Tutelare i diritti dei migranti
1 Giugno 2012Maria Chiara Cugusi
La necessità di favorire vie legali di ingresso al centro dell’incontro tra i responsabili delle Caritas del Mediterraneo. Primo passo: la revisione di una legislazione inefficace e il dialogo tra le due sponde. Arriva da Cagliari la proposta di un permesso di soggiorno europeo per aprire le frontiere e superare l’ottica emergenziale del fenomeno immigrazione. I responsabili delle Caritas del Mediterraneo durante MigraMed 2012 “Dialogo tra le sponde”, svoltosi nel capoluogo sardo dal 16 al 18 maggio, hanno evidenziato la necessità di ripensare canali di ingresso regolari basati sulla valutazione complessiva dei flussi migratori in base ai posti di lavoro disponibili, che attualmente sono quattro milioni nei 27 paesi della Ue.
Il no allo stop dei flussi migratori. Per tre giorni, i rappresentanti delle Caritas del Mediterraneo, mondo delle istituzioni ed esperti dell’immigrazione si sono confrontati sul futuro dei flussi migratori, dell’asilo e dell’accoglienza. Filo conduttore, l’impossibilità di chiudere le frontiere, ribadita con forza dopo l’annuncio del Ministro Anna Maria Cancellieri sullo stop ai nuovi ingressi di cittadini stranieri a causa dell’elevata disoccupazione. “L’immigrazione a quota zero non è una soluzione realistica, ma aumenta l’irregolarità”, ha sottolineato Laura Boldrini durante il convegno.
Per la portavoce dell’UNHCR Italia, dunque, non esiste nessun legame tra crisi economica e immigrazione, ma, anzi, “il confronto tra le due sponde del Mediterraneo è la premessa indispensabile per favorire una strategia organica, capace di superare l’ottica emergenziale”. Necessario il “supporto alla transizione democratica dei paesi della sponda sud”.
Il dovere di aprire le frontiere è stato ribadito anche da Massimo Zedda, sindaco di Cagliari: “Nella storia del mondo, nessun provvedimento di legge è mai stato sufficiente per bloccare i movimenti dei popoli in fuga dalla guerra, dalla povertà e dalla fame”.
Il primo passo è il superamento di una legislazione inefficace, a iniziare dalla revisione del Regolamento Dublino II e dal coinvolgimento in prima linea degli enti locali: Mario Morcone, Capo di Gabinetto del Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione, guarda al modello SPRAR, come “sistema d’avanguardia in Europa, perché mette in prima linea i singoli comuni”.
La scelta dell’Isola. Sono 38mila gli immigrati presenti nell’Isola, di cui un terzo concentrato nella provincia di Cagliari; inoltre, circa 500 i profughi arrivati dalla Libia lo scorso anno. Proprio l’impegno in prima linea nell’accoglienza dei richiedenti asilo da parte della Caritas diocesana ha portato alla scelta di Cagliari, che può essere “un luogo dove riflettere con serenità, perché non c’è la pressione degli sbarchi diretti e immediati, come in altre regioni del sud Italia”, ha sottolineato Don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana.
Inoltre, essendo una realtà autonoma dal punto di vista politico , “la Sardegna potrebbe forzare la mano nei confronti del governo – ha aggiunto Pasquale Mistretta, ex rettore dell’Università cagliaritana e collaboratore della Caritas diocesana -, per promuovere la sperimentazione di una sorta di ‘immigrazione da popolamento’: cioè famiglie che intendono venire nell’Isola per lavorare”.
Qui lo sforzo di associazioni, cooperative e realtà diocesane si scontra con le difficoltà normativo- burocratiche, con circa 300 richiedenti asilo (su 500) che devono ancora essere ascoltati dalle Commissioni nazionali, e con l’incertezza sulla copertura finanziaria della cosiddetta “Emergenza Nord Africa”, nonostante il decreto di accoglienza valido fino al 31 dicembre 2012.
La conferma dell’impegno della Caritas diocesana arriva anche dalla ricerca “Richiedenti asilo e rifugiati. Dai Cara all’inserimento nel contesto socio-economico italiano. Il caso della Caritas di Cagliari”, presentata durante il convegno. Un’analisi di tipo qualitativo, che mette in luce le buone prassi dell’accoglienza e le necessità fondamentali dei migranti, in primis l’essere ascoltati, il lavoro, la casa, un’assistenza finalizzata all’inserimento nel contesto socio-economico d’arrivo.
Voci dal Mediterraneo. Da MigraMed emergono i presupposti per voltare pagina, di fronte alla consapevolezza che gli arrivi dal Nord Africa non si fermeranno. Lo dimostrano le testimonianze dei responsabili delle principali Caritas della sponda sud, Tunisia, Libia, Marocco e Algeria.
A preoccupare è soprattutto la situazione dei profughi provenienti dall’Africa sub-sahariana: le situazioni più critiche si registrano in Libia, da dove continuano a partire migranti verso l’Italia e dove continuano ad arrivare profughi nigeriani provenienti soprattutto dal Mali, e in Algeria, dove il problema dell’accoglienza si intreccia a quello del traffico di donne e minori. Anche il Marocco e l’Egitto continuano ad essere paesi di transito per migranti irregolari: oltre 400mila persone entrate finora in quest’ultimo paese. La vivacità dei flussi verso la sponda nord viene confermata anche dalla Tunisia, a causa della disoccupazione e dell’incertezza economica. In Turchia il problema dei campi profughi “viene strumentalizzato per ottenere visibilità in campo europeo”, sottolinea Belinda Mimcu, responsabile della Caritas Turchia. Qui, il numero dei migranti sta diminuendo a causa delle tensioni con la popolazione locale.
E va ricordata, inoltre, la crisi siriana che si ripercuote sul Libano, dove si contano oltre 25mila rifugiati oltre a quelli che rifiutano di registrarsi all’UNHCR: qui, la Caritas “è riuscita per prima a promuovere l’assistenza “, come ricordato da Najia Chadha, di Caritas Libano, cercando, tra l’altro, “di promuovere accordi con il governo, per consentire il rinnovo dei permessi di soggiorno”.