Copycat

16 Dicembre 2008

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Gianni Loy

La notizia sarebbe che Vittorio Sgarbi  ha copiato di sana pianta un vecchio testo di Mina Bacci, pubblicato nel 1964 nella prestigiosa collana “I maestri del colore”, facendolo apparire, a sua firma, nell’introduzione di un volume sul Botticelli, edito da Skira e distribuito in allegato da alcuni  quotidiani nazionali. In fondo, però, non è una vera notizia, o almeno non mi stupisce. Posto che associo il nome di Sgarbi ad un preciso momento di imbarbarimento della politica che mi fa ritornare alla mente la scelta dell’allora Partito Liberale della Sardegna, di candidare al parlamento un giovane critico d’arte venuto alla ribalta per essersi reso protagonista di alcuni episodi di forte intolleranza e plateale rissosità nel piccolo schermo. Ricordo con pena quell’episodio perchè quella scelta determinò l’esclusione di un tesserato sardo del Pli che sarebbe potuto essere, per la sua lunga ed appassionata militanza, il candidato naturale del PLI in Sardegna. Si trattava di Lucio Lecis, che riposi in pace, teorico di una scriminante destra/sinistra non esterna ma interna ai partiti. Cosa che gli consentiva, almeno dialetticamente,  di collocarsi in una prospettiva progressista all’interno di un partito fortemente conservatore. Forse non aveva tutti i torti, se è vero che con l’avvento del maggioritario, gli eredi di quel partito Liberale si sono effettivamente trovati divisi e schierati nei due opposti schieramenti di un bipartitismo largamente imperfetto. Quel signore, Sgarbi, da allora, ha fatto e continua a fare carriera. Soprattutto, continua a rappresentare una icona di successo anche senza alcuna partecipazione al Grande Fratello o all’Isola. La notizia, o meglio le notizie sono altre. A partire dal fatto che la scoperta del falso ha trovato solo limitata eco nella stampa. Solo Repubblica le ha dedicato un respiro relativamente ampio, per lo meno la notizia in prima pagina. Cosa che sconcerta, senza neppure scomodare il famoso programma elettorale di Mauro Pili, tenuto conto del tenore delle notizie che ci vengono propinate tutti i giorni. Forse alcuni giornali non volevano smentire se stessi, visto che hanno verosimilmente pagato il signor Sgarbi per produrre quella quindicina di pagine incriminate. Ed è evidente che l’editore non può essere esente da responsabilità, se per la redazione delle sue opere si affida ad autori inaffidabili. Ma oltre alla reticenza, c’è dell’altro. Luigi Mascheroni, sul Giornale, non potendo tacere, apre il suo commento all’episodio nientemeno che con una citazione di Fellini: “I veri geni copiano”. Finendo per rendere un tributo alla straordinaria capacità del nostro signore (sempre Sgarbi), visto che “le storie del cinema, della letteratura, ovviamente dell’arte, e anche della critica sono piene zeppe di prestiti, scippi, citazioni, omaggi, calchi, contaminazioni” Per finire con una sorta di equiparazione del nostro nientemeno che a Virgilio: “Da Virgilio alla mamma di Harry Potter ci sono cascati tutti, almeno una volta”. Una copiatura che mi sarebbe venuto in mento di definire “volgare”, quindi, viene interpretata nientemeno che come opera d’arte essa stessa. E non mancano altri commenti tesi ad attribuire preminenza alla funzione del copiatore rispetto a quella del creatore. Confondendo, tra l’altro, l’ispirarsi ad un modello, ad uno stile, con la meccanica copiatura di un’opera altrui. La favola del lupo e dell’agnello mi martella le tempie: L’opinione prevalente, in un sondaggio volante realizzato da uno dei pochi blog che si sono soffermati sull’episodio, è stato quello di considerare il comportamento di Sgarbi come un “peccato veniale che, paradossalmente, ha consentito di recuperare un bel saggio”. Ma perché, allora, a quel detenuto, mi pare di Nuoro, che qualche anno fa ha vinto un concorso di poesia riservato ai carcerati inviando la poesia di un famoso poeta italiano, una volta scoperto, è stato ritirato il premio con infamia? In fondo aveva anch’egli valorizzato una poesia meno nota di un grande poeta. Chi non ha cercato di giustificare il misfatto, ha optato per l’ironia. In ogni caso, tranne qualche rara eccezione, gli esiti dell’episodio hanno oscillato tra il disinteresse, il compiacimento, la goliardia. Uno dei pochi interventi, veramente ironici, è stato quello di un navigatore che ha così trasformato la notizia: la dottoressa Mina Bacci, nel 1964, ha copiato un recente saggio di Sgarbi sul Botticelli. Ma non abbiamo ancora toccato il fondo. Vittorio Sgarbi, interrogato sull’episodio, non solo ha confermato la copiatura, ma ha dichiarato di non ricordare bene le circostanze. Ha dichiarato che, trattandosi di un saggio divulgativo (sic) crede di aver affidato l’incarico ad un proprio collaboratore che “forse ha attinto un po’ troppo a quei testi senza avere il buon senso di alterare quei materiali”. Insomma non l’ha neppure scritto lui. Così che l’editore ha ingannato il pubblico spacciando per opera di Sgarbi un lavoro che era di altri. Ma l’editore dell’opera e quanti l’hanno venduta in allegato ai propri quotidiani, grazie alla “confessione” dell’autore, sanno anche di aver affidato (immaginiamo a pagamento) la realizzazione di un’opera ad un incompetente. Lo stesso Sgarbi, infatti, ha rilevato di non aver niente da dire sul Botticelli rispetto al quale “non ha una valutazione critica particolarmente originale”. Il signor Mascheroni, a nome del Giornale, dopo aver indirettamente esaltato l’impresa del nostro, sembra ritenersi soddisfatto di ricevere delle scuse! Non so se c’è una morale. Sicuramente emergono ipotesi fraudolente e responsabilità anche di carattere penale. A chi avesse acquistato l’opera contraffatta suggerisco  di intraprendere azione legale per la restituzione del maltolto. Potrei anche offrire la versione originale del 1964 de “I maestri del colore” mettendola all’asta per versare l’intero incasso al Manifesto nazionale. Non sono neppure sicuro che valesse la pena di soffermarsi su questa storia di quotidiana volgarità. Due elementi tuttavia, mi hanno spinto a farlo. Il primo è legato alla mia attività di docente, che si confronta, tutti i giorni, con tesi di laurea talvolta copiate integralmente o scopiazzate.  Pensando a centinaia di miglia di insegnanti,  a concorsi pubblici infestati dalla “copiatura”, alla pena di dover contrastare non un furbastro che cerca di ottenere, copiando, un risultato non meritato, ma ad una vera e propria esaltazione della furbizia. Quel mio studente sarà potenziale truffatore o un emulo di sua signoria Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi  e chiamato a dirigere, proprio pochi giorni dopo la scoperta della sua impresa, la Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio artistico nazionale? Insomma quanto questo banale episodio potrà incidere sul sistema dell’istruzione e sulla cultura della società? Quanta ulteriore delegittimazione per gli insegnanti? Il secondo motivo, lo confesso, è che con la scelta di questo argomento mi son potuto tirare indietro dalla partecipare al tormentone pro o contro Soru che, da tempo, ha contagiato anche il nostro giornale

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