Zedda: vittoria con quale progetto?
8 Giugno 2016Ottavio Olita
La netta e indiscutibile vittoria di Massimo Zedda al primo turno, definita da più parti – alcune anche inaspettate – ‘trionfo’, è stata accolta con un entusiasmo esaltante i meriti personali, quale amministratore cittadino, del riconfermato sindaco di Cagliari.
Ho il sospetto che dietro i tanti peana encomiastici ci sia un inconfessato retro pensiero tendente a utilizzare questa vittoria come un’ulteriore conferma della personalizzazione della politica, del ‘partito del leader’. Percorso incarnato perfettamente nella figura di Matteo Renzi, figlio spurio del berlusconismo, che, superando il maestro, cerca di far istituzionalizzare, con la sua riforma costituzionale, il nuovo modo di intendere politica, potere, governo del Paese, affidati tutti ad un ‘uomo solo al comando’.
Zedda prossimo Presidente della Regione, Zedda prossimo leader del centrosinistra, Zedda tentato dall’approdo nel Pd. Considerazioni frutto di valutazioni politiche? No. Suggerimenti di gestione del potere, indipendentemente dalle scelte politiche.
Perché tanta attenzione ‘pelosa’? Perché il suo successo è stato visto soprattutto come capacità di aggregazione intorno ad un modello di gestione, piuttosto che a un vero e proprio progetto politico.
Intorno a lui si sono unite forze che in passato avevano governato con il centrodestra e questa capacità gli è stata riconosciuta come un grande merito. Ma cosa comporterà in futuro per le scelte operative? Quanto saprà condizionare o quanto sarà condizionato nell’azione di governo della città?
Tutto questo, oggi, non sembra contare. Oggi importa il suo 50.9 per cento dei voti validi che Renzi si è precipitato a mettere nel conto consuntivo del Pd, dimenticando che quel totale è frutto di una convergenza, compresi il 7.84 per cento di Sel o il 7.02 per cento dei sardisti. La stessa valutazione il Presidente del Consiglio e segretario Dem ha fatto per i risultati di tutte le altre città, dimenticando le percentuali del suo partito (basti pensare a Torino, Napoli, Bologna). Ma nella sua ipotesi di nuovo modo di intendere la politica – l’uomo solo al comando – questo elemento conta poco: prima di tutto la vittoria, poi ci si aggiusta (Verdini, Alfano, Lupi insegnano).
Massimo Zedda entrerà in questo schema? Io spero di no. Il primo banco di prova è ormai prossimo e sarà il referendum costituzionale di ottobre. Come si schiererà? Quel “No” o quel “Sì” potranno essere indicativi per il percorso che in futuro intende percorrere. Speriamo solo che non sia un “Ni”, rifugio dettato dalla composita maggioranza di cui è alla guida.
Infine una considerazione sui tanti appassionati di politica che hanno messo cuore, idee, gambe in una competizione elettorale nella quale sono stati praticamente ignorati dagli elettori.
Non parlo delle formazioni minori che, sperando di avere almeno un cadreghino, hanno accettato di far parte delle due principali coalizioni. Parlo di quanti hanno voluto rischiare in proprio parlando dell’assoluta necessità di un ritorno alla politica. Mi riferisco in particolare a Paolo Matta ed Enrico Lobina che hanno voluto metterci la faccia, impegnandosi personalmente in una lotta impari.
Mai come in questo momento abbiamo bisogno di un’azione politica che partendo dai quartieri e dalle aggregazioni di base faccia ripartire la partecipazione, la discussione, il confronto. L’errore è stato, ancora una volta, attendere l’appuntamento della consultazione elettorale.
Quanto di quel 38 per cento che, a Cagliari, stanco, demotivato, amareggiato, deluso, ha scelto di non andare a votare potrebbe tornare a partecipare alla vita pubblica se coinvolto? E non basta certo darsi da fare solo nelle settimane a ridosso delle elezioni. Ai vincitori le astensioni servono e come. Gli astenuti hanno bisogno di capire che il loro silenzio è autodistruttivo.
Faremo lo stesso errore anche con l’appuntamento referendario? Lì la partita è molto più pericolosa. C’è in gioco la qualità della democrazia. I comitati per il “No”, già operativi, devono incrementare la propria azione per scuotere tanti cittadini dall’apatia e dal disamore per la politica. Lì non si vince o si perde per un colore, un partito o una coalizione. Lì si definisce il futuro del Paese.
In questi ultimi anni abbiamo visto cosa succede affidandoci all’ ‘uomo solo al comando’. Bisogna impedire che questo schema, approvato da un Parlamento illegale perché eletto sulla base di una legge giudicata incostituzionale, venga istituzionalizzato dal voto popolare.
8 Giugno 2016 alle 22:31
[…] vittoria con quale progetto? di Ottavio Olita su il manifesto sardo […]
9 Giugno 2016 alle 15:12
Perchè “il manifesto sardo” insiste nel voler vedere la realtà dal suo punto di vista ideologico? questo articolo fa davvero cadere le braccia: se voi pensate di essere migliori, più accorti, più lungimiranti, i soli che possono guidare un’umanità in grande sofferenza verso un futuro di luce e gioia, coraggio: fatevi avanti, radunate le folle e trascinatele verso il vostro radioso futuro. Troppo complicato vero? Sapete benissimo che la realtà non si piega all’ideologia e fareste solo una pessima figura. E allora? Allora continuate pure con la vostra guerra contro quella sinistra la cui colpa principale è di non essere allineata con la vostra ideologia
10 Giugno 2016 alle 10:27
Caro Fausto Todde, il manifesto sardo non pensa di avere una linea editoriale migliore di altri giornali. Lei ha ragione quando scrive che facciamo informazione basandoci dal nostro punto di vista. E’ vero, siamo di parte. E ritengo le sue domande molto interessanti anche se hanno poco a che vedere con il tema trattato nell’articolo di Ottavio Olita. La realtà e l’ideologia sono due dimensioni separate? Oppure la realtà che ci circonda è determinata anche dall’ideologia dominante? Grazie per il suo vivace incoraggiamento.
10 Giugno 2016 alle 15:12
Caro roberto Loddo, rispondere all’articolo di Olita richiederebbe molte più pagine e tempo di un commento riassuntivo. Converrà con me che in presenza di un’ideologia, la realtà viene quasi sempre piegata a queste ragioni ed il taglio della discussione mira semplicemente a questo. per spiegarmi meglio parto dal titolo: “zedda: vittoria con quale progetto”? Il proseguo dell’articolo tende da un lato a diminuire la portata di questo eccellente risultato constatando che il 38% degli elettori non è andato a votare, per poi tirarlo per la giacca sul problema dell’autonomia decisionale (referendum ed altre cose) e ipotizzando chissà quali disegni futuri (inciuci? condizionamenti?) per il solo fatto di avere avuto plausi anche inaspettati. Il volo pindarico continua col discorso del futuro “politico” di Zedda che qualcuno vede come futuro punto di riferimento per gli anni futuri. Ora tornando a noi mi pare che tutto questo discorso sia semplicemente strumentale. Zedda al pari dei vari Pisapia è stato ritenuto “un buon sindaco” e sulla base di questa convinzione è stato rieletto, punto. Il fatto che voi lodiate Lobina e Matta per averci messo la faccia, vi dovrebbe far riflettere sulla distanza esistente tra il vostro pensiero, le vostre idee e la quotidianità delle persone comuni. Il genio, diceva qualcuno, non è uno con tanta fantasia che ha in testa idee fantastiche: il genio è quello con idee fantastiche “realizzabili”. Grazie comunque per la disponibilità al dibattito.