Da manicomio

1 Luglio 2012
Siamo pazzi arrendetevi

Gisella Trincas

E’ partita in questi giorni una petizione popolare per fermare la vergognosa e gravissima proposta di Legge “Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica”. Proposta che vuole riaprire, sotto nuove vesti, il manicomio. La proposta in questione è stata approvata in Commissione Affari Sociali della Camera il 17 maggio scorso. Il relatore della proposta è il parlamentare/psichiatra Carlo Ciccioli (PdL) che da diversi anni insegue il “grande sogno” di cancellare la Legge di Riforma Psichiatrica n°180, quella rivoluzionaria e civilissima Legge che in Italia ha chiuso i Manicomi!

Questo suo sogno è condiviso da alcune associazioni costituitesi per contrastare la Legge 180.
Questa folle proposta (approvata da PdL e Lega) l’hanno portata avanti nonostante la ferma opposizione di merito di un numero notevolissimo di Organizzazioni (che rappresentano la maggioranza dei familiari, degli operatori dei servizi di salute mentale, dei lavoratori della sanità, del mondo della cultura e del volontariato) e Comunità Scientifiche. Il testo della proposta ripropone una filosofia delle “cure in psichiatria” fondata sulla obbligatorietà delle cure in luoghi anche privati e per un tempo che può arrivare fino ad un anno (ma con brevi interruzioni possono essere ripetibili all’infinito), senza consenso da parte della persona interessa.
Chi sostiene questa proposta di legge pensa che, le persone che vivono l’esperienza della sofferenza mentale, siano un danno ed un pericolo per i loro familiari e per la società e quindi non degne neppure di “consultazione”. Le attività riabilitative, inoltre, per questi signori, consistono negli interventi di natura ambulatoriali (anche con interventi domiciliari), nelle strutture residenziali o semiresidenziali, nelle residenze sanitarie assistite, con l’ipotesi quindi di aprire un elevatissimo numero di manicomietti privati che nessuno potrà mai controllare. Quindi, il grande patrimonio culturale e pratico che ci ha portato a considerare “la riabilitazione in salute mentale” quale processo di ri-appropriazione della capacità di essere e di agire, di ri-appropriazione di abilità sociali, di restituzione dei diritti di cittadinanza (casa, reddito, affetti, relazioni sociali), non viene tenuto in nessuna considerazione, non ha alcun valore.
Così come non hanno valore quelle straordinarie esperienze avanzate che hanno consentito la riaffermazione della centralità della partecipazione e della responsabilizzazione nel proprio percorso di cura di tante persone la cui guarigione è stata possibile.
Questa proposta di legge viola inoltre tutti i principi costituzionali sulla libertà individuale e la inviolabilità del corpo e ripropone l’internamento delle persone colpite dalla condizione della sofferenza mentale in strutture residenziali in cui attivare “i trattamenti sanitari necessari” fino ad un anno (ma ripetibile).  Nessuna cura è possibile senza la partecipazione attiva e responsabile della persona direttamente interessata, e senza un rapporto fiduciario con “i curanti”. E’ appena sufficiente (per capire a cosa andremo incontro se passasse questa ignobile proposta) ricordarci cosa succede nella maggioranza dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura, dove si praticano i “trattamenti sanitari obbligatori”,  troppe volte attivati in aperta violazione del dettato normativo. Tali servizi hanno un massimo di 15 posti letto, hanno personale sanitario e i ricoveri di norma durano pochi giorni.
Ebbene, nella maggior parte di questi, le porte sono chiuse a chiave e si pratica la contenzione meccanica (legare una persona al letto). Se ciò avviene in un reparto ospedaliero pubblico (che tutti possono “controllare”), cosa pensiamo possa accadere in una Clinica o in una Comunità in cui una persona (per lo più giovane) viene tenuta contro la sua volontà e per un periodo infinitamente lungo?

La domanda quindi è:

1) perché anziché pensare ad una nuova legge non si mettono tutti i servizi di salute mentale nelle condizioni di operare al meglio come succede in alcuni luoghi (Trieste e altri)?
2)  Perché non si mettono in campo le risorse economiche e professionali necessarie a garantire a ciascuno un percorso di cura individualizzato orientato alla ripresa?
3) A chi giova rinchiudere e mortificare?
Perché c’è ancora oggi nel nostro Paese chi pensa che i “matti” rimangono matti per sempre e devono stare separati dai “sani”, e perché ci sono grossi interessi privati da tutelare! Siamo in tanti a non volere questa Legge Ciccioli perché non risponde in alcun modo alle questioni ancora aperte (garantire buoni servizi di salute mentale ovunque) e perché ripropone quel Manicomio che abbiamo combattuto e che non vogliamo più. Inoltre è in aperta violazione non solo con la nostra Carta Costituzionale, ma con tutte le norme Nazionali ed Europee sulla salute mentale.
L’Italia è  punto di riferimento per l’Organizzazione Mondiale della Sanità e per il Mondo intero perché ha dimostrato che si può fare a meno di luoghi di internamento e di annientamento umano. E ha dimostrato che la sofferenza mentale è una condizione umana che può colpire chiunque, a qualunque età, a qualunque ceto sociale appartenga, in qualunque parte del mondo viva. E che la salute mentale è un bene essenziale per lo sviluppo sociale, economico e personale, ed è aspetto fondamentale della qualità della vita.

La pace, un reddito certo e sufficiente, un ecosistema stabile, la continuità delle risorse, la giustizia e l’equità sociale sono i pre-requisiti dai quali non si può prescindere per un progresso sul piano della salute in generale e della salute mentale. Ed è quindi compito del Governo rimuovere le cause che impediscono questo progresso. Così come è compito del Governo e del Parlamento (ma anche di noi tutti cittadini) impedire che si arretri rispetto alle grandi conquiste di civiltà che abbiamo raggiunto. Perché aver chiuso i Manicomi ieri e chiudere gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari oggi, era  ed è una questione di civiltà.

Vai al sito: www.manicomionograzie.it

1 Commento a “Da manicomio”

  1. Luigi D'Elia scrive:

    Brava Gisella, finalmente un giornale che dà visibilità alla petizione. Qualcuno mi spieghi come mai i media non danno la notizia.

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