Contro la repressione, in piazza a Mosca c’è anche la sinistra

1 Ottobre 2019
[Yurii Colombo]

Mosca non crede alle lacrime è il titolo di uno dei film russi più celebri. Ma molti stanno iniziando a ricredersi. Il grande cuore della capitale domenica si è raccolto in piazza attorno ai suoi ragazzi che si stanno battendo da mesi per la democrazia.

«Liberateli» era il semplice slogan con cui un ampio spettro di forze dell’opposizione aveva invitato i moscoviti a manifestare per la liberazione di tutti i detenuti politici del paese: liberali e comunisti, attivisti di sinistra e femministe, ecologisti e movimenti contro la speculazione edilizia, uniti nel chiedere la chiusura dei procedimenti contro i manifestanti e la revisione dei processi che hanno già inflitto a molti attivisti decine di anni di reclusione.

C’era un po’ di apprensione tra gli organizzatori perché le manifestazioni contro la repressione sono sempre le più difficili, ma le decine di migliaia di persone scese in piazza (20mila secondo la questura, il doppio secondo gli organizzatori) hanno dimostrato che ormai i russi si sono scrollati di dosso molte paure.

Il buongiorno (si fa per dire vista la pioggia battente e l’anticipo di freddo invernale) si è visto sin dal mattino. Già tre ore prima dell’inizio alcune migliaia di dimostranti aveva raggiunto Prospekt Sacharova. Sull’ala destra del vialone si concentravano le bandiere rosse delle forze di sinistra: il partito comunista e il Fronte di sinistra di Sergey Udalzov, la nuova sinistra del Movimento democratico socialista e i trotskisti del partito operaio rivoluzionario agitavano cartelli con scritto «Libertà, democrazia, socialismo». Arrivavano poi i liberali di Jabloko e i seguaci di Alexey Navalny, gli attivisti del partito pirata e gli anarchici ma soprattutto tanti giovani che non si identificano in nessuna opzione politica definita. Si tratta di quel nuovo patto tra diversi che ha condotto, grazie alla desistenza, al successo delle opposizioni nelle elezioni comunali di un mese fa. Ma ci sono persone anche con i capelli ormai bianchi iniziatesi alla partecipazione politica ai tempi della perestrojka. Secondo un’indagine realizzata domenica dal sociologo Andrey Zacharov: «sta aumentando la percentuale di persone adulte tra i partecipanti: domenica il 20% dei dimostranti aveva oltre 40 anni».

«Sono furiosa, il potere non può decidere come farci vivere» dichiara ai microfoni della tv la pensionata Larisa Vadimova. Dagli anni Novanta lei ha partecipato a tutte le proteste e in autunno ha iniziato ad andare in tribunale per sostenere gli imputati. Vale la pena ricordare i nomi dei condannati per le manifestazioni di agosto: Vladislav Siniza (5 anni), Kostantin Kotov (4 anni), Pavel Ustinov (3 anni e mezzo), Evgeny Kovalenko (3 anni e mezzo), Kirill Zukov (3 anni) Ivan Podkopaev (2 anni), Danil Beglez (2 anni) senza dimenticare che molti altri saranno giudicati dai tribunali nelle prossime settimane.

Un ruolo decisivo lo stanno giocando gli studenti. Polina, insieme ad altri ragazzi dell’università Lomonosov, tiene uno striscione con su scritto «Libertà per gli studenti, libertà per le università!». La ragazza dice a Meduza di essere al suo quarto anno di Economia, ma solo recentemente di aver aderito a un gruppo d’iniziativa. «Il gruppo si impegna a proteggere i diritti degli studenti e i partecipanti sono triplicati dall’inizio del nuovo anno accademico» afferma Polina.

Sul palco del meeting sale a un certo punto Yulia Galyamina, insegnante alla High School of Economics di Mosca ed è un boato. «Le autorità non sono pronte ad avviare un dialogo onesto e aperto con noi», afferma. «Sono solo pronti a usare la forza bruta. E questa forza bruta è una manifestazione della loro debolezza» dichiara convinta Galyamina che ha trascorso 25 giorni in un centro di detenzione preventiva per le proteste estive, ricorda una per una le donne prigioniere politiche: Anastasia Shevchenko, Marya Dubovik, Zarifa Sautieva e Anna Pavlikova… e la folla replica: «Libere tutte!».

Tutta la città però è partecipe. Domenica in molti teatri durante i matinée gli attori hanno interrotto le recite per informare il pubblico di quanto sta avvenendo: «La cosa ci riguarda tutti, pensiamoci» è stato l’appello del mondo dello spettacolo.

[Da Il manifesto]

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