Con le spalle al muro*
16 Settembre 2011Norma Rangeri
Le bombe carta e le cariche della polizia hanno fatto da controcanto all’aula di Montecitorio che ieri ha votato la fiducia alla manovra. Incenerita più che dai fumogeni dei manifestanti, dai numeri di Bankitalia sulle quote vertiginose del debito pubblico. A Napoli le intercettazioni tra Berlusconi e l’amico faccendiere Lavitola, con la frase, sempre smentita, («resta lì»), mettono il presidente del consiglio con le spalle al muro, davanti ai magistrati e all’opinione pubblica. A questo punto, saltati gli ultimi argini, solo le dimissioni potrebbero risparmiare al paese guai peggiori perché, approvata la manovra e nessun problema risolto, si spalancano ora tutti i fronti che accenderanno l’autunno.
Alimenta il fuoco la Confindustria intenzionata a licenziare l’imbarazzante premier per sostituirlo con un più affidabile governo delle privatizzazioni e dei tagli alle pensioni. Alza e abbassa la fiamma la Lega che stringe accordi con Tremonti (il caso Milanese) e tiene sotto scacco il capo del governo. Brucia il Pdl incendiato dalla guerra intestina di tutti contro tutti.
Di fronte allo scontro tra il declinante fronte berlusconiano e i poteri che si candidano a sostituirlo sta l’opposizione parlamentare, privata degli strumenti istituzionali (emendamenti e ostruzionismo), annullata dai voti di fiducia reclamati in nome dell’emergenza, messa in mora da se stessa. E i tafferugli romani sono il segnale, prevedibile, di cosa produce la sordità di una classe dirigente verso i movimenti e il sindacato.
Se la protesta sociale non trova ascolto quando si esprime nelle forme civili e propositive (dai referendum allo sciopero), si prende la piazza e sfoga la rabbia.
Sempre ieri un gruppo di operai della Cgil ha bloccato l’auto su cui viaggiava la Marcegaglia. E’ stata una dimostrazione pacifica, gli appelli alla mobilitazione si moltiplicano, oggi “scioperano” comuni e regioni, ma il conflitto non può essere solo sfidato e represso. Come invece intende fare Berlusconi quando, con disperata arroganza, rilancia la proposta di un decreto contro le intercettazioni. Benzina sul fuoco (non solo quello dei mercati).
*Il Manifesto 15/09/2011
30 Settembre 2011 alle 11:02
La manovra bis, approvata dal parlamento la scorsa settimana con una nuova fiducia, ci consegna un paese col fiato corto, incapace di affrontare il presente e di progettare il futuro. Nelle cinque diverse versioni che si sono succedute in queste settimane non c`è un provvedimento che riguardi la crescita: si punta solo sui tagli e sulle tasse.
E non c`è nulla che offra una qualche prospettiva alle generazioni più giovani delle quali tanto si parla. Certo, da un premier di un governo che soltanto un paio di mesi fa – prima di essere costretti dall`Europa e dai mercati a guardare in faccia la realtà – andavano ripetendo che 1a crisi è dietro le spalle e che “ora non ci resta altro da fare che essere ottimisti”, forse non ci si poteva aspettare altro.
Ma questa Miopia appare ugualmente incredibile. Meno di due mesi fa le parti sociali, con voto unanime, avevano chiesto di affrontare con un’azione di discontinuità la drammatica situazione economica e sociale del paese.
Il loro appello, nonostante le sollecitazioni del Capo dello Stato e l’incalzare delle opposizioni, non è stato raccolto.
La necessità di un nuovo patto sociale, a più riprese proposto dal Partito Democratico, capace di conciliare rigore nei conti pubblici, sviluppo delle imprese e tutela del diritto e dell’occupazione, non è stata neppure presa in considerazione.
Come se non passasse di qui la possibilità di affrontare i tanti nodi irrisolti che pesano sulla nostra competitività, facendo dell’Italia – tuttora settima potenza economica mondiale – un colosso dai piedi d’argilla.