Notti padane. I giovani al potere
1 Settembre 2009Valeria Piasentà
La Fondazione Nord-Est di Treviso ha monitorato il fenomeno dell’emergente classe dirigente leghista, la generazione nata intorno al ’68 dei Bricolo, dei Tosi, degli Zaia che succede a quella dei Borghezio, dei Calderoli, dei Maroni. Si tratta di «laureati, colti, esperti nelle lingue straniere e con capacità amministrative, molti uomini ma tantissime donne. Questa è la fotografia della Nuova Lega, quella che ha studiato per invadere tutte le amministrazioni» e arrivati ai posti di comando politico col sistema dello spoil system occupare i CdA di fondazioni e aziende. Dopo il successo alle ultime elezioni ora si candidano alle regionali del 2010 rivendicando le presidenze di tutto il nord padano, come Cota in Piemonte. Vediamo qualche caso particolare, e a Novara siamo fortunati: ne abbiamo almeno due. Due coetanei compagni di partito e di professione (anche se pochissimo praticata), due amici con storie singolarmente parallele. Roberto Cota, avvocato figlio di avvocato, è nato il 1968 e attivo nella Lega dal 1990. Dalle Segreterie locali all’Assessorato per la cultura del Comune alla Regione, arriva direttamente in parlamento come Sottosegretario alle Attività Produttive nel 2004, su segnalazione del partito perché non è stato eletto dal popolo e si candiderà solo nel 2006. In qualità di portavoce e presidente dei deputati leghisti, sta cavalcando tutte le rivendicazioni: dalle impronte ai bambini rom, all’esame di dialetto per i docenti. Il 20 agosto, mentre si compiva la strage dei profughi eritrei, Cota ha dichiarato «La cittadinanza non si può dare ne’ all’ultimo che arriva ne’ a chi nasce per caso sul nostro territorio». Il giorno successivo (vivificando una querelle verso Mercedes Bresso) non ha trovato di meglio che occuparsi dello stato di trascuratezza della tomba di Cavour. Il 25 agosto definisce “comunista” mons. Marchetto (del Pontificio Consiglio per i Migranti), poi lo troviamo ‘amico’ dei leghisti di Mirano nella pubblicazione di un manifesto che invita a torturare gli immigrati. Tuttavia Cota è molto popolare qui, ha fatto della ‘novaresità’ un valore: a ogni occasione ripete che «Novara è una capitale della Padania». Massimo Giordano, avvocato figlio di avvocato, nato il 1969 è sindaco da due legislature, da qualche mese è nel CdA di Alenia (Finmeccanica). Vi ho già raccontato alcune iniziative del nostro sindaco, ora vieta vendita e consumo serali di alcolici ma solo nell’area della stazione e in un quartiere popolare di Novara; dicendo «La ricreazione è finita!» ha bloccato sette matrimoni misti; ha lanciato la composizione di una mappa interattiva della città con visualizzazione immediata di dati anagrafici, permessi di soggiorno, foto e carte di identità dei residenti: saremo tutti schedati. Entrata in possesso del castello, l’amministrazione comunale l’ha privatizzato in fondazione per farlo «cittadella della cultura» e ha iniziato una serie di restauri e costruzioni molto criticati (www.astrea.it), protesta Italia Nostra e il FAI l’annovera fra le «brutture nazionali da cancellare». Si mobilitano gli intellettuali come il medievalista all’Università Cattolica di Milano, il più raffinato e colto storico locale, Giancarlo Andenna. E che fa il nostro sindaco? rilancia con la solita demagogica parola d’ordine dell’identità. Ma Novara non è mai stata sede di Corte e il castello è semmai emblema degli invasori (milanesi o spagnoli poco importa, di fatto non erano cittadini) che si sono alternati nel dominio. Altri sono i simboli identitari dei novaresi invece il castello è stato per secoli e fino agli anni ’70 un carcere: il luogo più sinistro della città. Dopo la ronda delle guardie carcerarie sorge lecito un dubbio: si tratta di ignoranza o di lapsus freudiano? In ogni caso, Cota farebbe meglio a imporre non agli insegnanti ma agli amministratori lo studio della storia locale – anche generale… – specie ai sindaci e agli assessori alla cultura dalle stravaganti provenienze (culturali, non geografiche). Considerate pericoloso per la democrazia questo tipo di quarantenne in politica? niente paura: la Lega ‘di lotta e di governo’ si è già adattata alla tradizione sostituendo al tipo arcaico del politico ruspante e all’attuale tipo del manager organico all’ideologia, quello aristocratico preunitario del ‘figlio di papà’: oggi più che la meritocrazia sembra funzionare la regale ‘linea del sangue’ . Il futuro della Lega ha la faccia di Renzo Bossi che ora vuol fare l’economista e si vede pranzare illecitamente negli spazi riservati agli onorevoli nel ristorante di Montecitorio, frequentare i locali trendy di Milano e della Costa Smeralda fra veline, tronisti e altri figli delle caste italiche facendosi fotografare alla ricerca di visibilità mediatica. Anche in casa Bossi ha vinto il modello politico-televisivo berlusconiano? Ma non sottovalutiamo i messaggi e le azioni della Lega, c’è un piano ed è preciso: riguarda la divisione del Paese in tre blocchi organizzati dai rispettivi partiti indipendentisti, questo giustificherebbe anche il versamento di 700.000 euro elargiti nel 2007-08 dalla Lega Nord al MpA di Lombardo (Report 15.03.09), nonché l’espansione politica organizzata metodicamente in Sardegna. Per arrivare al potere occorre ‘costruire l’elettore’, a partire dalla sua mentalità. Il percorso della Lega è manifesto: verso il popolo si agisce per formare un sentimento di forte coesione interna con esclusione di tutte le culture diverse, usando quei linguaggi e quelle forme rituali che spesso caratterizzano le sette o certe tifoserie calcistiche; arrivati al governo si insediano i posti di potere: oggi la Lega è ai vertici di Sea (aeroporti milanesi), RAI, Inail, SOGE (Expo 2015), Cinecittà Luce, varie ASL del nord, ecc. (Libero 16.6.2009) e sta assediando i Tg di RAI3, per i quali il giovane ministro Zaia propone la lettura delle notizie in dialetto. “Quello che vogliamo noi e’ quello che vuole la gente”, sostiene Cota.
1 Settembre 2009 alle 09:40
Sul libro “Voglia di comunità” di Zygmunt Bauman si dice: ” La comunità ci manca perchè ci manca la sicurezza….e “l’insicurezza attanaglia tutti noi, immersi come siamo in un impalpabile e imprevedibile mondo fatto di flessibilità, competitività ed endemica incertezza”….e “siamo indotti a cercare,soluzioni personali a contraddizioni sistemiche;cerchiamo la salvezza individuale da problemi comuni” e “tale strategia ha ben poche speranze di sortire gli effetti desiderati, dal momento che non intacca le radici stesse dell’insicurezza”. L’arresto del processo di integrazione europeo lasciatoci in eredità dai nostri padri più lungimiranti, progetto di ampio respiro, investimento a lungo termine, avente l’obiettivo di realizzare un mondo pacificato e coeso, ha secondo me lasciato ampi spazi vuoti che sono stati riempiti, nell’assenza di leaders all’altezza del loro compito, dai progetti a breve,brevissimo termine quali la soddisfazione dei sentimenti provenienti “dalla pancia” degli elettori .