Un isola sorprendente
1 Agosto 2007
Franco Uda (presidente regionale dell’Arci)
La notizia è stata davvero sorprendente: la US Navy lasciava l’isola de La Maddalena e di Santo Stefano! A una prima reazione di diffidente incredulità si è pensato che questo potesse essere il primo tassello di una progressiva smilitarizzazione della Sardegna, l’agognato risultato di decenni di lotte e vertenze popolari che hanno unito insieme cittadine e cittadini sardi, associazioni, organizzazioni sociali e movimenti. La Maddalena, liberata dal giogo della dipendenza dalla basa americana, poteva diventare il simbolo della rinascita dell’idea di riprogettazione del territorio, un’isola tenuta in ostaggio per 35 anni poteva finalmente dire la sua sul suo futuro che poteva e doveva essere deciso con un ampio coinvolgimento popolare dei suoi abitanti, un vero e proprio laboratorio mediterraneo di democrazia partecipativa che aveva la pace come progetto politico.
Oggi, purtroppo, si discute di un altro futuro: non è stato deciso dagli abitanti maddalenini né dai cittadini sardi e ha come perno fondante la decisione del Governo Italiano di svolgere il prossimo summit dei G8 proprio sull’isola de La Maddalena.
Gli 8 governi più potenti del pianeta si ritrovano ogni anno in luoghi che, di volta in volta, sono sempre più separati dalle popolazioni sulle quali peseranno le loro decisioni. Le loro riunioni sono inutili e costosissime esibizioni di potere che mai hanno prodotto decisioni e cambiamenti positivi per le aree più povere del pianeta, per le popolazioni oppresse, per l’ecosistema globale. Inutili perché non riescono ad affrontare i veri nodi di uno sviluppo planetario che si è dimostrato insostenibile e che produce danni e iniquità che sono oramai palpabili anche nei Paesi che di questo sviluppo hanno tratto i maggiori benefici a scapito di altri. Costosissime, sia in termini economici che sociali, in quanto sequestrano de facto la libertà di interi territori e città, mobilitando poderosi apparati di sicurezza, organizzando la lussuosa comodità per governanti e cortigiani che dilapida in pochi giorni cospicue risorse pubbliche; ma, ancora più grave, depriva i cittadini di un’idea di democrazia che parte dal basso, che si fonda sul valore della partecipazione, l’idea di un mondo in cui la giustizia sociale sia agita “senza se e senza ma”.
Stupiti e sconcertati che si decida di riproporre un vertice del G8 nel nostro Paese, ancora in cerca di verità e giustizia per quanto accaduto a Genova nel 2001 durante il G8. Le ferite hanno bisogno di tempo e cure per essere rimarginate: Genova è ancora un grande buco nero della democrazia italiana, aspettiamo tutti che finalmente si possano scrivere delle parole chiare su quello che accadde e sulle responsabilità che lo generarono, anche attraverso l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta.
In particolare la scelta di svolgere l’incontro in Sardegna appare come un improprio risarcimento che nasconde l’inadempienza contrattuale degli americani che hanno lasciato ad altri l’onere della bonifica che gli competeva. Non sono bastati i tanti anni di militarizzazione del territorio, le immense aree sequestrate alla vita e al lavoro dei sardi, gli irreversibili sconquassi ambientali, le troppe morti per l’uso di armi all’uranio impoverito, la condanna di molti inconsapevoli neonati a una esistenza disgraziata. Ci aspettano ancora anni di restrizioni, zone rosse, militarizzazioni, sorveglianza, tutto condito con grandi opere pubbliche per la comodità e la sicurezza dei grandi della terra. Sono proprio le opere pubbliche generate dagli ingenti finanziamenti che si accompagnano a ogni riunione dei G8 che fanno maggiormente preoccupare per il futuro de La Maddalena: questi saranno elementi che ridisegneranno l’economia, l’ambiente e la società locale per i prossimi anni, che sopravvivranno alle inconcludenti giornate del summit e che apriranno grandi gare di holding private per la loro gestione.
Anche se questa decisione sembra ormai presa si può ancora disporre di alcuni strumenti democratici per far desistere il Governo Italiano dalla sua decisione e occorre il massimo sforzo unitario per sventare questa ipotesi. La compattezza e la forza delle idee sono oggi le sole armi a disposizione per allargare il campo di forze che si deve opporre all’idea del G8 sardo. I prossimi mesi saranno decisivi per consentire a tutte le organizzazioni locali di fare rete e di produrre un calendario di iniziative pubbliche che spieghino le ragioni di uno schieramento. Non si parte da zero: l’iniziativa politica unitaria che ha caratterizzato negli ultimi anni il movimento per la liberazione dell’Isola dalle servitù militari ha dimostrato determinazione, saggezza, vivacità che non vanno disperse e che possono fornire un utile modello di riferimento per il futuro.