Il sistema elettorale
16 Gennaio 2008Andrea Pubusa
La scelta del sistema elettorale sottende una “idea” di democrazia e, al pari della forma di governo (parlamentare o presidenziale), ne determina la qualità. Qual è dunque l’idea della proposta Franceschini, su cui si è acceso un animato dibattito? Il numero due del Pd auspica un sistema presidenziale con elezione diretta del capo dello Stato o del premier e una legge elettorale sul modello francese. Lasciando ad altro intervento l’esame dei poteri del Presidente e del governo francese, che priva il Parlamento delle sue più importanti prerogative, vediamo il sistema elettorale in vigore in Francia. E’ un maggioritario uninominale a doppio turno eventuale. In totale vi sono 577 seggi in palio, corrispondenti alla composizione dell’Assemblea Nazionale. Al primo turno si aggiudica il seggio il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti. Qualora nessun candidato ottenga il 50%+1 dei consensi al primo, si passa ad un secondo turno, dove è sufficiente la maggioranza relativa, a cui possono accedere solo quei candidati che abbiano ottenuto al primo turno almeno il 12,5% calcolato sugli aventi diritto al voto (ovvero circa il 20% dei voti validi). Nella maggioranza dei casi, solo i primi quattro candidati hanno la possibilità di ottenere la maggioranza assoluta: se nessuno la raggiunge, si va ad un secondo turno, in cui si contrappongono in genere due candidati, uno per la coalizione di centrodestra, uno per quella di centrosinistra. Il sistema consente quindi la presentazione al primo turno di candidati diversi per ciascuno dei quattro maggiori partiti (più gli altri minori), per testare la tenuta di ciascuno di essi, in ragione del fatto che tutti raccolgono un numero di voti simile. Anche se tutti i quattro candidati maggiori superano la soglia del 12,5% al primo turno, in genere in vista del secondo si dà vita ad accordi di desistenza, in entrambi gli schieramenti, per non favorire l’avversario: i due partiti che compongono ciascuno schieramento si accordano per presentare al secondo solo il candidato che al primo turno ha ottenuto il maggior numero di consensi. Il candidato dell’altro si ritira e il suo partito appoggia il candidato più forte. Come è facile capire, il sistema ha effetti fortemente maggioritari, perché solo i candidati espressi da uno dei quattro maggiori partiti (comunisti, socialisti, gollisti, giscardiani) hanno ragionevoli possibilità di vincere la competizione nel collegio uninominale. L’obiettivo dell’importazione in Italia di questo modello è palesemente quello di ridurre il peso delle ali estreme dei due schieramenti per rafforzare i partiti-baricentro spostati al centro (PD e FI). Il sistema spingerebbe i partiti facenti parte delle coalizioni attualmente esistenti a fondersi, portando alla costituzione se non di un unico partito, almeno di due: è ragionevole (o meglio auspicabile) pensare, ad esempio per il centrosinistra, che, accanto al Partito democratico, si formi un Partito (o cartello elettorale) unico della Sinistra, il primo attestandosi attorno al 35% dei consensi, il secondo al 15%. La conseguenza sarebbe che in Italia il patto di desistenza per il secondo turno sarebbe sempre in favore del partito più grande (nel caso del centrosinistra, il Pd) poiché sarebbe irragionevole costringere a non presentarsi al secondo turno il candidato che, rispetto agli altri dello schieramento di riferimento, ha ottenuto il maggior numero di consensi. Il che non ridimensionerebbe le ali estreme, ma le taglierebbe fuori completamente. Il discorso è diverso per i partiti, come la Lega, fortemente concentrati territorialmente, a cui il sistema darebbe la possibilità di aggiudicarsi alcuni collegi nelle zone in cui sono più radicati. Ecco perché PRC e SD si sono resi disponibili a un confronto parlamentare a partire dal sistema tedesco (che è un sistema proporzionale corretto) e ad avanzare proposte che interloquiscono con la bozza presentata dal presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera Enzo Bianco. Mentre la proposta ora avanzata dal Partito democratico per bocca di Franceschini (ma – non lo si dimentichi – è anche l’originaria e la prima scelta di Veltroni, ribadita in un’intervista a La repubblica) è fermamente avversata perché agli antipodi di quella che aveva dato avvio al confronto sulla legge elettorale. Giustamente Giordano ha ricordato che “noi di Rifondazione comunista (ma analoga è la posizione di SD) non siamo d’accordo sul presidenzialismo e non siamo d’accordo con il doppio turno alla francese. Dal nostro punto di vista con queste proposte si passerebbe dunque dal confronto al conflitto”. Ma perché una critica così netta del segretario nazionale di Rifondazione? Il quesito consente un utile richiamo, per una ricerca unitaria in Sardegna, ai fondamenti della posizione nazionale di SD e del PRC. La propensione di PRC e SD nazionali per il modello tedesco nasce dal fatto ch’esso è sostanzialmente un sistema proporzionale corretto, con sbarramento al 5%. La stabilità dei governi è affidata, oltre che alla riduzione del numero dei partiti, all’istituto della sfiducia costruttiva. Si mantiene, dunque, nell’alveo del costituzionalismo democratico che pone l’eguaglianza come principio fondante dell’ordinamento. Principio, non a caso, già sancito nella Carta dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1793, secondo cui «Chaque citoyen a un droit égal à concourir à la formation de la loi et a la nomination de ses mandataires ou de ses agents» (art. 29). La democrazia – secondo questa impostazione – non è connessa ad un qualsiasi sistema elettorale né al solo principio una “testa un voto”, ma al fatto che il voto di ciascun cittadino concorra in modo eguale alla formazione della legge e all’elezione dei rappresentanti. A voler essere rigorosi questo è quanto dispone anche la nostra Costituzione col principio di eguaglianza (art. 3) e col sancire la parità del voto («il voto è personale ed uguale…» (art. 48). Ecco perché la scelta di sistemi elettorali differenti sottende una diversa “idea” di democrazia. I sistemi non proporzionali e i sistemi presidenziali tendono a consegnare nelle mani di élites politiche ed economiche il comando, nascondendo il conflitto sociale e riducendo il peso o addirittura cacciando nell’area dell’astensione l’intellettualità e le forze sociali critiche o antagonistiche. Di qui la ferma opposizione di PRC e SD, nel solco della tradizione democratica e della sinistra, che riconduce l’avanzamento dei lavoratori all’iniziativa e alla lotta dei lavoratori stessi e, dunque, non ad un uomo della provvidenza o a una burocrazia politica autonominata, ma «alla effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese», come mirabilmente dice l’art. 3 della nostra Costituzione.
18 Gennaio 2008 alle 12:59
L’avvoltoio girava alto nel cielo plumbeo della politica. Non si vedeva e così in molti hanno pensato che se ne fosse andato. Ci ha pensato Franceschini ad indicarlo e il presidenzialismo, con ampie volute si è abbassato sulle teste dei neocostituenti. Presidenzialismo, e alla francese, mica una cosa qualunque!
Anche questa volta il PRC ha reagito prontamente ; subito il Segretario: “noi di rifondazione comunista non siamo d’accordo con il presidenzialismo e non siamo d’accordo con il doppio turno alla francese”. E per una volta non si è levata nel partito nessuna voce contraria o alla ricerca di sottili distinguo. Bene. Speriamo che quando si riprenderà in mano la discussione sulle modifiche da apportare allo Statuto sardo e alla legge elettorale si possa dire anche a Soru o a chi si prepara a prenderne il posto nel PD: presidenzialismo, niente. La stabilità dei governi va conquistata con il rispetto dei programmi presentati agli elettori e con l’uso di strumenti di governo democratico che favoriscano la partecipazione dei cittadini all’analisi dei problemi, alla ricerca delle soluzioni. Ma l’avvoltoio vola paziente, reso forte dall’incertezza delle sue vittime.
19 Gennaio 2008 alle 17:20
certo: la c.d. “sfiducia costruttiva” va nel senso di rispettare i “programmi presentati dagli elettori”. certo, certo …
certo: il sistema tedesco non ha originato la grande coalizione, tanto agognata dai catto centristi. certo, certo …
certo: un bel sistema parlamentare sardo. Questi splendidi super uomini che si riuniscono per dare il permesso al presidente di accettare 6000 tonelatte…o per comprare il caffèlatte. Ops, scusate, si diceva che il presidente li dovevea prima convocare. che strane interpretazioni, che strano mondo. certo, certo …
il succo mi sembra sempre essere quello di spartire le poltrone dopo, rispartirle durante e protestare, passati dieci anni almeno, che non si vuole l’indennità…
buon lavoro, state andando sempre meglio