Il conflitto è il sale della democrazia
1 Ottobre 2007Marcello Mestosi
La Fiom si è resa colpevole di voler far cadere il governo e di dividere il sindacato. Questa è l’accusa che le viene rivolta da più parti. Siamo arrivati al punto che manifestare per contrastare il lavoro precario e ribadire i valori della pace e della laicità dello stato è diventato estremismo.
La polemica che è seguita all’accordo su “Previdenza, lavoro e competitività” sottoscritto da governo e sindacati pone comunque aspetti di rilevante natura politica sul modo in cui gli stessi firmatari percepiscono i problemi in materia di lavoro. Questa polemica sembra destinata ad accentuarsi perché la Fiom aderirà alla manifestazione del 20 ottobre. Lo stesso referendum sull’accordo governo/sindacati che coinvolgerà i lavoratori nella prima decade di ottobre rischia di esserne condizionato. Una maggiore tolleranza è un requisito importante per lo sviluppo della dialettica. Lo stato di rassegnazione che invece si sta verificando suggerisce alcune considerazioni e pone interrogativi che necessitano di risposte chiare. Anzitutto a partire dai livelli occupativi, dalle retribuzioni e dai contratti di lavoro scaduti.
In tema di occupazione, ad esempio, l’Istat ha pubblicato la rilevazione sulle forze di lavoro per il periodo che va dal 2 aprile al 1 luglio 2007. Nel secondo semestre del 2007 l’occupazione ha registrato una crescita su base annua dello 0,5 per cento, confermando il rallentamento emerso nella precedenti rilevazioni. Nello stesso periodo il numero delle persone in cerca di occupazione è risultato in calo rispetto allo stesso periodo del 2006. La discesa dell’occupazione si associa all’ulteriore crescita del numero degli inattivi (+ 260.000 unità). Si legge nel comunicato stampa pubblicato dall’Istituto: “tale incremento, concentrato nelle regioni meridionali, riflette un diffuso sentimento di scoraggiamento che comporta una rinuncia alla ricerca attiva di lavoro”. Il numero delle persone in cerca di occupazione ha registrato una riduzione tendenziale sia della componente maschile (- 12,9 per cento, pari a – 100.000 unità) sia di quella femminile (- 12,9 per cento, pari a – 109.000 unità). Il calo è stato meno accentuato nel Nord, più sensibile nel Centro e particolarmente intenso, in termini assoluti oltre che percentuali, nel Mezzogiorno. Questo lo stesso dato su base annua: la componente maschile – 0,3 per cento, pari a – 50.000 unità; quella femminile – 0,5 per cento, pari a – 48.000 unità.Il tasso di inattività della popolazione tra 15 e 64 anni si è attestato al 37,5 per cento, cinque decimi di punto in più rispetto a un anno prima. Il tasso si è leggermente ridotto al Nord (dal 31,2 per cento al 31,1 per cento) mentre è cresciuto nel Centro (dal 33,1 per cento al 33,6 per cento) e soprattutto nel Mezzogiorno (dal 46,3 per cento al 47,7 per cento). Nella nostra isola questa tendenza si afferma ininterrottamente dal 2002.
Alla fine di luglio 2007 l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie ha registrato un incremento dell’1,8 per cento rispetto a luglio 2006, il più basso degli ultimi quattro anni. Lo comunica l’Istat il 3 settembre scorso, precisando che per riscontrare un tasso di crescita più basso bisogna risalire al mese di giugno 2003 (+ 1,7 per cento).
Nello stesso periodo i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore relativamente alla sola parte economica riguardano il 27,7 per cento degli occupati dipendenti; ad essi corrisponde una quota pari al 25,7 per cento del monte retributivo osservato. Ove non avvenissero rinnovi, la quota dei contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore osservabile ad agosto (25,6 per cento) resterebbe pressoché costante fino alla fine dell’anno, riducendosi a gennaio 2008 all’8,1 per cento. A gennaio 2008, il peso dei contratti scaduti da oltre tre mesi risulterebbe intorno ai tre quarti del totale (74,5 per cento), rispetto al 55,4 per cento di luglio 2007. Nello stesso periodo la quota di dipendenti in attesa di rinnovo è complessivamente pari al 72,3 per cento, in notevole aumento rispetto all’anno precedente (+ 39,3 per cento). I mesi di attesa per i lavoratori con il contratto scaduto sono in media 11,1 (7,9 per cento nel 2006). L’attesa media distribuita sul totale dei dipendenti è di 8,0 mesi (3,1 nel 2006). Nonostante il quadro fin qui delineato, le ore non lavorate per i conflitti originati dal rapporto di lavoro nel periodo gennaio-maggio 2007 sono state 824.000, il 63,4 per cento in meno rispetto al corrispondente periodo del 2006.
Fatte le considerazioni, come promesso, a questo punto chiediamo: perché la classe dirigente sindacale ha interesse ad aggirare il conflitto tra capitale e lavoro di cui dovrebbe essere la naturale sostenitrice? A chi giova l’assenza di conflitto? A chi giova, soprattutto in questa situazione, il balletto a sinistra per la sua unità?