Why poverty?
1 Dicembre 2012Maria Chiara Cugusi
Cos’è la povertà? La campagna internazionale Why poverty?, promossa da Rai Storia insieme a una settantina di network televisivi in tutto il mondo, rende possibile un dialogo corale per sensibilizzare su questo tema e innescare un cambiamento. Otto documentari, 30 cortometraggi trasmessi in contemporanea in 180 paesi diversi per riflettere sulle diseguaglianze economiche che costringono due miliardi e mezzo di persone – tra donne, uomini e bambini – a vivere in una condizione di povertà e oltre un miliardo in tutto il mondo a vivere ai limiti della sopravvivenza.
A partire dallo scorso 25 novembre, per otto settimane, al via la messa in onda dei documentari, accompagnata da momenti di approfondimento con alcuni esperti del settore, tra cui il Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi (tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio), David Rieff, giornalista statunitense del New York Times Magazine, David Graeber, antropologo e attivista statunitense, diventato un punto di riferimento per il movimento Occupy Wall Street, Siddhartha Deb, giornalista e scrittore indiano, Pierre Cherruau, giornalista francese, direttore del magazine Slate Afrique, Jayati Ghosh, professore di economia alla Jawaharlal Nehru università di New Delhi, Philip Gourevitch, una delle firme del New Yorker, Siama Musine, attivista keniana, operatrice di Medici senza frontiere, Susanna Camusso, sindacalista italiana e segretario generale della Cgil nazionale.
Uno spaccato sul mondo, che racconta ambiguità e contraddizioni della realtà contemporanea, in cui l’80% delle risorse di tutto il pianeta continua ad essere sfruttato dal 20% della popolazione mondiale. Tra i titoli in programma, “Poor us”, in cui il regista Ben Lewis ripercorre il modo in cui è cambiata la povertà nel corso del tempo, fino ad arrivare al contesto attuale, in cui essa non è più un fenomeno naturale ma strettamente correlata alle diseguaglianze economiche. A testimoniarlo, documentari come “La corsa alla terra”, dedicato al Mali, dove il 75% della popolazione è costituita da contadini, vittime dell’imperialismo economico delle nazioni più ricche, come la Cina e l’Arabia Saudita; Africa depredata” dedicata a Ruschlikon, un villaggio svizzero arricchitosi grazie a una miniera di rame in Zambia, terzo giacimento mondiale in ordine di grandezza, ma dove il 60% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno e l’80% sono disoccupati. Popoli vittime del sistema globale, ma che riescono a reagire nonostante le difficoltà. “Solar Mamas” è la storia di un gruppo di donne provenienti da comunità povere, che grazie a un percorso di formazione, diventano ingegneri solari, riuscendo a creare energia e lavoro nella loro realtà locale.
“Education, education” racconta le attuali difficoltà del sistema educativo cinese, che – facendo dimenticare gli anni del boom economico, in cui la buona educazione era l’unico rimedio alla povertà – non è più in grado di immettere i giovani nel mondo del lavoro. Il pensiero corre anche ai bambini, prime vittime della povertà globale, a cui è dedicato “Benvenuto al mondo” , reportage di Brian Hill. Contraddizioni e ambiguità della realtà americana sono raccontate da “Park Avenue: soldi, potere e il sogno americano”, ambientato in una New York dove ricchezza sfrenata e povertà convivono a pochi km di distanza e da “Cancellate il debito” , in cui ci si chiede se le campagne pubblicitarie contro la povertà portate avanti da celebrità come Bob Geldof o Bono Vox contribuiscano davvero a sollevare dalla povertà milioni di cittadini o non siano piuttosto strumenti di contrattazione politica. Infine, una decina di cortometraggi, dalla Cina al Kenya, dall’India agli slum di Nairobi, che affrontano il tema della povertà con uno sguardo del tutto originale, in cui lo sfruttamento locale si intreccia a singole storie di rivalsa ed emancipazione personale.