Statue che vanno, bronzi che vengono
1 Marzo 2009Carlo Tronchetti
Ospitiamo con piacere un contributo dell’archeologo Carlo Tronchetti, già Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e scavatore della necropoli di Monti Prama, da dove provengono le grandi statue nuragiche.
Certo che al G8 ci vanno proprio tutti! Non bastano i “grandi della Terra” attuali, ci vogliono anche i grandi del passato! E perchè? Qui sta il nodo principale e più importante, che è già stato sottolineato su queste pagine da Marcello Madau e su “Il Manifesto” da Valentina Porcheddu in maniera molto chiara. Si tratta di una operazione assolutamente e totalmente di facciata – in perfetta linea, peraltro, con il modo di procedere di questo governo – che è pienamente rivelatrice di modi di pensare che vale la pena di mettere bene in risalto. L’arte (chiamiamola così per comodità, anche se per oggetti di quei periodi il termine non è proprio corretto) evidentemente non è compresa nel suo valore culturale, di espressione ed interpretazione della società, ma è concepita solo come un abbellimento, in fondo una cosa superflua ma che dà un certo tono; di cui si potrebbe anche fare a meno, ma è bello che ci sia. Chiariamoci subito per evitare equivoci. Non è che l’idea in sè e per sè di esporre, in una occasione che promette un’ampia diffusione mediatica, opere significative e che anche colpiscano l’attenzione sia del tutto sbagliata. Quello che è sbagliato è, come si è detto, il concetto ispiratore, per cui manca alla base un progetto culturale che dia l’impronta all’esposizione. Si tratta solo di creare una (falsa) galleria di “capolavori” da presentare agli illustri ospiti, siano essi (i capolavori) i Bronzi di Riace, le statue di Monte Prama o scodinzolanti veline: non cambia niente. L’archeologia, l’arte, la bellezza sono al servizio del potente di turno, che se ne fregia, ostentandole dinanzi ai suoi pari, in un’ottica che ricorda molto quella dei principotti dell’VIII e VII secolo a.C. che facevano a gara ad ostentare, in occasioni politiche e rituali, oggetti preziosi che lasciavano sbalorditi e incantati i poveri sudditi. Quasi che da allora non siano passati circa 3.000 anni. Allora vediamo cosa possiamo dire a questo proposito. Lo spostamento dei Bronzi da Reggio Calabria sicuramente è tecnicamente e tecnologicamente possibile. E’ però sicuramente molto rischioso per i bronzi stessi, sia per i problemi del trasporto, sia perchè si deve prestare attenzione al luogo dove saranno conservati, con atmosfera particolare per evitare deterioramenti. Si ha una idea di quanto questo verrebbe a costare, e per il trasporto e per la creazione di un luogo adatto (e che poi rimarrebbe inutilizzato)? Per le statue di Monte Prama il discorso è diverso, sotto questo punto di vista. Sono in pietra arenacea, sicuramente delicata, ma con molto minori problemi tecnici per lo spostamento e per il luogo dove esporle. Il restauro sta andando avanti già da un anno almeno, e quindi si sono raggiunti buoni ed importanti esiti. Ma la questione, si ribadisce, non è tanto in questi aspetti (che pure sono importanti), ma nel problema di fondo. Che senso ha mettere in moto una macchina complessa e costosa, in un settore che da sempre e sempre di più piange miseria come quello dei Beni Culturali – perenne Cenerentola dei finanziamenti pubblici -, distraendo dal proprio lavoro quotidiano persone e forze, per proporre una esposizione sostanzialmente ingiustificata ed ingiustificabile? Se vogliamo solo presentare delle belle immagini da vedere, non sarebbe più idoneo, ed anche più “alla moda”, offrire uno spettacolo di immagini e ricostruzioni virtuali di tutti i capolavori che vogliamo? Le tecnologie esistono ed in Italia abbiamo maestri in questo campo, che sarebbero in grado di predisporre una spettacolare performance molto coinvolgente, ed anche ripetibile ed esportabile, di solo effetto pubblicitario e di facciata, ma a questo fine congrua ed utile. Purtroppo sono sicuro che avverrà il contrario. Il Ministro Bondi, che ufficialmente dovrebbe tutelare e valorizzare i Beni Culturali, è il personaggio che sappiamo, e quindi è già entusiasticamente favorevole, confortato in ciò dal manager Resca, che mi auguro non abbia intenzione di mettere in mano ai Bronzi di Riace un hamburger ed una Coca-Cola per unire l’utile al dilettevole. Quando si vive sotto un regime (non lasciamoci ingannare dal fatto che possiamo ancora esprimere il nostro dissenso: praticamente è come se non esistesse, ci leggiamo fra noi e al di fuori trapela assai poco; quindi possiamo parlare perchè non contiamo) il potente di turno decide e fa ciò che vuole. Allora, io sono un rozzo materialista, molto pratico, e penso che si dovrebbe cercare di trarre qualcosa di utile anche dalle situazioni peggiori, ingovernabili, come questa. Perciò sono favorevole al fatto che le statue di Monte Prama abbiano una loro forte visibilità in questa faccenda. L’hanno sempre avuta, nonostante che i media abbiano strombazzato il contrario: una selezione era esposta al Museo di Cagliari dal 1980 (un anno dopo lo scavo) ed hanno girato Italia ed Europa in Mostre di grande risalto, ma nessuno se ne era mai accorto proprio perchè mancava il boom mediatico. Sicuramente si dovrebbe approfittare dell’occasione, certo non per presentare dei “bei pezzi”, completamente decontestualizzati, solo per la loro “appariscenza estetica”, ma le statue dovrebbero essere inserite come manifestazioni di alto artigianato delle genti sarde che li produssero, all’interno di un serio discorso sulle culture dell’isola, in cui è parte dominante (per le statue e l’ambiente culturale in cui nascono) l’integrazione fra genti e culture diverse e la trasmissione ed accettazione di nuove ideologie e nuovi modi di pensare. Potrebbe allora essere un bell’argomento, quello della felice e proficua integrazione che avveniva tra i nuragici ed i fenici, da un capo all’altro del Mediterraneo, da presentare al G8 perchè ci riflettano sopra. Insomma, bisognerebbe fare cone nel judo: usare la forza dell’avversario contro lui stesso. Su questo l’opinione pubblica e tutti gli studiosi del settore si dovrebbero fortemente impegnare. Ma purtroppo per ora di tutto ciò non si vede e non si sente traccia. Forse se in testa si avessero più idee e meno cappelli (o cappellacci) le cose andrebbero molto meglio.
7 Marzo 2009 alle 20:43
Totalmente condivisibile, anzi entusiasmante, anche per la capacità di tradurre in un linguaggio piano ed accessibile a tutti una grande competenza ed esperienza sul campo. E complmenti per gli arguti cenni sulla reale inesistenza del dissenso che ahimé resta inter nos, e sull’invito alla pratica del judo, difficile ma da sperimentare!