Padania libera!
1 Ottobre 2009Valeria Piasentà
«Bossi regalaci il Piemonte. Vogliamo Cota in Regione» è la preghiera della Lega Nord Piemont per il 2010, espressa l’11 settembre all’annuale Festa dei popoli padani. I fedeli vogliono in regalo l’amministrazione di una regione col potere assoluto su quello che ci cresce sopra. E lo chiedono a Bossi. Nella mitopeia leghista ciò è possibile infatti, specie nei raduni, Umberto Bossi è percepito dai suoi seguaci come il santo a cui rivolgersi per una intercessione e una grazia, o il Bambin Gesù cui si invia l’elenco dei doni desiderati. Bossi è l’officiante, il gran sacerdote di un rito pagano che si
ripete da tredici anni: l’idea di Padania nasce fra maggio e settembre 1996 con il Governo della Padania insediato a Mantova e contrapposto al nazionale, e la prima Festa per l’autodeterminazione dei popoli. A Pian del Re nel Piemonte cuneese, alle sorgenti del Po – già detto Eridano – a oltre
2000 metri di altitudine sul Monviso, Bossi raccolse l’acqua del fiume in una ‘sacra ampolla’ di vetro, l’elevò in onore del dio Eridano e mise in scena il capodanno (con l’acqua lustrale e battesimale) della Lega. Dei quattro elementi fondamentali – terra, fuoco, aria, acqua – l’acqua rappresenta il principio indispensabile alla creazione, brodo primordiale e liquido amniotico. Il cunicolo di una sorgente è un passaggio fra gli inferi e il mondo dei vivi, di lì il dio Eridano salì in cielo per trasformarsi in costellazione; presso le sorgenti ‘abitano’ ninfe, dei e profeti, anticamente lì si erigevano templi silvestri – i Celti segnavano così i loro confini – e si propiziava il futuro: l’acqua è magica e sacra. Poi l’acqua del Po fu religiosamente custodita e condotta in processione lungo quel fiume che attraversa le grandi regioni del Nord e la pianura, fino alla foce. «La raccolta dell’acqua è un gesto che collega tutta la pianura padana. Simbolo della speranza degli elettori da trasformare in realtà» (Bossi-Pian del Re 2009), il fiume col suo corso fertilizza la pianura (acqua germinatrice e sperma della terra) affratellando i popoli che abitano e coltivano quella terra-madre. Lungo il percorso con una catena umana si organizzarono le soste per i comizi – fra feste e cibi tradizionali, falò notturni e simboli, inni e vessilli territoriali – analoghe alle stazioni che cadenzano le processioni religiose. Il rito durò tre giorni (3 è numero magico per eccellenza, e 3 erano i giorni delle processioni rogazionali cristiane per propiziarsi i frutti della terra). Nella laguna di Venezia l’acqua pura di sorgente – che rimanda alla purezza della ‘razza padana’ – venne rilasciata in mare durante una celebrazione carica di profezie con la dichiarazione di sovranità e indipendenza, la presentazione della Costituzione e della Carta dei diritti del popolo padano. Negli anni la drammaturgia dell’evento ha lasciato spazio a varianti: ora l’acqua del Po viene addizionata con quelle dell’Olona e dell’Adige; Bossi fa bere l’acqua a una bambina (acqua miracolosa, acqua di Lourdes); spruzza i convenuti come il prete asperge la processione sul sagrato (acqua santa); la versa sulla testa dei bambini (acqua battesimale) bagnando anche la sua e quella del ministro Calderoli. Poi il rito è diventato periodico e da anni si mette in scena una liturgia che con le ripetizioni determina delle permanenze. Qui la scoperta di una identità condivisa non si basa sulla ricerca storica e sulla elaborazione critica ma sulla creazione di una storia mitica con l’ausilio di studi antropologici, utilizzando i codici del linguaggio ed elaborando una ritualità mutuata dalla festa profana e dai riti della Chiesa. Si è costruita una pseudo-tradizione partendo da una intuizione comunicativa di raffinato intellettualismo (Brunetta lo sa?) per coagulare il sentimento popolare utile alle esigenze di una ristretta élite che, necessitando di una efficace strategia di costruzione del consenso per raggiungere il controllo del territorio, la ottiene con la manipolazione dell’immaginario collettivo come dallo sfruttamento di paure e desideri legati agli impulsi e ai bisogni più profondi e ancestrali dell’uomo. Fra una forzata costruzione culturale dell’identità e il culto della personalità, l’invenzione e l’uso di un vasto apparato simbolico dove il colore verde domina, nasce e si conferma con la ciclicità il sentimento di appartenenza. Mentre si rafforza il senso di dipendenza da parole e gesti del capo carismatico, quel preveggente e virile condottiero (ultimamente anche crociato) che realizza i sogni, che è magico come un fondatore o un re taumaturgo capostipite di una dinastia. Così, forzando la storia e la cultura di popoli e città molto diversi e fino all’Unità d’Italia fra loro antagonisti e spesso belligeranti, si giustifica un’invenzione recente e pretestuosa – un’idea di macroregione, di Stato nello Stato – quella Padania mai esistita prima e che oggi è una realtà grazie alla Lega. Perché ora della Padania si parla definendola con una parola specifica: quindi la Padania esiste, almeno nell’immaginario del suo popolo. Se Berlusconi dice di relazionarsi all’elettore come a un dodicenne, Bossi rivolgendosi al suo seguace parla direttamente all’animale naturale, pre-storico e pre-razionale, che abita l’uomo padano. Nutrite ancora dubbi sull’elezione di Cota? forse a ragione, perché in questo tredicesimo anno per la prima volta la celebrazione è stata funestata dalle contestazioni (che unite al 13 devono portare di un male…): La Destra ha rivendicato l’orgoglio nazionale sventolando tricolori e srotolandone uno di 15 metri; poi si è allestito il presidio del PRC «Dimostriamo contro le buffonate leghiste», a svelare l’artificio che sta dietro un colto congegno comunicativo. Infine Dario Franceschini col PD locale il 26 settembre ha piantato una bandiera italiana, una europea e una occitana alle sorgenti del Po perché «Pian del Re è stato violato per tanti anni». Il re è nudo?