Il mondo del web

16 Giugno 2013
Gianfranca Fois
“Il Web è una minaccia per la pace sociale”. “Twitter è una piaga della società, peggio di una bomba terroristica”. Ecco cosa dichiara Recep Tayyp Erdogan, primo ministro della Turchia, di fronte all’occupazione di piazza Taksim a Istanbul. E invoca leggi contro il Web, non il primo e sicuramente non l’ultimo. Senza dubbio la rete informatica e i social network hanno svolto una funzione importante nel corso delle primavera araba e delle manifestazioni turche ma definirli terroristici mostra solo miopia politica, chiusura interessata e autoritaria del potere alle istanze di una società che chiede cambiamenti. Infatti i bisogni, le aspirazioni delle persone esistono nel mondo reale, i social network hanno consentito e consentono di trasmetterli online e dar loro una fortissima e immediata spinta propulsiva che poi si esprime nelle migliaia di manifestanti che si riversano in piazza per lottare contro ingiustizie e abusi, per difendere o chiedere diritti. Alcuni mediattivisti ritengono che i mass media occidentali abbiano enfatizzato il ruolo della rete nelle primavere arabe con intenti consolatori e controrivoluzionari, nello stesso tempo inoltre la decisione che fu presa ad esempio dal governo egiziano di chiudere gli accessi ad internet spinse migliaia di cittadini in piazza perché a quel punto tutti volevano vedere ed essere presenti non più soltanto in modo virtuale. Anche in Italia, come abbiamo visto con il movimento di Grillo, si è enfatizzata l’ importanza del web, senza riflettere, fra l’altro, sul fatto che una gran massa di cittadini non è in grado di connettersi alla rete sia per motivi economici sia per età sia perché la possibilità di connessione in Italia, a differenza di altri paesi, non è capillare, numerose zone rimangono infatti fuori. Senza contare che comunque ci sono oggettive difficoltà di trasparenza e di controllo democratico. Ciò che comunque colpisce sono, ad esempio su facebook, immagini, slogan, video e relativi commenti violenti e sguaiati nella loro estrema semplificazione e superficialità. Si alimentano e compattano così rabbia e odio e, sicuramente, non si invita alla riflessione e al ragionamento. Certo i social network non sono il luogo della memoria e della rielaborazione, tutto viene consumato hic et nunc, ma proprio in questo modo la protesta di tanti, in gran parte motivata da esigenze reali, si è, per il momento, incanalata nella via democratica delle elezioni politiche, soprattutto con il voto al movimento di Grillo. Questo sentimento di indignazione che si sta trasformando in rancore e rabbia, vista la delusione per il movimento cinque stelle, può, almeno in parte, spiegare il fenomeno dell’assenteismo in occasione delle ultime elezioni amministrative ma il timore è che, a causa dell’aggravarsi della crisi economica politica e sociale, possa dar vita a movimenti alla mercé di leader senza scrupoli ma in grado di far emergere sempre più atteggiamenti egoisti, razzisti e antidemocratici nelle persone, trasformandole in folla, in massa acritica. Comunque sia la rete ha invaso le nostre vite, ha monopolizzato il tempo libero, e non solo, di un gran numero di persone in modo così profondo da determinare cambiamenti antropologici ancora da studiare approfonditamente. Vorrei soltanto brevemente aggiungere qualche riflessione sull’uso di alcune delle parole “chiave” utilizzate nei social network o nella rete: amicizia, social e navigare. Anche qui, come in altri ambiti, le parole hanno perso il loro significato originale, sono state rivoltate e utilizzate per indicare realtà diverse.
L’amicizia, così come è stata sempre sempre intesa, significa sentimento, vicinanza, anche fisica, scambi e relazioni profonde d’affetto e di pensiero, nei socia-network chiunque si connetta con te assume la definizione di amico. Allo stesso modo social evoca una società democratica mentre nel caso della rete gli utenti sono eterodiretti da entità nebulose e sconosciute nella loro fisicità che controllano e memorizzano tutto ciò  che scrivi, che scegli, che “ti piace” e sono pronti a sfruttare questo sia dal punto di vista economico sia nel momento in cui ti vengono proposte l’amicizia di persone e l’inserimento in gruppi in linea con le tue caratteristiche, confermando e rafforzando le tue idee e rinchiudendoti così in un mondo virtuale che solo parzialmente riflette il mondo reale. Sicuramente infatti l’uso spesso compulsivo di facebook e simili trova una delle sue spiegazioni nello sfrenato individualismo dei nostri tempi che rende difficile fare e consolidare amicizie reali, nella sparizione dei vecchi luoghi di incontro e di scambi di idee e riflessioni (piazza, sedi di partito ecc.). Ed infine la parola navigare che evoca libertà, viaggi per mete lontane magari sconosciute ma che ciascuno sceglie liberamente, questa libertà non appartiene al mondo della rete, si “naviga” infatti all’interno di ciò che stabiliscono i potenti motori di ricerca. A questo punto ci si potrebbe domandare se ci sia la possibilità di un uso diverso, democratico di questi potenti new mass-media (che Macluhan mi perdoni). Forse si, alcuni sostengono, come ad esempio Peter Weibel, “la speranza che con il social network anche il mondo globale sarà governato con ragionevoli principi umani”. Per il momento mi sembra più interessante fare riferimento all’esperienza dell’Egitto riportata dallo scrittore Mitra Azar che racconta alcuni progetti o realizzazioni  di giovani egiziani per riuscire a far controinformazione attraverso nuclei indipendenti di cittadini disseminati nei diversi territori, una sorta di citzen journalism (termine che non riesce comunque a dar conto del loro sentire civico), che con l’uso di media tradizionali ma soprattutto con  i new media, rete, telefonini, ipad e iphone, attraverso portali di diffusione autonoma riescono a dar vita a una forma di cittadinanza attiva, pronta, in tempo reale, a rispondere alle bugie e alla disinformazione del regime.  Si tratta certamente di esperienze molto parziali e dettate da situazioni di emergenza, ma comunque ci indicano che può esistere una possibilità di cambiamento.

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