Nel ventre della terra

1 Novembre 2012
Graziano Pintori
“…un giorno nella miniera, un giorno tra le baracche dei minatori, un’assemblea notturna di rivoltosi nella radura, la marcia furiosa di tremila miserabili nella pianura, l’urto di questa massa con i soldati…”. Da Germinale di E. Zola 1885)
Il platino per la durezza è la bestia nera dei gioiellieri, non dei minatori, che si spaccano la schiena estraendolo dal ventre della terra per un tozzo di pane. La Lonmin è il terzo produttore mondiale di platino. Gli scioperi dei minatori rendono nervosi gli azionisti della società, perché vedono nella borsa di Londra un -6,8% sulle loro quotazioni, mentre il platino va al +2%. Questi dati possono aver generato la scintilla che ha scatenato la rabbiosa reazione della polizia sudafricana contro i minatori di Markana, in sciopero per rivendicare salari più adeguati. Il prezioso metallo si è tinto di sangue: 34 morti, 78 feriti, 258 arresti. Il “piombo democratico” è la cartina tornasole dell’emergente forza capitalista nel luogo, dove si estrae l’80% del platino mondiale. Il platino, l’oro e l’argento sono i metalli che riempiono i forzieri dei capitalisti, per resistere alle fluttuazioni dei mercati finanziari. Molti gioielli sono macchiati di sangue: è il prezzo nascosto del lusso.
In Cina i minatori sono circa 3,5 milioni, e tantissime sono le tonnellate di minerali destinati ogni anno per la produzione dell’energia necessaria per costruire strade, dighe, centrali nucleari e idroelettriche. Il capitalismo in salsa rossa fa lavorare i minatori in condizioni di estrema insicurezza. La corruzione fa chiudere gli occhi sulle cause dei disastri e sulle sofferenze umane vissute nelle viscere della terra. Ogni anno nelle miniere di carbone per esplosioni di gas, allagamenti dei cunicoli, per crolli di gallerie muoiono almeno 7200 minatori. I dati sono al netto di altre migliaia di morti non rilevate dalle statistiche ufficiali.
La corruzione oscura il rispetto delle regole e dei diritti: è il prezzo della ricchezza.
In Russia il vento liberista ha portato alla privatizzazione di aziende, industrie e miniere per rispondere alla volontà della Banca Mondiale. Oggi solo una miniera su dieci è statale. La Raspadskaja è la società che gestisce le miniere nella zona del Kuzban, dove le esplosioni nel ventre della terra accadono puntualmente tutti gli anni: nel 2004 i minatori morti sono sessanta, nel 2005 ventitré, nel 2006 trenta, nel 2007 106 morti…. 66 nel 2010…. sono le miniere acquistate per un tozzo di pane dopo il crollo dell’URSS. I nuovi padroni sfruttano la mancanza di altra possibilità di lavoro: chi vive in questi luoghi lontani e inospitali, per sopravvivere deve rischiare la vita ogni giorno nel ventre della terra… per garantire la lussuosa vita dei padroni. Per un tozzo di pane.
In Italia la storia delle miniere finisce nel modo più offensivo per il lavoro e per chi nel ventre della terra ha versato lacrime e sangue. La Carbosulcis è l’ultima miniera italiana. E’ inattiva dopo 40 anni di lotte. I minatori sono stati ridotti da mille a quattrocento, 1500 miliardi di vecchie lire bruciate per niente. Il carbone del Sulcis per produrre energia ha necessità di un processo di gassificazione dal costo altissimo. L’Eni restituisce alla RAS le incombenze della proprietà e della trattativa con i privati per costruire una centrale termoelettrica, da alimentare con il carbone del Sulcis gassificato e depurato. L’operazione costa 250 milioni l’anno per otto anni. Nessuna asta e trattativa con i privati si chiude con la RAS per la realizzazione del progetto miniera-centrale. Si va avanti per otto anni con una specie di gestione provvisoria delle miniere. Quando la Regione Sarda finalmente decide di rilanciare un nuovo bando, interviene il governo Monti che definisce troppo oneroso il progetto di gassificazione. I minatori, come tante altre volte, per la difesa del lavoro ritornano a occupare le miniere calandosi a 400 metri di profondità.
Sul campo della provincia più povera d’Italia restano altre 463 famiglie di minatori, esse si aggiungono ai tanti cassintegrati e pensionati (circa i 2/3 dell’intera popolazione). Nell’ultima provincia dell’Italia fondata sul lavoro, sono in atto crolli ed esplosioni sociali.
La storia dei minatori nel mondo è sempre uguale: devono crepare nella pancia della terra, mai in superficie, per produrre energia. Il vapore dei padroni.
“…Nella laveria di Seddas Moddizzis si lavorano 11 ore consecutive e cioè dalle sei della mattina alle cinque della sera e l’operaio è costretto a mangiare quel tozzo di pane mentre lavora, avendo per companatico polvere di calamina o di minerale.” Romano Ruiu – Quel giorno a Buggerru –

1 Commento a “Nel ventre della terra”

  1. egidio addis scrive:

    Una testimonianza di grande valore umano e politico…!

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