Haiti riparte dall’educazione
1 Febbraio 2013
Maria Chiara Cugusi*
A tre anni dal sisma, la Sardegna contribuisce alla ripresa di Haiti. A febbraio, una scuola aprirà le porte a 700 bambini, grazie agli oltre 623 mila euro raccolti dalle Caritas dell’Isola, di cui quasi un terzo dalla Diocesi di Cagliari. Un risultato reso possibile da quanti hanno creduto in questo progetto fin dall’inizio, attraverso il coinvolgimento attivo dell’intero territorio cagliaritano, dalle parrocchie e dal mondo del volontariato agli enti locali. “Oggi siamo pronti a proseguire ciò che abbiamo realizzato – sottolinea don Marco Lai, direttore della Caritas di Cagliari -, con un accompagnamento costante, per offrire strumenti concreti di formazione”.
Una risalita lenta, in un paese in cui tre quarti della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, l’80% delle scuole è gestito da privati e l’educazione costituisce un privilegio: è qui che si inserisce l’azione dei religiosi impegnati accanto agli ‘ultimi’, in quartieri in cui la miseria si intreccia alla delinquenza. E i primi destinatari sono proprio i minori, bambini orfani o schiavi domestici (i cosiddetti ‘restavek’), troppo spesso preda di trafficanti senza scrupoli, che i religiosi cercano di salvare da un destino di miseria estrema. Bambini poverissimi, affidati ai cosiddetti ‘zii’, che possono essere o parenti o semplici sconosciuti, disposti a offrire loro vitto e alloggio di semplice sopravvivenza in cambio di servizi domestici massacranti: costretti a lavorare notte e giorno, diventano spesso vittime di violenze e abusi quotidiani. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, nel 2009 un piccolo haitiano su dieci era ‘restavek’: complessivamente, ben 300mila bimbi, in maggioranza bimbe. Una cifra che – secondo gli esperti – sarebbe aumentata dopo il terribile terremoto del 12 gennaio 2010, che ha provocato oltre 230mila morti.
La struttura finanziata dalla Sardegna è stata visitata dalla delegazione della Caritas regionale, rappresentata da don Roberto Sciolla, durante la missione di Caritas Italiana nel Paese caraibico, guidata dal direttore don Francesco Soddu, dal 6 al 15 gennaio scorso. Un sogno che si realizza per le suore salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice, impegnate nel Centro educativo Gesù Buon Pastore, nel quartiere di Croix des Bouquets (Port-au-Prince), mezzo milione di abitanti in tutto: “Grazie a questo progetto, abbiamo vinto la sfida più grande dopo il terremoto – ha raccontato suor Rose Monique alla delegazione Caritas – , trasformare il disastro in opportunità”. Venticinque ettari di terreno che, oltre alla scuola primaria e secondaria, comprendono anche un asilo per 150 bimbi e un orfanotrofio. Qui dal 3 gennaio vivono circa 150 bambine, tra i 4 e i 9 anni, per il 75% orfane di almeno un genitore. Molte di loro sono rimaste sole a causa del terremoto. “L’educazione è uno degli strumenti fondamentali per combattere la povertà – ha sottolineato don Roberto Sciolla durante la missione -: sono orgoglioso della destinazione dei nostri fondi, una conferma dell’efficacia degli interventi Caritas”. L’impegno della Chiesa sarda si inserisce nei 125 progetti avviati dalla Caritas nazionale per la ricostruzione del Paese, per un totale di 17 milioni di euro, di cui oltre 6 milioni destinati all’ambito dell’animazione/formazione/istruzione.
Tra le scuole, anche l’Ecole mixte Saint Charles Borromée, dove la Caritas Italiana garantisce – nell’ambito del terzo ciclo di studi – un finanziamento triennale destinato agli stipendi degli insegnanti, all’acquisto dei libri, alla mensa (oltre 200mila dollari in tutto). Trentacinque docenti, 723 bambini, 800 famiglie beneficiarie, la scuola primaria e secondaria è gestita dai padri Scalabriniani e dalle Suore domenicane della Presentazione, affiancate da psicologi e assistenti sociali.
A tre anni dal sisma, l’impegno portato avanti dalla Caritas si legge nei volti dei beneficiari dei progetti, che grazie al sostegno dato loro dall’organismo pastorale della Cei, hanno iniziato a credere nelle loro potenzialità. I progetti di scolarizzazione si intrecciano a progetti di sviluppo delle comunità rurali. L’Apf (Association de paysans de Fondwa) è stata fondata dal padre spiritano Joseph Bonhome Philippe nel 1988. Prima di allora la gente emigrava da Fondwa (Léogane), zona montuosa, difficile da coltivare. Tutti i piccoli risultati ottenuti con fatica – dalla costruzione della strada che collega il paese alla capitale, alla clinica sanitaria – vengono distrutti dal sisma del 2010. È il sostegno dato dalla Caritas Italiana a far ripartire il territorio, con la creazione di imprese agricole e commerciali. I profitti ottenuti vengono reinvestiti nella stessa comunità, che diventa in grado di auto-sostenersi.
Un modello di sviluppo positivo che ha convinto molti giovani a ritornare. Tra questi, anche Joseph Hawatt, 28 anni, dell’ufficio comunicazione dell’Apf. Originario di Fondwa, dopo la scuola di giornalismo nella capitale è tornato nel suo paese per raccontare la vita della comunità, attraverso la Radio dell’Apf, che raggiunge migliaia di ascoltatori. “La comunicazione – spiega – costituisce uno strumento di riscatto e ci permette di raccontare anche i lati positivi della nostra realtà. Perché Haiti non è solo miseria e degrado”.
*giornalista professionista, dottoranda in studi africani