Immigrati e sicurezza sociale
1 Aprile 2014Michela Angius
Gli immigrati e il sistema di sicurezza sociale. E’ questo il tema inserito dalla Commissione Europea nel contesto dell’European Migration Network, un programma che in Italia fa capo al Ministero dell’Interno e che si è avvalso del contributo del Centro Studi e Ricerche Idos.
In Italia, l’accesso degli immigrati al welfare è una questione molto delicata e fortemente dibattuta. Probabilmente alcune delle conclusioni del VII Rapporto European Migration Network faranno storcere il naso a molti dato che la presenza degli immigrati si traduce in un vero e proprio beneficio per gli italiani.
Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione italiana fa sì che il 90% del budget complessivo per la sicurezza sociale sia destinato alle pensioni di anzianità e superstiti (60.8%), e alla malattia e salute (31.5%). La situazione per gli immigrati che vivono in Italia è invece molto diversa. Sono contributori, ma non fruitori. Perché? Innanzitutto sono più giovani degli italiani, hanno un livello più alto di nascite, e nel 2011 appena il 3% aveva più di 65 anni. Ciò significa che nonostante gli stranieri contribuiscano al sistema di sicurezza sociale, in quanto popolazione giovane usufruiscono meno delle prestazioni pensionistiche e di quelle legate alla salute. Solo lo 0.2% di chi percepisce una pensione previdenziale è extracomunitario.
Le stime dicono che anche in futuro gli immigrati pensionati saranno pochi e coloro che decideranno di rimanere a vivere in Italia riceveranno una pensione minore di quella percepita da una buona parte di italiani (peraltro già molto bassa), perché i loro contributi sono calcolati su una retribuzione che generalmente è del 25% inferiore di quella dei lavoratori italiani. Ciò contribuirà all’incremento del numero di persone povere e costituirà un serio problema proprio rispetto alla sicurezza sociale. Dunque esiste un rischio concreto di emarginazione e esclusione sociale per gli immigrati di prima generazione, sebbene con il loro lavoro (e non solo) contribuiscano positivamente alla crescita dell’Italia.
Negli altri ambiti della sicurezza sociale (esclusione sociale, famiglia e minori, disoccupazione), l’Italia investe meno della media UE28 e chi ne fa maggiormente le spese sono proprio gli immigrati che tra l’altro sono quelli più colpiti dalla crisi. Le coppie di stranieri con figli in cui vi è almeno un disoccupato sono passate dal 13% nel 2008 al 21.3% nel 2012. Se è certo che gli immigrati fruiscono in maggior misura delle indennità di disoccupazione (agricola e non agricola) e della cassa integrazione guadagni ordinaria, è però anche vero che queste voci di spesa hanno una copertura finanziaria più bassa rispetto alla spesa pensionistica. E’ quindi ragionevole pensare che il supporto fornito dallo Stato non sia adeguato a coprire l’intero fabbisogno.
Tra l’altro gli immigrati sono occupati prevalentemente in lavori a bassa qualificazione che gli italiani non vogliono più svolgere, ad esempio le collaborazioni domestiche. Oggi gli stranieri impiegati in questo settore sono una risorsa preziosa per le famiglie e soprattutto per il sistema di welfare che riduce il suo intervento pubblico, delegando agli immigrati compiti quali l’assistenza di persone anziane e malate o il baby sitting. Le previsioni demografiche indicano che anche in futuro la necessità di assistenza familiare aumenterà e di conseguenza il lavoro degli stranieri in questo settore risponderà ad uno specifico bisogno connesso all’invecchiamento della popolazione italiana.
Un Paese moderno dovrebbe considerare la sicurezza sociale come un importante strumento di inclusione in grado di proteggere gli individui da una serie di rischi come la disoccupazione, l’invalidità e la malattia. E’ quindi fondamentale se si vuole ottenere la riduzione di povertà e disuguaglianze. Perché questi obiettivi siano effettivamente raggiunti, è necessario aumentare gli investimenti e impegnarsi attivamente nella promozione di principi e diritti sociali non solo a livello simbolico.
*Immagine: disegno di bambini migranti