Cessazione attività. No
16 Maggio 2012Riproponiamo la risposta della redazione al fax con cui i commissari liquidatori decidevano la chiusura del manifesto
Può succedere che un fax spedito in redazione senza preavviso, senza che nessuno l’aspetti, vada perso. Chi li usa più i fax al tempo delle email e di twitter. Così ieri pomeriggio rischiavamo persino di non leggere le poche righe con le quali ci comunicavano che «è stata decisa la cessazione della complessiva attività editoriale» del manifesto. Undici righe spedite dai tre liquidatori che da febbraio gestiscono questo giornale. Un colpo a freddo arrivato proprio mentre voi lettori e noi del collettivo stiamo facendo l’impossibile per non arrenderci. Ma il manifesto non finirà così. Una paginetta scarsa che vorrebbe mettere fine a una storia lunga più di 40 anni. È arrivata ieri pomeriggio in redazione mischiata a tutti gli altri fax, senza però essere un fax come tutti gli altri. E non solo perché, paradossalmente, era su carta intestata «il manifesto». Mittenti: i commissari liquidatori che da tre mesi amministrano il giornale. Destinatari: cdr, rsu, Federazione nazionale della stampa, Slc-Cgil, Cisl e Uil. Oggetto: «comunicazione cessazione attività e richiesta concessione trattamento straordinario di integrazione salariale». Tradotto: la fine del manifesto, con la possibilità concreta – seppure non venga indicata una data – che nel giro dei prossimi giorni il giornale non possa più arrivare nelle edicole e, quindi, ai lettori. E questo anche se nella lettera (vedi a fianco) si fa accenno a una «disponibilità» da parte dei liquidatori che lascia intendere la possibile apertura di una trattativa. Una doccia fredda. Non solo perché la decisione presa dai liquidatori significa chiudere la nostra voce in un momento in cui c’è sempre più bisogno di informazione libera. Non solo perché, di conseguenza, significa la perdita di 70 posti di lavoro. Ma anche perché arriva all’improvviso, dopo che l’intero collettivo si era reso disponibile a discutere ogni sacrificio, inclusa l’ulteriore riduzione della forza lavoro pur di far vivere il giornale. Ponendo come unica condizione la ricerca delle migliori tutele per i compagni «in uscita». La decisione dei liquidatori arriva quindi a sorpresa e dopo mesi in cui sia le rappresentanze sindacali interne che la direzione, insieme alla Fnsi e alla Slc-Cgil, hanno più volte sollecitato i commissari ad assumere una decisione circa la scelta di un ammortizzatore sociale. Da loro non abbiamo mai ricevuto risposta. Mentre da tutte le istituzioni competenti, a partire dai vertici del ministero del Lavoro e del ministero dello Sviluppo, è stata più volte garantita ampia disponibilità nella ricerca di una soluzione. Mesi in cui, perdipiù, i compagni e le compagne del manifesto (dipendenti e collaboratori) hanno lavorato senza percepire lo stipendio pur di non interrompere le pubblicazioni. In attesa di queste decisioni, alcuni si sono trovati in una sorta di limbo che non prevedeva né il ritorno al lavoro, né la messa in cassa integrazione. Come degli esodati al cubo. Una situazione confusa, accettata dalla redazione solo come ulteriore sacrificio, necessario per la sopravvivenza del giornale e dei posti di lavoro. Strana storia quella della liquidazione coatta amministrativa del manifesto. I tre commissari, nominati dal ministero dello Sviluppo, uno dei quali su indicazione della Lega delle cooperative, entrano ufficialmente al giornale il 23 febbraio scorso. La situazione è quella che è. Sappiamo tutti che il loro arrivo, e prima ancora la decisione di avviare una procedura di liquidazione coatta amministrativa, è un passaggio estremamente difficile. Nonostante questo, l’inizio è promettente: i liquidatori decidono infatti di non chiudere subito il giornale e di avviare un periodo di esercizio provvisorio di sei mesi durante i quali si tenterà una difficile e, come sappiamo tutti, dolorosa opera di risanamento delle casse del manifesto. Non era un atto scontato, e la scelta è di certo un atto di coraggio e di fiducia da parte dei liquidatori della quale gli va riconosciuto il merito. L’atmosfera cambia però nei primi incontri con il sindacato. I liquidatori chiedono il licenziamento immediato di almeno 40 dipendenti tra poligrafici e redattori, altrimenti, spiegano, vengono a cessare le condizioni per il proseguimento dell’esercizio provvisorio. 40 licenziamenti rappresentano più del 50% dei compagni che lavorano al giornale. E’ una scelta difficile per un’impresa editoriale che nella sua storia non ha mai accettato l’idea di licenziare un proprio dipendente. Da questo momento comincia una trattativa durante la quale ai liquidatori vengono avanzate dalle rappresentanze sindacali tre proposte grazie alle quali si potrebbe abbattere notevolmente il costo del lavoro, senza per questo rinunciare a una riduzione dell’organico, ma diluendola nel tempo in maniera tale da poter garantire i compagni. Ogni volta la risposta è sempre stata un no secco a ogni proposta insieme alla periodica riproposizione dei licenziamenti di massa. Fino al punto da chiedere a cdr e rsu – al termine di un incontro in cui i liquidatori annunciano di voler interrompere l’esercizio provvisorio – di avere un mandato dall’assemblea del manifesto per procedere alla riduzione del personale. A questo punto, però, quando i commissari potrebbero convocare le parti al ministero del lavoro per chiudere finalmente la trattativa, tutto si ferma inspiegabilmente, al punto che si interrompono anche i contatti con le rappresentanze sindacali interne. Pur proseguendo il loro lavoro di controllo dei conti del giornale, i liquidatori non parlano più della ricerca dell’ammortizzatore sociale migliore. Un silenzio dovuto sicuramente alla difficoltà che un percorso come la liquidazione coatta amministrativa comporta, ma che ha l’effetto di generare forte preoccupazione e confusione nella redazione, già messa a dura prova dalla mancanza di stipendi. Anche perché nel frattempo viene messo a punto un piano editoriale che prevede il rilancio del giornale e del sito che contiene forti innovazioni, mentre da parte di lettori si dà vita a una forte solidarietà che si manifesta attraverso la sottoscrizione e iniziative a sostegno del giornale. Una campagna che abbiamo chiamato «Senza fine», grazie alla quale aumentano anche le vendite del 15% e gli abbonamenti del 35%. Ora siamo a un passaggio decisivo, sicuramente un momento in cui non possiamo abbassare la guardia. Il giornale resterà in edicola finché non ce lo impediranno. La settimana prossima ci sarà l’incontro con i liquidatori. Vi terremo informati.