Lo stato addosso
1 Maggio 2013Luigi Pintor
Pubblichiamo un corsivo di Luigi Pintor del 7 gennaio 1975 sull’inferno degli ospedali psichiatrici giudiziari (Red)
Invece che a palazzo Braschi, in Roma il procuratore generale conte Colli avrebbe dovuto inaugurare l’anno giudiziario in Pozzuoli, nel manicomio giudiziario. Per scanno, avrebbe potuto usare il letto di contenzione dove è morta in un rogo Antonia Bernardini, donna povera di mezza età. Le toghe di ermellino avrebbero fatto spicco tra le detenute di quel bagno penale. Il presidente della Repubblica, i ministri della giustizia e della sanità, il riformatore Aldo Moto, gli alti gradi della polizia e della burocrazia, insomma le “massime autorità dello Stato”, avrebbero potuto apprezzare di persona la bontà, e soprattutto l’efficienza, delle istituzioni da loro degnamente rappresentate. In questa storia di una innocente arsa viva c’è tutto. Questa donna aveva “addosso” lo Stato tutto intero.
Ogni pezzo di questo Stato, con una perfetta convergenza di meccanismi, ha concorso a perseguitarla e a ucciderla, in poco più di un anno. Dicono che il manicomio giudiziario di Pozzuoli sia un ex convento, dunque è logico che sia stato trasformato in un lager per sole donne. I letti di tortura vi abbondano, le iniezioni di zolfo come moderna terapia psichiatrica anche. Antonia Bernardini non è stata la prima a morirci tragicamente. Tuttavia il direttore di questo tempio di giustizia per malati e reietti non sarà arrestato, forse riceverà una cattedra. E’ anche parente dell’ex ministro Bosco, ed ha per assistenti delle suore affini a Maria Diletta Pagliuca. I manicomi giudiziari dovrebbero essere chiusi, i tavolacci dove si lega la gente sono fuori legge, dovrebbero essere dati alle fiamme. A Pozzuoli infatti è andata così, ma con una persona legata sopra. Leggiamo che il direttore del lager, buon burocrate che ha il senso del denaro e della pubblica proprietà, vuol far pagare agli eredi della donna morta il tavolaccio bruciato.
La presenza di un socialista ieri e di un repubblicano oggi al ministero di grazia e giustizia dà così i suoi buoni frutti per non parlare della presenza socialista e democristiana di sinistra al ministero della sanità. Ma perché questa infelice donna era capitata nel manicomio di Pozzuoli? Per aver fatto una fila alla biglietteria della stazione di Roma, aver perso la pazienza e avere “oltraggiato” un vigile, detto anche pubblico ufficiale. Invece di processarla e magari condannarla, per un così lodevole reato, i sacerdoti del potere giudiziario l’hanno tenuta “in attesa di giudizio” per più di un anno, in un manicomio. Accade a migliaia di persone, sole e dimenticate. Ora c’è un processo di meno da celebrare, e un funerale in più. Una riforma dei codici e una riforma carceraria seria non dovrebbero, come generalmente si crede, spazzar via queste incredibili nefandezze delle nostre istituzioni repressive, giudiziaria e psichiatrica, sanitaria e burocratica. Non basterebbe. Dovrebbero cominciare col ripristinare l’ergastolo e i letti di contenzione per i giudici che non giudicano, i medici che non curano, i politicanti e i ministri irresponsabili, i legislatori pigri, i detentori di un potere pubblico che perpetua simili meccanismi e si macchia di queste colpe.
Deplorando questa condanna a morte, eseguita a Pozzuoli con una versione speciale di sedia elettrica, gli psichiatri democratici dicono che la sentenza è stata eseguita “congiuntamente da due fra i più forti sistemi repressivi esistenti in Italia, quello giudiziario e quello psichiatrico”. Vero, ma questi sistemi hanno dei responsabili in carne ed ossa, tecnici e politici, che nessuno chiama mai seriamente in causa. Un piccolo gruppo di radicali sta manifestando sotto le finestre del ministro Reale perché faccia qualcosa, ma questo ministro saranno dieci anni che non ha fatto nulla ed è ministro lo stesso. Per fortuna, e in compenso, avanza la riforma sanitaria. Nel senso che gli ospedali, in cancrena, si sfasceranno sotto il regime delle regioni invece che del potere centrale.
Un medico napoletano ha dichiarato ieri che dal silenzio sulla riforma sanitaria, intesa come prevenzione, assistenza sul territorio, autogestione ecc., al tragico fatto di Pozzuoli “corre un filo diretto”. Non c’è dubbio, come ci corre con la prolusione del conte Colli, il governo della tregua sociale e degli equi sacrifici, l’inerzia parlamentare. Dalla coda di una biglietteria di stazione al manicomio e al cimitero di una cittadina del sud, con risarcimento postumo dei danni a carico della vittima in attesa di giudizio: un bell’itinerario, un esempio di civiltà latino-borghese. Ma per fortuna è una vicenda della notte del 31 dicembre 1974, anno duro per via della crisi petrolifera. Ora siamo nel 1975 anno di sicura ripresa, di riforme certe, di rinnovamento dello Stato: purché beninteso i cittadini abbiano fiducia, in questo Stato che certamente la merita; e diano una mano all’on. Moro, che è uomo di idee avanzate, capace di mandare una corona di fiori al cimitero di Pozzuoli, se fosse in Puglia.