Posizionamenti
1 Luglio 2008
Marco Ligas
Si avvicina la data delle elezioni regionali e puntualmente si ripetono le solite manovre di posizionamento: tutti, partiti e singoli aspiranti, sono impegnati nella ricerca dei punti strategici più adeguati per conseguire un successo elettorale. Il Pdl è scatenato nel condurre l’attacco contro la giunta Soru. Sull’onda della vittoria nelle elezioni politiche, cerca anche nell’isola un’affermazione analoga. Non ha obiettivi nuovi da proporre e i suoi programmi sono sin troppo noti: via i vincoli di edificabilità nelle coste, disponibilità verso gli insediamenti di edilizia abitativa anche nelle aree protette, apertura verso la produzione di nuove fonti di energia (nucleare?), consolidamento della presenza militare e adeguamento delle servitù esistenti, interventi nei centri urbani finalizzati prevalentemente alla crescita del trasporto privato, riduzione dei servizi sociali, soprattutto sanità e istruzione. La sua politica è molto urlata: i partiti che danno vita a questa coalizione propongono il dialogo quando sono maggioranza e non sono ostacolati dall’opposizione, ma trasformano il confronto politico in una rissa quando non governano e cercano di vincere le elezioni. Tra il Pdl e il Pd sta prendendo corpo uno schieramento eterogeneo che comprende segmenti di vecchie formazioni politiche. Troviamo esponenti del Partito sardo d’azione, del vecchio Partito socialista, ex alleati di Renato Soru rimasti delusi dalla sua politica, rappresentanti dell’Udc e dell’Udeur. Dunque una coalizione molto composita e, proprio per questa ragione, unita più su ciò che non vuole piuttosto che nell’indicazione di un programma omogeneo di governo. Il suo obiettivo principale è la sconfitta di Soru, ritenuto un freno per lo sviluppo dell’isola. Pur di sconfiggere l’attuale governatore questo schieramento si è detto disponibile ad alleanze sia col centrosinistra (senza Soru) che col centrodestra. Non è questa un’affermazione che conferisca credibilità e autorevolezza allo schieramento. Allearsi col centrodestra significa accettarne gli obiettivi sopra indicati. Quale rinnovamento potremmo allora attenderci da un suo successo? Con queste premesse è meglio che venga sconfitto anche per evitare il rilancio di politiche e di dirigenti del passato di cui non sentiamo la nostalgia. Il Pd attuale non gode di buona salute. È riuscito a sciupare in pochi anni il consenso avuto dagli elettori sardi. È coinvolto in una litigiosità da fare invidia persino agli stessi partiti della ex sinistra arcobaleno. La possibile ricandidatura di Soru oggi è l’elemento principale di divisione di questa coalizione. Ma lo scontro si manifesta anche nel conflitto di potere tra i vecchi gruppi dirigenti provenienti dalle due componenti originarie dei DS e della Margherita. La stessa politica delle alleanze non è estranea a questa conflittualità. Insomma un bel calderone. Ma se il giudizio sui vecchi gruppi non è positivo, bisogna riconoscere che non emergono segnali incoraggianti di cambiamento da parte delle nuove leve. Lo stesso governatore, anziché rinnovare la politica come aveva promesso, ha accettato pratiche e scelte imposte dall’anima più conservatrice del Pd. Oggi è molto più difficile per lui presentarsi come il garante del rinnovamento, come colui che porterà a termine le riforme che si era proposto. Potrebbe almeno provarci per riconquistare la fiducia di chi ha preso le distanze dalle sue scelte. Di sicuro, per essere convincente, dovrebbe modificare qualche aspetto fondamentale della sua politica, a partire dalla tendenza che lo ha visto spesso assumere atteggiamenti autoritari nei rapporti con la giunta e con l’assemblea. Ma queste rettifiche probabilmente non rientrano nel suo temperamento e anche per queste ragioni rischia la non rielezione. L’ex sinistra arcobaleno potrebbe svolgere un ruolo importante in questo confronto elettorale, ma dubitiamo che lo farà. I suoi consiglieri rappresentano attualmente poco meno del 10% dell’intero consiglio. Hanno appoggiato per tutta la legislatura la giunta attuale di cui hanno fatto sempre parte. Nel corso della legislatura questi consiglieri hanno conosciuto una discreta mobilità: eletti in un partito, alcuni sono passati in un altro, poi si sono ricomposti, non so più come si chiami il raggruppamento attuale, se Sinistra Autonomista o Sinistra Arcobaleno o Rifondazione o altro. Capisco come il nome non sia l’aspetto più importante, è importante però che si sappia chi rappresentano, come abbiano preso le decisioni per spostarsi da un gruppo ad un altro, quale consenso di base (uso ancora questo termine diventato obsoleto) abbiano avuto. Temo che non ne abbiano avuto e adesso, in prossimità delle elezioni, qualcuno, forse per apparire più sensibile alle sollecitazioni dei cittadini, accusa la giunta di essere autoritaria e non rispettosa degli impegni assunti. Ritengo che la sinistra che bisogna ricostruire possa e debba fare a meno di questi rappresentanti. Per questa ragione farebbe una scelta saggia se puntasse ad un rinnovamento totale della sua rappresentanza consiliare. Recentemente un giovane compagno di Rifondazione mi ha rimproverato perché talvolta concludo i miei articoli affermando che bisogna sostituire gli attuali gruppi dirigenti dei partiti. Forse ha ragione però mi chiedo come possa un partito avere sempre gli stessi dirigenti e gli stessi rappresentanti nelle istituzioni, come possano questi rappresentanti lavorare in totale autonomia dai partiti e da chi li ha eletti, a volte persino in conflitto. E ancora, come possano questi dirigenti prendere decisioni senza consultare la propria gente e perciò senza averne il consenso. Se non si danno risposte a queste domande non si alimenta forse la casta?