Fra indagati e indipendentisti c’è il voto utile?
12 Febbraio 2014Andrea Pubusa
A queste elezioni regionali mi sono rapportato con un profilo minimale. Non pretendo nulla di straordinario. Chiedo l’ovvio. Voterò chi rispetta e dice di voler attuare la Costituzione. Rimango nell’alveo della manifestazzione di Roma del 12 ottobre. La Costituzione, nata dalla Resistenza, che pone il lavoro a fondaamento della Repubblica, voglio vederla apprezzata, rispettata e applicata. Anzitutto dai miei rappresentanti, consiglieri comunali, provinciali, regionali e parlamentari. Voto solo chi si muove in questo orizzonte, senza sconti.
Ho detto che è un profilo basso il mio, eppure oggi in Sardegna, questo è un criterio esigente. Volete la prova? Partiamo da Cappellacci. Ha esercitato con “disciplina ed onore” il suo mandato? In altre parole ha rispettato il comma 2 dell’art. 54 Cost., che lo richiede? Ditemi voi: rispetta quella regola chi ha diversi procedimenti penali in corso e non per fatti connessi alla lotta in difesa della Sardegna, ma per vicende in difesa del suo tornaconto o di quello di amici suoi? Parliamo, ovviamente sulla base delle contestazioni della Procura e delle notizie di stampa. Le sentenze sono di là da vanire, ma le contestazioni sono reali ed è reale anche il diprimo dibattimento fissato per il 9 aprile. E allora, non ditemi che sono un settario o un giustizialista, se affermo che io Cappellacci non posso votarlo, a prescindere dalla sua azione politica, fatta di proclami roboanti e di zero realizzazioni. La sua campagna elettorale poi ha preso piede quando il pregiudicato n. 1 d’Italia, rilanciato da Renzi, gli è venuto in soccorso, sparando balle ad alzo zero come quella della zona franca integrale, una buffala, impossile in Italia perché preclusa dalla Statuto sardo e in Europa perché viola il principio della concorrenza, che certo Cappellacci non contesta.
E il PD? Questo partito supera il vaglio della Costituzione? Rispettano l’art. 54, comma 2, quelli della lista che sono indagati? Indagati per peculato, si badi, non per aver fatto i picchetti in fabbrica o i blocchi stradali con gli operai e i pastori in lotta. E poi gran parte del gruppo dirigente PD è indagato: dal segretario regionale Lai a Soru. Dovete ammettere: la disciplina è venuta meno e l’onore è perduto! E allora che faccio? Mi contraddico? Faccio come quelli di SEL? Dico che sono malandrini gli indagati delle parrochie altrui e buoni quelli della mia? No compagni ed amici, quella dell’etica pubblica è questione ultrasensibile, di quelle su cui non è ammessa contraddizione. Sarò arcaico, ma rimango fermo all’idea della diversità delle persone di sinistra. Diversi sul piano morale e orgogliosi di esserlo. Se non son così non son di sinistra. E allora? Allora, per prendere in considerazione il voto al PD & C., Pigliaru, che è un galantuomo, avrebbe dovuto liberarsi degli indagati nelle liste e togliersi di torno i dirigenti con carichi pendenti. Non lo ha fatto? Mantengo per lui rispetto, ma il voto al PD no, mi dispiace, ma non posso. Non posso anche perché rafforzare il PD significa rafforzare Renzi, che insieme a B. si è accordato per fare una legge elettorale capestro per le minoranze e per stravolgere la Costituzioone.
Per Michela potrei avanzare tante osservazioni. Ammetto però che è una novità. Tiene bene il campo, è battagliera e per nulla banale. Però lei è di Progres e ProgReS non vuol dire “progresso”, significa Progettu Repubbrica Sarda. Nel loro Manifesto politico scrivono fra l’altro “Noi siamo indipendentisti, operiamo per la costruzione di una repubblica sarda indipendente e sovrana“. Come conciliare questa finalità, il programma massimo di ProgReS, con l’art. 5 Cost.? Questo sancisce i principi di autonomia e decentramento, ma anche quelli dell’unità e indivisibilità: “l’Italia, una e indivisibile, riconosce e promouove le autonomie locali…“. Sì lo so che oggi i principi non contano, le coerenze ancor meno; bisogna essere pragmatici, oggi qui domani là, ma io confesso di essere un “rosso antico” e per gente siffatta le questioni di principio sono inderogabili. Potrei lasciarmi chiamare sovranista. A una condizione però, che per sovranismo s’intenda la forma estrema di autonomismo compatibile con l’unità nazionale. Insomma, una lettura della Costituzione che intende la sovranità popolare come diffusione di poteri non dipendenti e pariordinati in capo a tutti i livelli di governo territoriale secondo le garanzie dettate dalla Costituzione. In realtà, io questo l’ho sostenuto ben trent’anni fa in un volume giuridico dedicato al tema. E lo credo ancora. Ma non sono disposto a inseguire nessuna avventura confusionaria di chi usa parole come indipendentismo e sovranismo per togliere credibilità alla Costituzione democratica, e, per di più, spesso non sa di cosa parla. Progaganda per nascondere il vuoto di idee. Vecchio trucco, che però può incantare ingenui e imbecilli, non chi ha una storia politica antica e non è pentito. In sintesi, neanche Michela, Costituzione alla mano, fa per me.
E allora? Allora, se qualcuno prima di domenica non mi dinostrerà il contrario, trarrò le conseguenze di quanto ho detto: eserciterò il diritto che si pratica nelle situazzioni estreme, il diritto di resistenza, che in alcuni momenti si traduce in azioni forti, in altre può essere anche resistenza passiva. Non in mio nome, not in my name.
14 Febbraio 2014 alle 07:00
[…] Pubblichiamo molto volentieri questa riflessione del Direttore del Manifesto sardo, col quale abbiamo concordato un simultaneo scambio di articoli da inserire nei due blog. Per leggere l’articolo di Andrea Pubusa su Il Manifesto sardo clicca questo link. […]