All’insegna dell’astensionismo
1 Giugno 2010Marco Ligas
Tutte le formazioni politiche che si sono presentate alle elezioni hanno sottovalutato la crisi che sta vivendo la Sardegna. E non è casuale che la percentuale dei votanti si sia ridotta dell’11% rispetto alle ultime provinciali. Già nella fase della formazione delle liste sono prevalsi interessi di piccoli gruppi di potere che hanno operato al di fuori di un qualsiasi rapporto costruttivo con l’elettorato. La campagna elettorale si è caratterizzata soprattutto per le conflittualità interne ai singoli schieramenti. Eppure le condizioni di precarietà di tanti lavoratori e le misure presentate recentemente dal governo per la riduzione del debito pubblico avrebbero richiesto un’attenzione e un impegno diversi. Ai candidati è “sfuggita” l’ispirazione che sta al fondo della manovra finanziaria. Inspiegabilmente è stato sottovalutato come il bersaglio principale di questa manovra sia il Mezzogiorno non solo per i tagli al settore pubblico ma anche per l’assenza di una politica di investimenti nel settore industriale. Qualcuno, nel valutare le poche e contraddittorie informazioni su questa manovra, ha sottolineato come il tema del federalismo sia rimasto in ombra. Non è vero, è ben presente nelle scelte che verranno adottate e che hanno come bersaglio principale l’impoverimento ulteriore delle popolazioni del sud e della Sardegna. È eloquente il modo in cui è stata affrontata la vicenda della Vinyls. I servizi televisivi che a lungo hanno informato sulla lotta degli operai sono finiti improvvisamente. Appena la Ramco si è ritirata dalla trattativa tutto è rientrato nella normalità: gli operai che continuano la loro protesta all’Asinara non hanno fatto più notizia, non sono stati più oggetto di attenzione. Governo e Regione hanno trovato la motivazione per giustificare il loro disinteresse: il gruppo arabo non intende più acquistare l’azienda chimica. Loro, Governo e Regione, non si considerano più parte in causa; che l’Eni sia l’azionista di maggioranza dell’azienda non sembra un fatto rilevante, così come non sembra importante che altri operai perdano il lavoro o che un settore produttivo come la chimica interrompa l’attività. Il Presidente della giunta regionale ce l’ha messa tutta e non può certo passare il suo tempo a convincere un’azienda recalcitrante come la Ramco a investire in Sardegna. Tanto più che sono possibili altri investimenti, soprattutto nel settore delle energie alternative, grazie alla collaborazione di imprenditori noti per aver raggiunto, nel corso di una lunga carriera, una onorata credibilità. È in questo clima e con queste credenziali che i partiti che governano la Regione si sono presentati alle elezioni per il rinnovo dei consigli provinciali e comunali. Ma questa volta tra loro non c’è stata la stessa armonia registrata in passato. Il malessere che i loro partiti vivono a livello nazionale ha raggiunto anche la periferia. Nella provincia di Cagliari i candidati del Pdl erano due, entrambi hanno condotto una campagna elettorale senza esclusione di colpi: le polemiche fra le due fazioni hanno raggiunto momenti di tensione imprevisti, è stato persino difficile capire che i due gruppi appartenessero allo stesso partito. Le formazioni del centro sinistra non hanno raggiunto gli stessi livelli di conflittualità ma anch’esse non hanno dato segnali di coesione, tant’è che in alcune provincie si sono presentate con più candidati. Al momento non si conoscono ancora i risultati definitivi di queste elezioni, perciò riprenderemo il discorso nei prossimi giorni. Non possiamo comunque non rilevare che l’astensionismo ha avuto ancora una volta un peso rilevante. Intanto sembra certo che alcune delle otto provincie andranno al ballottaggio; risultano sicure già al primo turno le vittorie del centro destra a Oristano e in Gallura, del centro sinistra nel Medio Campidano e nel Sulcis.
Ma nel complesso si ha l’impressione che le elezioni non abbiano premiato una classe dirigente, sia nella maggioranza che nell’opposizione, capace di affrontare i problemi più importanti della regione a partire da un rapporto di fiducia con gli elettori.
1 Giugno 2010 alle 19:28
Caro Marco, probabilmente starai preparando un commento sui dati elettorali finali, che per la verità non cambiano la correttezza della valutazione che proponi, davvero amara. Con la novità, che emerge, di IRS e il suo meritato successo (non li condivido su diverse cose, però sono seri e hanno lavorato sodo: ma a una prima lettura – comunque provvisoria – mi sembra che abbiano un po’ meno forza dove forte è la sinistra radicale e di classe, e viceversa).
In attesa del tuo commento, una cosa la voglio subito dire, dopo aver fatto un giro sui risultati e sulle diverse opinioni. Penso che la causa dell’astensionismo non dipenda solo dalla scarsa qualità della classe politica sarda, il suo rinnovamento quasi zero, l’autoreferenzialità e i suoi legami con gli interessi ‘forti’. Questo astensionismo di massa non mi sembra nella sua prevalenza un fenomeno di opinione, di protesta. Piuttosto, è la caduta verticale del senso civico e politico della gente, la crescita generalizzata del qualunquismo, il brontolio e il chiacchiericcio pronti a trovare sempre a destra come a sinistra, per la propria pigrizia democratica, una buona giustificazione. E le classi dirigenti attuali, che continuano a produrre soluzioni, meccanismi e candidature, lontane dalla gente e dalla democrazia, hanno la responsabilità di accettare e incrementarlo questo qualunquismo. Tutto sommato, cinicamente, credo che se ne servano.
1 Giugno 2010 alle 23:07
caro Marcello, ci siano candidature decenti, risposte ai reali bisogni, obiettivi chiari, onestà. E vedrai come le tante persone “pulite”, che lavorano o che cercano di lavorare onestamente, saranno presenti e voteranno. A prescindere dalle differenti opinioni politiche. Qui, ormai, c’è in buona parte un’occupazione della res publica da parte di questo o quel clan. E i risultati si vedono.
2 Giugno 2010 alle 01:10
“In Germania “die Linke” ha cambiato l’intero gruppo dirigente in una sola giornata di congresso. Qui da noi, il dramma dei democratici, intesi come cittadini, è la palude irredimibile e la paralisi definitiva dei democratici intesi come nomenklatura del Pd. Non basta un “Papa straniero”, ormai, come pure autorevolmente suggerito, vanno pensionati anche tutti i vescovi.
Se la base del Pd non è in grado di compiere l’operazione, bisognerà che la “antipolitica democratica” cominci a ragionare su come dotarsi direttamente e in prima persona degli strumenti elettorali per evitare il baratro. Ormai sta diventando una questione di pura e semplice responsabilità verso la Repubblica, la sua Costituzione, la Resistenza che l’ha fatta nascere.”
P. Flores D’Arcais – Micromega 19 Maggio 2010 http://temi.repubblica.it/micromega-online/l%E2%80%99anti-casta-si-faccia-avanti/
Mi ci riconosco ancor di più, appartenendo al popolo viola, neanche davanti alla pseudo gioia delle elezioni sassaresi con la pseudo vincita della pseudo sinistra ;)
3 Giugno 2010 alle 10:54
Sei anni fa non pochi di noi vedevamo le cose in questo modo, alla Micromega, e perciò cercammo di usare il grimaldello Soru in funzione anti palude-nomenclatura di sinistra. La quale poi ha vinto facendo vincere Berlusconi. E’ un modo di vedere forse un po’ troppo insolitamente opportunista in questo nostro manifestosardo?