Tiraccampare

18 Settembre 2011

Raffaello Ugo

Nel paese di Tiraccampare viveva un sovrano illuminato che si chiamava Biscottino. Biscottino era attento ai bisogni del suo popolo e quando c’erano problemi di qualunque tipo, i sudditi di Tiraccampare si rivolgevano con cuore fiducioso al proprio sovrano che sempre prendeva le decisioni più sagge.
Questo andava detto e io l’ho detto.
Un giorno arrivò nel paese di Tiraccampare un uomo grande, con una lunga barba, conosciuto come il Signore dei Cerchi delle Circonferenze e Massimamente delle Rotatorie. Chiese di essere ascoltato dal re e appena fu in sua presenza dichiarò:
– La Rotatoria è una circonferenza con qualcosa dentro. A scelta.
Biscottino fu molto impressionato dall’abilità di sintesi dell’uomo e convocò subito i saggi e il popolo per divulgare la nuova di questo importante passaggio culturale. I saggi stavano a sinistra e il popolo a destra ma questo di per sé non ha un significato preciso. Il Signore dei Cerchi e delle Rotatorie spiegò chiaramente come dal cerchio l’umanità abbia tratto nei secoli solo vantaggi ricordando l’utilità assoluta della ruota, della pizza e dell’assegno circolare e propose di fare una rotatoria in piazza San Benedetto in cambio di una modesta mercede. I saggi, che a quel punto avrebbero anche potuto dire qualcosa, tacquero per non fare la figura di quelli che sanno sempre tutto. Quando ormai l’accordo tra il Signore dei Cerchi e Biscottino appariva fatto un bambino si alzò dal fondo della sala e chiese:
– Ma la rotatoria a noi ci serve?
Un silenzio imbarazzato avvolse il pubblico.
– Cos’è che dice laggiù?
– Dice che è anche abbastanza economica, suggerì il Signore dei Cerchi.
– Sa, fece Biscottino con un sorriso triste, i soldi non ci bastano mai…
– E allora non spenderli in cose inutili… concluse un sempliciotto dalla sala.
– Dice che non ci serve la rotatoria. Ci servono le piste ciclabili… sentenziò qualcuno.
– E gli alberi?… gridò un altro.
– Voce là in fondo! Disse il re che cominciava a spazientirsi. Non si sente!
– Ci sono gli alberi… Che facciamo degli alberi?
– E che facciamo degli alberi chiese Biscottino al Signore dei Cerchi.
– Non sono alberi, sono cespugli grandi, lo rassicurò il Signore dei Cerchi.
– Dacci un taglio imbecille! Gridò uno dal fondo.
La simpatica atmosfera iniziale pareva ormai compromessa e il Signore dei Cerchi batteva nervoso sul tavolo con le dita cercando di individuare la provenienza delle voci.
– Da dove arriva tutta questa gente?
– E’ il Popolo, disse sua Maestà con orgoglio, da Dio arriva la mia legittimazione e al Popolo mi rivolgo quale Suo tramite.
– Accipicchia! Concluse il Signore dei Cerchi incrociando le braccia ormai rabbuiato… se non vi serve una rotatoria la faccio a Monserrato che ne hanno anche un gran bisogno tra via Catullo e via…
– Aspetti, aspetti buon uomo, disse conciliante il Sovrano. Si potrebbero spostare questi cespugli grandi?
Il signore dei Cerchi sembrò rianimarsi:
– Certo, disse, la maggior parte di loro ha le rotelle sotto.
– Ce stanno a pijà tutti per il culo! Gridò qualcuno in sala.
– Dategli fuoco… suggerì la signora elegante in prima fila.
– Ha visto? C’è anche uno di Bergamo, sorrise Biscottino al Signore dei Cerchi sempre più nervoso.
– Bene, affare fatto! Disse il Signore dei Cerchi che si sentiva ormai a disagio e cercava di concludere in fretta.
– Te stai a fa’ coglionà! Chiarì quello di Bergamo.
Il re, pur non essendo esperto di lingue, cominciava a sentirsi anche lui vagamente a disagio.
– Chiamate Gnagnoff! ordinò.
Gnagnoff era un rimasuglio dello Sputnik giunto in Italia attaccato a una muffa. In Italia aveva trovato un clima favorevole ed era ormai diventato un imponente kirghiso di quasi quaranta centimetri con lunghi baffi neri spioventi. Alcune male lingue sostenevano che abituato alla steppa odiasse tutto quello che si sollevava da terra poiché gli faceva ombra.
– Gli alberi sono grossi, verdi e noiosi e hanno tutti nomi latini. Sentenziò il kirghiso.
– Stà zitto nano! Gridò qualcuno. L’atmosfera si stava surriscaldando e il re non sapeva più bene che pesci pigliare:
– Dategli fuoco… ripeté la signora elegante.
– Chiamate Murjia! Ordinò il re.
Murjia era una muffa. Si staccò presumibilmente dal muro dietro una colonna e si accostò al sovrano. Siccome anche il fondo della parete era grigio Murjia si individuava solo per via della flebile voce che si sentiva provenire dalle vicinanze del re. Murjia era l’Addetto alla Sicurezza e al Quietovivere di Tiraccampare.
– Questi alberi sono pericolosi? chiese il re.
– Si dice che diano l’adenite tubercolare suggerì Murjia tossendo dolorosamente.
– “Si dice” o “è”!? Al re cominciavano un po’ a girare.
– E’ una questione di sicurezza maestà, oppure potrebbero anche cadere in qualunque momento e uccidere uno.
– Uno?
– Si, insomma uno che passa…
– Si?… Il re sembrava impressionato.
– Ma quando mai! Gridarono in sala.
– E invece sì! La vocina di Murjia diventò d’improvviso stridula. Se c’è una tromba d’aria, un terremoto o anche un rubinetto che perde sono cose che possono anche succedere!
– Tutti gli alberi? Chiesero dalla sala.
– Non tutti, ma qualcuno si!
– E i cornicioni? Murjia non capì la trappola.
– Certo, anche i cornicioni!
– Allora spostaci anche tutti i cornicioni! Dalla sala cominciavano a ridere.
– E i cammelli?
– Anche i cammelli quando cadono sono pericolosi. Murjia era definitivamente in un vicolo cieco.
– E le pesche? Le risate aumentavano in modo esponenziale ad ogni risposta di Murjia. Il re si rese conto che anche la sua autorità perdeva di mordente in quella cagnara e cercò di fare qualcosa per riprendere in mano la situazione. Guardò il Signore dei Cerchi ormai cianotico e con gli occhi rivoltati all’insù e gli disse:
– Perché non vai a fare il tuo cazzo di rotatoria a Monserrato che anche lì c’è una giunta di centro sinistra?
Il Signore dei Cerchi allora si accartocciò con un mugolio e si decompose come si vede nei film della mummia.
Questa storia non è un granché anche perché non fa nessun riferimento al mondo reale. E questo è un vero peccato. Non dice che gli alberi non sono dei soprammobili. Non sostiene che quelli che volevano distruggere tutti gli alberi in piazza Giovanni XXIII qualche anno fa siano gli stessi personaggi che hanno distrutto piazza Maxia e che attendono il momento per distruggere piazza Gramsci e piazza Garibaldi. Non dice che il meccanismo usato per far ingoiare il fatto ai cittadini sia sempre lo stesso e cioè che gli alberi sono malati, sono pericolanti o che verranno solo spostati (tanto poi chi va a controllare che fine hanno fatto?). Non sostiene nemmeno che personaggi insignificanti non eletti da nessuno possano porre il veto a decisioni politiche che dovrebbero spettare solo ai rappresentanti politici delegati dal voto dei cittadini. E’ un vero peccato che questa storiella non significhi proprio nulla e sia frutto solo della bislacca fantasia del suo autore che è un chiacchierone e un maligno, non insegni nulla a nessuno e non vada nemmeno raccontata ai bambini che sennò non dormono la notte.

5 Commenti a “Tiraccampare”

  1. Cristina Ronzitti scrive:

    C’erano una volta 2 paesi dai nomi buffissimi e simili di Gonnoscodina e Gonnostramatza. Essi erano collegati alla SS 131 o strada maestra, da una strada stretta e molto malridotta (come altro si potrebbe definire una strada tutta buchi e dossi ?) chiamata “Strada Consortile di Collegamento Ss 131-Sp 46” . Di recente nell’area hanno avviato dei lavori di miglioramento della rete stradale. Voi penserete subito che la prima cosa che hanno deciso di fare è stato di sistemare quest’importante strada di collegamento. E invece no! Hanno deciso di fare delle rotatorie che consentono di non entrare nei centri abitati quando non ti serve. Per evitare il traffico cittadino in centri abitati che ospitano 500 abitanti l’uno,e 900 abitanti l’altro !

  2. Pinella Depau e Andrea Olla scrive:

    complimenti, Raffaello, e grazie.

  3. Carmine Fresi scrive:

    Complimenti a Raffaello per la finezza..poetica delle sue fiabesche affermazioni politiche che rispecchiano in pieno lo stupore di chi continua a meravigliarsi per il funzionamento della vita pubblica, gestita, senza consultare il parere della gente comune, da loschi figuri che sono in grado di pianificare in peggio senza alcuna plausibile giustificazione, persino la rimozione del bene comune più prezioso: gli alberi,produttori di ossigeno e rassicuranti testimoni di un passato che sembra destinato a scomparire in nome della nuova urbanistica dei burocrati.Continua così, con il tuo grazioso pungiglione riuscirai probabilmente a indignare (o almeno a farti notare, visto che indignarsi è una fatica troppo grande per essere sprecata con uno come te) i burocrati di turno, i precedenti e, chissà, nella nostra speranza, anche i futuri: ancora complimenti!

  4. Giulio Angioni scrive:

    E invece il guaio di questa storiella è che non è una storiella ma vuole significare cose e servire a qualcosa. E ha pure una morale. Vuole castigare ridendo i costumi. Quindi non è arte. A me, da almeno quando vado al cinema, hanno insegnato che ars gratia artis, cioè, come dicono a Hollywood, che l’arte è fine a se stessa. Dunque qui non si finga che si fa dell’arte. Perché si fa politica. E anche economia, che è anche peggio. Non c’è più religione.

  5. Raffaello Ugo scrive:

    La sentenza è stata eseguita questa mattina intorno alle 7,30.
    I tronchi decapitati sono adesso pronti per essere trasferiti in altro luogo.
    Nonostante il volantinaggio in zona dei giorni precedenti e il forte sdegno suscitato, non era presente alcun cittadino per protestare. Alcuni abitanti dei palazzi osservavano silenziosamente da dietro le finestre.
    A metà mattina alcuni rappresentanti delle istituzioni comunali di centro sinistra si son fatti vedere per confermare le inderogabili questioni di sicurezza all’origine della sofferta decisione.
    Al momento il Biscottino, deglutito senza ostacoli, ha già raggiunto il duodeno e si prepara a concludere felicemente il suo percorso.

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