L’anno del disastro
31 Gennaio 2012Mariano Carboni
I fatti drammatici di questi giorni, i blocchi stradali e l’annuncio della chiusura dell’Alcoa di Portovesme ci fanno capire quanto sia, ogni giorno, più grave la crisi della Sardegna. Abbiamo trascorso il periodo tra Natale e Capodanno presso le Sedi Istituzionali per rinnovare gli accordi di Cassa Integrazione in scadenza. Purtroppo, passiamo da 85.000 beneficiari di strumenti di ammortizzatori sociale del 2009, a 97.000 del 2010, a 114.000 del 2011. A questi và sommato il 14,1% di disoccupazione, su base regionale, percentuale quasi doppia rispetto alla media nazionale, con l’aggravante che in alcune province il tasso di disoccupazione sfiora il 20% ( Carbonia Iglesias – Nuoro – Medio Campidano). Questo significa che 4 sardi su 10, o sono disoccupati, oppure stanno rischiano di perdere il posto di lavoro. Ci viene detto e ripetuto che il 2012 rischia di essere l’anno del disastro occupazionale, dell’ulteriore espulsione di una fetta considerevole di occupazione metalmeccanica.
Ho utilizzato il termine ulteriore perché nel triennio 2009 – 2011 migliaia di dipendenti metalmeccanici hanno perso il lavoro, tanti precari e moltissimi dipendenti di realtà, non sindacalizzate, di piccola dimensione. Temo che non si possa ancora pronunciare la parola fine, perché abbiamo numerosissime situazioni preoccupanti, a partire dall’Alcoa di Portevesme, il cui management aziendale ha annunciato la chiusura dello stabilimento sardo entro il primo semestre del 2012. In Alcoa lavorano circa 500 dipendenti diretti, a cui bisogna aggiungere altri 300 lavoratori indiretti. Si stima che i soggetti coinvolti da tale decisione siano più di 1.500. I tecnici della Provincia di Carbonia Iglesias ci hanno spiegato che ciascun dipendente diretto va moltiplicato per il coefficiente 2,5 per ottenere il valore complessivo dei potenziali licenziamenti. Ci hanno detto che la chiusura di questo stabilimento può produrre un effetto domino su tutta la Zona Industriale di Portovesme. La ILA rischia di non ripartire, l’EURALLUMINA può trovarsi in serie difficoltà, unitamente a tante aziende di servizi ed agli appalti generali che sopravvivono grazie a queste grandi committenti.
Inoltre, non tutti sanno che la KELLER ELETROMECCANICA è l’azienda metalmeccanica più grande della Provincia del Medio Campidano. Sta rischiando la chiusura definitiva, se la Giunta Regionale, la SFIRS ed il Governo Nazionale, non mantengono gli impegni assunti e favoriscono una soluzione imprenditoriale alternativa. La condizione di difficoltà di quest’azienda acuisce lo stato di degrado dell’economia del medio campidano, le cui aziende metalmeccaniche si cercano con il lanternino. IDEA MOTORE è l’azienda metalmeccanica più grande della Provincia di Nuoro.
E’ fallita nel 2009 a causa di un problema di liquidità. Si stava cercando di farla ripartire, ma la decisione di chiudere l’Alcoa di Portovesme mette in difficoltà il progetto di rilancio. Avevano intenzione di riconvertire gli impianti, di acquistare l’alluminio da Portovesme, per essere maggiormente competitivi ed abbattere il costo del trasporto. Il Polo Industriale di Porto Torres è interessato da un processo di riconversione che vede la realizzazione degli impianti della chimica verde. Per ovvi motivi, tale processo di riconversione viene attuato in modo graduale con il personale degli appalti interessato da procedimenti di cassa integrazione, in attesa della ricollocazione. La COMPAU è l’unica azienda metalmeccanica, di una certa dimensione, della Provincia di Oristano, ha attivato la procedura di cessazione di attività ed il conseguente licenziamento di tutto il personale entro il 31 dicembre del 2012. Nella zona industriale di Sarroch, in provincia di Cagliari, una serie di aziende metalmeccaniche, con più di 100 dipendenti, sono interessate da procedimenti di messa in liquidazione e conseguente cessazione di attività. Atre aziende metalmeccaniche stanno disdettando gli accordi integrativi aziendali e stanno proponendo una riduzione del salario del 15 – 20%. Viene spontaneo dire che l’effetto Sergio Marchionne, l’effetto FIAT, è sbarcato in Sardegna. Non aggiungo altro perché non voglio fare l’elenco delle situazioni di difficoltà. Rischia di essere un esercizio deprimente per chi scrive e per chi legge.
Ho voluto citare un’azienda per ciascun territorio per ribadire un concetto basilare che ritengo molto importante. Penso che la crisi industriale sarda abbia caratteristiche comuni, perchè in tutte le situazioni di difficoltà, che ho citato, ritroviamo sistematicamente gli stessi problemi di fondo: arretratezza infrastrutturale, costi elevati dell’energia e dei trasporti, differenziale di competitività di oltre il 20%. Questi problemi di fondo stanno condannando a morte tutte le attività industriali isolane e, non avendo programmato forme di sviluppo alternativo, abbiamo una paurosa contrazione del PIL della nostra regione. Per questa ragione penso che il Presidente Cappellacci non se la possa cavare con il finanziamento dei manifestanti del Sulcis Iglesiente che hanno deciso di organizzare la trasferta romana. Ha messo a disposizione 70.000 euro per consentire, a costoro, di protestare contro il Governo Monti. Io non difendo il Governo Monti, che critico aspramente per alcune scelte che ha compiuto, ma trovo vergognoso un simile comportamento. Che cosa ha fatto il Presidente Cappellacci per il miglioramento della condizione infrastrutturale della Sardegna, per abbattere il costo dell’energia, per ridurre il costo dei trasporti? Che cosa ha fatto per sbloccare gli intoppi burocratici che impediscono di realizzare il metanodotto in Sardegna?
La risposta è desolatamente negativa, perché non ha fatto nulla. Non sarebbe male se prendesse atto della sua inadeguatezza e decidesse di farsi da parte. Tuttavia, avendo la consapevolezza dell’importanza delle nostre proposte e della nostra capacità di mobilitazione scenderemo nuovamente in piazza il 9 marzo 2012. Vogliamo spiegargli che è ora di finirla con i giochi di prestigio. Non dobbiamo e non possiamo rassegnarci! Un futuro migliore è possibile e noi dobbiamo cambiare questo stato di cose.