-risorsa-per-i-sardi/
Si tratta di una posizione abbastanza vicina a quella proposta qui da Stefano Deliperi. Anche noi riteniamo che sia più opportuno affrontare la transizione verso un uso sistematico e strutturale di fonti rinnovabili attraverso lo sfruttamento del gas, piuttosto che di altre fonti fossili o finto-ecologiche. Il problema è che – per come è stato impostato – il progetto GALSI a tutto serve tranne che a garantire ai sardi la fornitura di metano. Ma su questo si fa disinformazione a tappeto, dal centrosinistra e dai sindacati in primis. Si sostiene che si potrebbero usare le reti di distribuzione per l’aria propanata, ignorando o nascondendo che non possono condurre il metano. Si favoleggia di posti di lavoro a iosa e di scarsissimo impatto sul territorio. E via di seguito con le balle spaziali.
Il tema è insidioso, perché non si presta a posizioni manichee, se non in termini populistici e demagogici (dall’una e dall’altra parte).
1 Novembre 2011 alle 17:33
da più di due anni stiamo facendo presente realta, balle, prospettive eluse del gasdotto Galsi, non da un paio di mesi, “a babbo morto”.
E’ davvero mancata e manca la regìa di chi dovrebbe rappresentare un’intera Collettività regionale, la Regione autonoma della Sardegna.
L’ennesima figura da polli.
2 Novembre 2011 alle 13:00
D’accordissimo. Ma sarebbero da interrogare le forze politiche che hanno o hanno avuto ruoli decisionali in questa come in altre materie. Quello del Galsi è un classico pasticcio “alla sarda”. Non è il primo e temo non sarà l’ultimo. Il problema è che la nostra classe politica risponde a centri di potere e di interesse esterni alla Sardegna, non certo ai sardi. Tirare in ballo gli indipendentisti (che per altro non esistono come categoria politica a sé stante né – tanto meno – come categoria antropologica) è incongruo, se non fuorviante. Nelle battaglie fondamentali per il nostro territorio (dal nucleare alle speculazioni cementifere) l’ambito indipendentista è sempre stato, sia pure in modo eterogeneo e con varie proposte politiche, in prima fila. Non così i partiti italiani in Sardegna e i loro complici rivestiti di belletto identitario.
Al di là di questo, comunque, ora come ora la priorità è chiarire il più possibile a tutti i cittadini i vari aspetti della questione Galsi, rendere un servizio civico di sana e corretta informazione, dato che i mass media sono troppo compromessi per farlo. E provare a imporre un minimo di democrazia in questo genere di decisioni, così rilevanti per la nostra vita presente e futura. Nell’interesse collettivo dei sardi, non per ragioni di parte o di bottega.
2 Novembre 2011 alle 14:49
Omar Onnis ha ragione quando rifiuta l’indipendentismo come categoria politica a sè stante. Personalmente mi riferivo ad una parte, della quale lui stesso ammette l’esistenza, che dimostra come l’ideologizzazione localistica porti solo a danni e incoerenze. Neppure credo alle categorie ‘partiti italiani’ / ‘partiti non italiani’ per dividere in negative o positive le attenzioni al territorio. La realtà, trasversale e globale, le ha da tempo frantumate. Ma condivido assolutamente la necessità di chiarire, uscire dai luoghi comuni, andare sulle questioni reali e sul rapporto che intrattengono con la democrazia. Le risorse energetiche sono veri e propri beni comuni, assieme al paesaggio. Ambedue richiedono che le comunità – non certo i localismi, soprattutto di chi non ha mai fatto comitati ‘no cement’, come ad Olbia – siano davvero al centro delle capacità decisionali.
10 Novembre 2011 alle 14:53
Purtroppo a me sembra che l’interesse collettivo dei sardi non stia a cuore neanche ai sardi stessi, ogni sardo pensa troppo solo a stesso e al proprio ristretto nucleo di consanguinei e lo fa guardando all’interesse immediato piuttosto che al futuro dei propri discendenti. Le comunità si sono assottigliate a causa dello spopolamento ma anche disgregate al loro interno, le strade e le piazze sono vuote e chi è rimasto gira quasi sempre in macchina per andare a fare la spesa nei supermercati dove compra verdura schifosa proveniente da chissà dove. Molte comunità esistono ancora ma sembrano popolate da zombies, morti viventi, la vita sociale ridotta all’osso o trasferita su FB per condividere poche cose superficiali, la responsabilità delle decisioni delegata sempre a qualcun’altro salvo poi lamentarsi perchè “qui andiamo sempre peggio”. Forse sto per dire una cosa ingenua e scontata ma secondo me la prima urgenza per la Sardegna è che i sardi (anche quelli “di fuori”) si risveglino dal torpore in cui sono sprofondati a furia di andar dietro ai modelli sociali e consumistici dominanti basati sempre sull’interesse individuale, e che tornino ad essere comunità e rete sociale tra cittadini, acquistando così la consapevolezza del proprio potenziale e del proprio potere di incidere su ciò che accade.