So che c’è un uomo
1 Ottobre 2011Maria Lucia Podda
Riflessioni sul cortometraggio di Gianclaudio Cappai “So che c’è un uomo” . Il film si apre con un bellissimo bosco verde che parla di una natura rassicurante e rimanda a tempi felici, all’infanzia, alle fiabe, a una nostalgia. La sequenza successiva, al contrario, mostra una situazione confusa e sgradevole: un nano di ceramica, sporco, con un grande buco al posto dell’occhio destro, un’accozzaglia di oggetti inservibili, abbandonati accanto all’automobile della famiglia, a un vecchio camper, ecc. Qui si svolgono le vicende del film, in questo ambiente, in questa campagna arida e assolata, senza natura, se non un frinire di cicale, ossessivo, martellante e raggelante, pur nella bruciante calura, che crea una colonna sonora alienante. Il senso di solitudine che emana da quell’ambiente prepara alle estreme solitudini narrate nel film: ogni personaggio ha la propria. La vita della famiglia, genitori e tre figli, più i tre cugini ospiti, ruota tutta intorno al malessere del giovane Cosimo, un malessere che si manifesta in tante forme: sofferenza fisica, depressione, piccoli gesti sgarbati e aggressivi..Sul disagio mentale del giovane c’è una certa omertà da parte dei familiari che dicono e non dicono, alludono, nascondono. La comunicazione non è quasi mai fatta di parole: dominano i gesti, gli sguardi, fugaci contatti fisici che sottendono una inconsapevole sensualità, silenzi: forse proprio quei silenzi, quelle ambiguità, quell’atmosfera depressa, anaffettiva, hanno offerto alla malattia un terreno fertile. Tania, la cugina, ha un ruolo importante nella vicenda perché si pone dei problemi e intuisce delle verità: nel suo rapporto col cugino c’è un affetto forte ma anche una componente di innamoramento e di attrazione che le consentono di percepirne la sofferenza e la rendono protettiva e ansiosa. Tutti questi elementi sono ben sintetizzati nella scena in cui Cosimo e Tania simulano un combattimento tra i loro due galletti, combattimento che scatena le tensioni presenti nel loro rapporto e si trasforma in rissa, prima di finire in un abbraccio amoroso, liberatorio. Tania è preoccupata soprattutto perché crede di cogliere in certi sguardi di complicità, in gesti sfuggiti al controllo, in parole sussurrate la voglia della famiglia di liberarsi del ragazzo malato. Virginia, sorella di Cosimo, alla quale Tania confida i suoi presentimenti, reagisce con durezza a simili insinuazioni. Tuttavia, in cuor suo, fa proprie le paure di Tania: si fa più attenta e capta sentimenti oscuri, desideri sotterranei, inconfessabili; per la prima volta sente che “il male” non proviene dal fratello malato, che anzi è in pericolo, ma da chi dovrebbe proteggere, amare, salvare. Ma il padre ama il figlio? Passa molto tempo con lui, lo coinvolge nell’addestramento dei galli e nei combattimenti, ma la comunicazione tra loro manca di spontaneità e di autenticità e si riduce a poche questioni di vita quotidiana dove i toni sono bruschi, sgarbati, talvolta violenti. La lotta tra i galli è lo specchio del loro rapporto e le spinte aggressive reciproche sono trasferite su quegli animali che essi addestrano per la lotta decisiva in cui uno dei due dovrà soccombere. Il rapporto tra il figlio e la madre è più complesso e rimanda a problemi irrisolti. Da qui la sofferenza che, quando è troppa e insopportabile, prende la strada della violenza: è la madre, per destino, oggetto di amore e odio allo stesso tempo, ed è ambivalente essa stessa, come ci raccontano le fiabe, i miti e la psicanalisi. Perciò l’aggressività del figlio nei confronti della madre è un evento “normale”,soprattutto quando una madre appare debole, senza più risorse e si rifugia nella depressione per sopravvivere a sua volta. Sa che il problema è più grande di lei e non lo affronta: non è una madre senza amore, è una madre che ha il cuore inaridito dalla sofferenza e non è più capace di un gesto d’amore, ha solo paura; se avesse capito che quell’attacco violento di Cosimo verso di lei era un grido d’ aiuto, una ricerca di contatto anche fisico, una richiesta d’amore, forse l’avrebbe salvato. Perciò i genitori appaiono come due persone esauste, che hanno sopportato molto nella vita e non possono sopportare di più, si sono svuotati: non hanno più amore da dare e si sentono impotenti di fronte a quel male del figlio per il quale non conoscono rimedio. La macchina da presa coglie spesso la madre abbandonata su un lettuccio del camper, triste, spossata,sciatta,vuota; il padre “pensa”, sempre un po’ staccato dagli altri, osserva muto ed elabora pensieri, cerca soluzioni. L’epilogo tragico è nell’aria e alcuni fatti, apparentemente innocenti, finiscono per affrettarlo: Tania e i bambini partono; Virginia e la madre si rifugiano nel camper, ciascuna col proprio dolore, con la propria solitudine; covano brutti pensieri, le loro espressioni sono cupe, ma le parole sono assenti. Cosimo e il padre partono al tramonto per un combattimento notturno.Incombe ancora una volta quell’elemento perturbante che fa scoprire come estraneo e pericoloso ciò che era sempre stato vissuto come familiare e innocuo. Così il film racconta del lato oscuro dei personaggi in cui ciascuno di noi può specchiarsi e che vediamo “ proiettato” nello scorpione comparso nel camper. Quando il padre annuncia al figlio che il combattimento dei galli avverrà quella notte, l’espressione “andiamo” evoca altri eventi lontani, anzi mitici: l’ “andiamo ai campi” di Caino ad Abele e, ancora di più, l’ “ andiamo al monte sacro” di Abramo al figlio Isacco, al figlio che Dio gli aveva chiesto in olocausto; ma non solo: ci richiama alla mente René Girard e la sua teoria del capro espiatorio sul quale, in molte società antiche, si concentrava tutto il potenziale di violenza presente nella comunità stessa, e il rito catartico del sacrificio. Il film si conclude proprio con una sorta di sacrificio, il sacrificio del figlio innocente, sofferente, che si fida del padre e si addormenta nella falsa attesa dei partecipanti alla gara. Cosimo non ha paura perché non incontra lo sguardo sfuggente di suo padre, non legge nella profondità di quello sguardo e non ne coglie le intenzioni; resta così senza difese e si offre, pur senza averne consapevolezza, pur senza dire il suo “sì”, come agnello sacrificale. Il luogo del sacrificio non è casuale: è la cava di marmo abbandonata, con quei blocchi squadrati posti in semicerchio a guisa di teatro antico o di recinto sacro. Sotto un cielo notturno privo di stelle, si compie l’ultimo atto di un destino che appariva ineluttabile fin dalle prime sequenze: l’ incendio della macchina, con dentro il corpo di Cosimo. E’ una condanna? E’ una salvezza? Sembra un atto di pietas del padre verso il figlio, più che un omicidio. Sicuramente non c’è violenza in quest’atto, piuttosto amore, quell’amore del padre che non era mai giunto al cuore del figlio. E’ ancora notte, lì, nella cava, mentre nel casale è mattino. Virginia si sveglia e, vedendo le stanze vuote, prova un senso di smarrimento. Esce dalla casa e vede sua madre accanto a un grande tavolo da lavoro. E’ diversa dal solito: indossa un abito normale, quasi elegante, è serena e rilassata, come se il male sia passato, perciò può occuparsi di cose concrete, come preparare i pomodori secchi. Sa o non sa? Virginia osserva e intuisce, ma tace. Trascina una sedia di plastica, pesante come un corpo morto, verso un punto del campetto coperto di erba secca: il rumore che produce è stridente, graffiante, e sembra che ferisca la terra e il silenzio, ma è solo l’eco dell’urlo liberatorio che Virginia trattiene nel petto. Sistema la sedia in un punto esposto al sole: si siede, chiude gli occhi e si fa avvolgere dalla luce e dal calore, mentre da un occhio sfugge una lacrima che scorre per tutta la guancia. E’ il suo estremo, affettuoso addio al fratello. Nell’ultima immagine si torna ancora alla macchina che brucia, come una “pira” che tutto purifica: il padre la guarda con un senso di straniamento e come impietrito, quasi non lo riguardi più, poi si stacca da quel rosso delle fiamme ed entra nel nero della notte, lentamente e dolorosamente, annullandosi.