La crisi e la questione morale
16 Gennaio 2012Marco Ligas
È ancora ragionevole avere fiducia nei partiti, nel Parlamento e, più in generale, nelle istituzioni? Questo interrogativo, per niente retorico, se lo pongono tanti cittadini. Le vicende di questi anni lo alimentano perché mettono in evidenza sia la crescente separazione tra gli elettori e chi governa il paese, sia la progressiva decadenza della questione morale.
A tutti i livelli, nella nostra regione e nel resto del paese, assistiamo ad episodi dove rappresentanti di istituzioni vengono coinvolti in vicende giudiziarie, ma nessuno di loro ha la sensibilità di mettersi da parte. Al contrario, e a volte con sfrontatezza, questi rappresentanti rispondono programmando nuove auto candidature all’interno delle stesse istituzioni come se le richieste di rinvio a giudizio da parte della magistratura o le condanne per abuso d’ufficio rappresentino fatti di ordinaria e normale amministrazione.
Quando si discute di questi problemi qualcuno, a sinistra, mette in guardia dal rischio di fare di tutte le erbe un fascio: questo fenomeno, viene detto, non riguarda tutti allo stesso modo. È vero, non tutti gli episodi di malcostume hanno la stessa gravità e certamente gli esponenti delle formazioni del centro destra raggiungono il primato dell’impudicizia.
In Sardegna è emblematica la vicenda che ha visto il governatore Cappellacci coinvolto nelle speculazioni della P3 insieme a Carboni Dell’Utri e Verdini. Eppure questo signore continua a governare l’isola e a rappresentarla in tutte le manifestazioni ufficiali.
Ma la questione morale non riguarda più solo la destra, la stessa sinistra ne è coinvolta, da Sassari a Cagliari, e non fa molto per recuperare l’immagine del buon governo che per anni, quando ha amministrato comuni e regioni, ha caratterizzato la sua politica. Con troppa leggerezza ha accettato o subito le ambiguità e i pericoli derivanti dai conflitti d’interesse con la presunzione che avesse al suo interno gli anticorpi per tutelarsi dai rischi della mescolanza tra interesse pubblico e interesse privato.
L’assunzione di questa prassi ha favorito un abbassamento della guardia anche rispetto ai principi più generali dell’etica e della moralità. E lo stesso clientelismo ha trovato spazi e opportunità per affermarsi.
Ma la caduta della tensione ideale non è immune da conseguenze: l’autoritarismo dei governi politici o tecnici odierni nasce anche da qui, dall’arrendevolezza e dalla complicità della sinistra.
E non è casuale l’affondo di Monti e del suo esecutivo, fra i più pesanti nella storia della repubblica, diretto a colpire le fasce più deboli del paese e a modificare radicalmente i rapporti di forza tra le classi sociali. Paradossalmente questo attacco viene organizzato in concomitanza ai successi delle forze democratiche nelle elezioni amministrative e nei referendum della scorsa primavera. Si propone con evidenza un duplice obiettivo: 1) indebolire il ruolo dei partiti del centro sinistra rendendo ininfluente o addirittura conflittuale il rapporto tra questi e i movimenti che hanno contribuito al successo elettorale e al tempo stesso 2) consolidare le politiche neo liberiste ridimensionando la sovranità nazionale del paese e accentuando la dipendenza dall’Unione Europea le cui scelte si caratterizzano sempre più nettamente per il sostegno offerto alle banche e alle politiche finanziarie.
Così, non curante del risultato referendario e con un’opposizione quasi inesistente, il governo può decidere attraverso il decreto sulle liberalizzazioni che le aziende di diritto pubblico non potranno più gestire l’acqua, e come non bastasse si prepara alla privatizzazione dei rifiuti e dei trasporti pubblici. Anche la cancellazione dell’articolo 18 sembra prossima. La riforma annunciata spingerebbe le imprese minori ad allargare le proprie dimensioni per favorire la non applicazione della norma di tutela contro i licenziamenti a quelle aziende che si fondono tra loro purché non vadano oltre i 50 dipendenti.
È possibile, nel pieno della crisi economica e sociale (in Sardegna ancora più accentuata), che le formazioni del centro sinistra ritrovino una dimensione nuova della politica, una strategia che consenta la fuoriuscita da questa fase recessiva e rilanci iniziative capaci di affrontare i bisogni principali del popolo sardo?
Pur consapevole delle difficoltà che questo interrogativo pone, la risposta non può che essere affermativa. Mi sembrano però fondamentali (e preliminari) due condizioni che sottolineo in modo schematico. La prima riguarda il rilancio della questione morale. Nessun rinnovamento potrà essere credibile, né riuscirà a coinvolgere chi è ai margini dell’impegno politico, se non verranno definiti e rispettati i valori del buon governo e se non verranno modificate le consuetudini che favoriscono posizioni di privilegio a chi opera dentro le istituzioni rappresentative.
La seconda condizione (esaurita la fase della industrializzazione monoculturale) riguarda l’esigenza sempre più avvertita di una riflessione sui nuovi beni da produrre e sulla conseguente formazione professionale che occorre garantire sia a chi perde il lavoro sia a chi lo cerca per la prima volta. È opportuno che i discorsi che spesso ripetiamo sulle riconversioni produttive vengano precisati per passare finalmente alla fase dell’operatività. Anche la vicenda dell’Alcoa impone questa esigenza.
Tutto ciò richiede l’apertura di un ampia discussione tra tutte le componenti democratiche che operano nell’isola. Per parte nostra invitiamo i nostri lettori a rendersi protagonisti di questa iniziativa e ad intervenire nel dibattito.
20 Gennaio 2012 alle 19:58
Sono d’accordo in linea generale con il contenuto dell’articolo, però a mio parere prima della questione morale, per il rilancio della sinistra, siano neccessari altri due passaggi: a) la sinistra non ha bisogno di carrieristi e magniloquenti candidati sempre ai “blocchi di partenza”, ma di militanti che abbiano chiari i principi di uguaglianza e libertà; b) una legge elettorale che restituisca al cittadino la facoltà di votare per chi ritiene più opportuno. Sono convinto che i limiti del centrosinistra siano stati tutti palesati con l’appoggio al draconiano governo Monti, perciò sono del parere che solo la sinistra unita sia in grado di fronteggiare le politiche anti popolari che da venti anni a questa parte hanno caratterizzato i governi sia di centro destra che di centro sinistra.