Dagli Opg ai mini Opg?
31 Gennaio 2012Roberto Loddo
E’ nei dettagli che il diavolo nasconde la sua coda. Il 25 gennaio, proprio alla vigilia della riunione del comitato nazionale “Stop Opg”, il Senato approva il Decreto Carceri, e con l’emendamento presentato da “Ignazio Marino e altri senatori” finalmente viene fissato un termine, marzo 2013, per applicare le leggi sulla chiusura degli attuali Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Comunque lo si giudichi, l’emendamento approvato dal Senato, se diventerà legge, purtroppo non abolirà gli Opg. Li moltiplica. Ma il lavoro condotto dal Senatore Marino non è stato inutile. Alla commissione parlamentare per l’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale e ai senatori firmatari dell’emendamento va comunque il merito di aver acceso i riflettori su una vicenda che rischiava di essere sepolta come le persone internate. Grazie anche al monito del Presidente della Repubblica, alle sanzioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e all’attenzione mediatica di importanti trasmissioni televisive d’inchiesta. Nessuno può più dire di non sapere. L’orrore, oggi è sotto gli occhi di tutti. E tutti sanno che gli Opg non sono né ospedali, né luoghi di cura. Sono luoghi di morte, privazione e sofferenza in cui le persone vengono imprigionate sulla base di una obsoleta concezione della malattia mentale.
Un’ottica di riduzione del danno parrebbe ispirare la logica politica dell’emendamento approvato, che forse, trasformerà gli Opg in qualcosa di meno orribile, con strutture meno fatiscenti, ma pur sempre luoghi di segregazione, reclusione e internamento. Il rischio è che ora al posto dei 6 Opg, nascano 20 mini Opg, privati. Magari uno in ogni regione e magari qualcuno anche in Sardegna. Non basta, infatti, cambiare il vestito agli Opg, è necessario agire su due livelli. A livello nazionale, perché il parlamento abolisca alla radice l’istituto giuridico dell’Opg e modifichi le modalità di internamento delle persone (articoli 88 e 89 del codice penale). E a livello territoriale, su quei dipartimenti di salute mentale incapaci di prendersi cura di questi cittadini e responsabili dell’invio delle persone negli Opg. Le risorse finanziarie utilizzate per segregare e torturare queste persone potrebbero essere utilizzate per offrire ad ognuno di loro un percorso di accoglienza, cura, assistenza e inclusione sociale nel proprio territorio. Proprio come rivendicato dalla campagna “Un volto, Un nome” lanciata dal comitato sardo “Stop Opg” che chiede alla Regione Sardegna, alle Asl e i Dipartimenti di Salute Mentale, di mobilitarsi per assistere e curare i nostri cittadini sardi internati. Per evitare che il loro ritorno avvenga attraverso la costruzione di “piccoli manicomi” mascherati da strutture terapeutiche.
Lo Stato deve occuparsi dei cittadini per ciò che fanno o per ciò che sono? Michel Foucault avrebbe dovuto porre questa domanda ai nostri attuali legislatori. In questi anni abbiamo assistito a una vera e propria trasformazione dello Stato di diritto, risvegliandoci in un sistema della giustizia che non giudica più i fatti ma le persone, la loro storia familiare e le loro condizioni di vita. Una giustizia che sacrifica le persone in nome della paura, del pregiudizio e dell’ignoranza. Complice anche un codice penale che è un residuo del regime fascista e che permette una scandalosa connessione tra sofferenza mentale e pericolosità sociale. Gli internati appartengono tutti a una categoria sociale: sono poveri. Sono persone a cui è stato tolto il diritto all’espiazione della pena in nome della prevenzione della loro pericolosità. Il fondamento giuridico di questa famigerata “misura di sicurezza” si basa sulla privazione della libertà a tempo indeterminato, perché non si è in grado di “intendere e di volere”. Una sanzione che assomiglia a una tortura “eterna”, immaginata per prevenire comportamenti che la persona dovrebbe attuare in un determinato futuro. Non mi interessa ciò che hai fatto, mi interessa ciò che potresti fare. Una mostruosità giuridica, perché la pericolosità sociale non ha nessuna valenza scientifica ed è un’ipotesi indimostrabile. E se fosse la nostra società ad essere socialmente pericolosa e priva di senso?
1 Febbraio 2012 alle 07:01
Uomini dimenticati dalla società borghese, intenta a rincorrere il profitto, chiusa nel guscio della famiglia che ha solo finalità di sopravivenza in un contesto solo consumistico; dove l’educazione e la sensibilizzazione per i più deboli è solo prerogativa delle belle parole atte a far da scenario ai preti per il proselitismo, di quei fedeli che non fanno nulla per cambiare lo stato delle cose, rifugiandosi nella fede religiosa, o dei politici che evidenziano il fenomeno ma non lo analizzano alla radice, perchè l’accesso a cure analitiche che prendano in considerazione l’individuo malato è una prerogativa di chi può spendere minimo 50 euro a seduta: mentre la “ciurma” è relegata a usare sedativi e essere legati a un letto per non creare problemi alla società….un’infamia contro la dignità umana che gli Italiani ipocriti non vedono e non vogliono vedere.
1 Febbraio 2012 alle 14:33
quando ero molto giovane ho visto i manicomi.li ho visti come amministratore della provincia di nuoro.non avendo un manicomio suo mandava “i matti” nei manicomi degli altri,tra cui anche privati imprenditori della malattia che ,naturalmente ,si arricchivano non curando.il permanere della malattia,lo certificavano loro,era maggiore e più facile reddito.uno schifo.la battaglia democratica,anche la nostra ,ha portato alla legge basaglia.bisogna in questi tempi di egoismi e di crisi spaventosa ripartire dalla difesa dei diritti. non guasterebbe anche un richiamo ai valori.per mettere discrimini. le battaglie democratiche possono ancora portare buoni risultati.
2 Febbraio 2012 alle 07:26
A QUALCUNO SFUGGE QUALCOSA………DOMANDA: Di chi è veramente la responsabilità di questo stato di cose? RISPOSTA: Cari miei…ma del popolo italiano,chiaramente. DOMANDA: Perché? RISPOSTA: A causa della sua educazione.DOMANDA: Chi ha in mano la gestione dell’educazione della maggior parte dei bambini e dei giovani in ITALIA ??? RISPOSTA: SE NON SIETE IN GRADO DI RISPONDERE SIETE DEI FESSI…..VATICANO…GO HOME.
2 Febbraio 2012 alle 14:24
Ciao Simone, hai perfettamente ragione. Per far parte della nostra società devi avere solamente due caratteristiche: devi produrre e consumare. Per il resto vieni abbandonato o nascosto sotto il tappetto dell’internamento e della contenzione. Contenzione fisica e farmacologica. La psichiatria italiana ha molte responsabilità, complice insieme al legislatore dell’imprigionamento dei cittadini “non graditi”.
4 Febbraio 2012 alle 15:53
Gesuino, mi fa piacere sentire questa tua testimonianza, spero di sentirti presto e di poterti coinvolgere nelle prossime iniziative del comitato. Il rischio è proprio quello che hai descritto, come sostiene un compagno psichiatra, del Forum Salute Mentale “20 Opg sollecitano l’acquolina in bocca a chi vede i soldi moltiplicarsi”.
5 Febbraio 2012 alle 02:03
LA SALUTE è l’unica Casa davvero nostra, di cui dobbiamo tenacemente mantenere le chiavi in mano. I LUOGHI DI CURA, tutti, tendono a togliere le chiavi di casa ai pazienti. Vengono privilegiate le ragioni gestionali, economiche. L’effetto collaterale è produrre malattia, invalidità. Sono tutti luoghi extraterritoriali dove tenere gli occhi bene aperti, dalla somministrazione delle terapie, all’alimentazione, alle pratiche cliniche, alle diagnosi… a tutto!! perché se l’errore è umano il riconoscerlo implica che si collabori anziché delegare e da parte dell’operatore una pratica democratica, sociale praticamente assente in luoghi dove la Repubblica non esiste in nome di un totem che si chiama impropriamente scienza, ruolo. La professione sanitaria viene così sacrificata al Dirigente di turno, si producono carriere (poche ed apicali) anziché salute. La separatezza fra operatore sanitario e sofferente trascina entrambi nel vortice di una comune sofferenza, spesso invalidante quando si protrae la degenza.
LA CASA DELLA SALUTE (Ospedale, ecc) finisce col dotarsi di seminterrati dove porre disabili, anziani, sofferenti sempre più sorvegliati anziché promossi alla condizione di “persone” perché le attività non vengono sovvenzionate e se non fai nulla ti abbruttisci e la contenzione diventa inevitabile. NELLE CANTINE vicino all’inferno sono sepolti gli OPG, una condizione umana da riportare alla luce creando alleanze senza deleghe con le professioni sanitarie e la società civile.
9 Febbraio 2012 alle 14:16
La vergogna e l’orrore (non da oggi) degli ospedali psichiatrici giudiziari non deve farci dimenticare che la questione è (come in tanti sosteniamo) globale e culturale. E ha a che fare con la ricerca continua di luoghi in cui “cacciare” gli indesiderati. La nostra lotta per la chiusura degli ospedali psichiatrici e oggi per gli OPG deve coniugarsi con la lotta per i diritti e la dignità umana. Solo la costruzione collettiva di una società giusta e solidale può mettere fine alla barbarie. Oggi più che mai dobbiamo combattere i luoghi e le pratiche dell’esclusione. Abbiamo bisogno del contributo di tutti.
9 Febbraio 2012 alle 17:42
Oggi 9 febbraio 2012 è una data storica, il voto in Parlamento per la chiusura degli OPG. Finanziato non si potrà dire che non ci sono i mezzi per costruire progetti di vita.
Una vecchia canzone “tematica” nelle versione maschile e femminile, erano gli anni che precedevano la chiusura dei manicomi, da riascoltare.
Un abbraccio…non troppo stretto, Leda
http://www.youtube.com/watch?v=2xKwttyk4fI&feature=related don baky
http://www.youtube.com/watch?v=hZ_u6E8Leis&feature=fvwrel mina
10 Febbraio 2012 alle 09:20
Cantastorie:
Trent’anni fa bruciavano frumento
i giusti giustiziati come stolti
nei manicomi forti di cemento
andavano al macello a suon di colpi
a piedi nudi su irto pavimento
tosco iniettato su quei fragili corpi.
Pazzi furiosi portati dal tormento
issati a forza ciascun nella sua cruce
ai mortori mostravan cuor contento
perché prima spegnesse in lor la luce
liberi infine da quel luogo dolente
anti che comparire avanti al duce
sommo assassino di bianco vestuto
nessuna caritate in lui silente
al pari altri serventi l’istituto
di ferrato confine facitori
tra i martoriati vivi per statuto
e sani e savi dalla grazia fuori.
nella piece “L’uomo che sapeva solo scrivere.L’uomo che non sapeva scrivere”