Bye bye Galsi, arrivano i rigassificatori?
16 Maggio 2014
Stefano Deliperi
L’aveva già detto nel novembre 2013 l’allora Assessore regionale dell’industria Antonio Angelo Liori, ma ora è ufficiale: la nuova Giunta Pigliaru ha deciso (deliberazione n. 17/14 del 13 maggio 2014) definitivamente di far uscire la Regione autonoma della Sardegna dall’ormai tramontato progetto di gasdotto Galsi s.p.a. con tutte le sue negative conseguenze.
La società finanziaria regionale SFIRS s.p.a. è autorizzata a dismettere la partecipazione societaria (11,6%) che i restanti soci sono obbligati ad acquistare, consentendo il recupero quasi integrale degli 11,65 milioni di euro investiti nel 2003.
Questo – secondo quanto annunciato dall’Esecutivo Pigliaru – non significa rinunciare all’utilizzo del gas naturale in Sardegna: “l’uscita da Galsi non può in alcun modo interrompere il processo di metanizzazione già avviato con la realizzazione, attualmente in corso, delle reti urbane di distribuzione del gas (per le quali vengono dichiarati finanziamenti complessivi pari a 660 milioni di euro, 440 privati + 220 pubblici, n.d.r.), il cui completamento richiede la costruzione di una dorsale di trasporto e delle relative reti intermedie di collegamento. Anzi usciamo da Galsi proprio per rilanciare la metanizzazione della Sardegna. Non possiamo continuare a stare fermi su un tema strategico per lo sviluppo della nostra regione”. Il prossimo 19 maggio 2014 è previsto un incontro con il Governo nazionale per l’esame delle alternative e un gruppo di lavoro interassessoriale viene costituito per “monitorare e accelerare i progetti di intervento dei privati che devono realizzare le reti di distribuzione del gas”.
Senza dubbio l’abbandono del progetto Galsi s.p.a. significa non doversi più confrontare con un tracciato disastroso sul piano ambientale e sociale.
Prende sempre più quota l’ipotesi della realizzazione di rigassificatori. La Sardegna potrebbe a breve ritrovarsene due, uno a Porto Torres (SS) e uno a Sarroch (CA).
Gli obiettivi dichiarati sono quelli di abbassare il costo di produzione dell’energia (in Sardegna ben maggiore che nel resto d’Italia) e dare una risposta alla relativa domanda interna.
Ma è tutto oro quel che luccica?
Il gas naturaleè una fonte di energia di origine fossile, come il carbone e il petrolio, avente disponibilità non illimitata (i quantitativi di gas naturale complessivamente disponibili a livello mondiale equivalgono ad oltre 280 volte gli attuali consumi mondiali, circa 3.000 miliardi di metri cubi, dati International Energy Agency – I.E.A., 2008) e il cui utilizzo comporta l’emissione di gas serra e di altri inquinanti atmosferici, però in misura sensibilmente inferiore rispetto agli altri combustibili fossili.
Infatti, a parità di energia prodotta, la combustione del gas naturale emette circa il 75% dell’anidride carbonica (CO2) prodotta dall’olio combustibile e circa il 50% di quella prodotta dal carbone. Inoltre, contiene poco zolfo per cui produce pochissimi ossidi di zolfo e anche le emissioni di ossidi di azoto sono in genere contenute). In relazione alle sue caratteristiche, il gas naturale è il combustibile privilegiato per l’alimentazione dei sistemi di conversione dell’energia ad alta efficienza e a basso impatto ambientale (turbine a gas, celle a combustibile, impianti combinati, caldaie a condensazione, etc.).
Nell’attuale fase di transizione dal presente sistema energetico mondiale imperniato sulle fonti fossili al futuro sistema basato sulle fonti rinnovabili, il gas naturale rappresenta certo un’utile soluzione temporanea. In tal senso, l’impiego del gas naturale, in sostituzione di altre fonti fossili come derivati petroliferi e carbone, appare senza dubbio auspicabile (l’I.E.A. prevede in proposito che nel 2030 gli impieghi del gas naturale cresceranno di circa il 40% rispetto a quelli attuali).
L’Unione Europea, per l’attuazione degli obiettivi del protocollo di Kyoto, ha recentemente presentato il pacchetto clima-energia (meglio noto come pacchetto 20-20-20), costituito da un insieme di direttive ratificate dal Parlamento Europeo nel dicembre 2008, mediante le quali mira, entro il 2020, a ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra e del 20% il consumo finale di energia e, contemporaneamente, punta ad aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili rispetto ai valori del 2005. Ad ogni Stato membro è assegnato uno specifico obiettivo nazionale.
Per l’Italia è previsto un obiettivo vincolante per le fonti rinnovabili pari al 17% dei consumi finali lordi di energia e una decurtazione del 13% rispetto ai livelli del 2005 delle emissioni di CO2 per i settori civile, agricoltura, trasporti.
In Sardegna, non esiste attualmente una complessiva rete di distribuzione del gas naturale. La potenza elettrica installata (2012) è pari a 5.010 MW: gli impianti termoelettrici rappresentano 3.066 MW (61%), le centrali eoliche ben 962 MW (19%), gli impianti fotovoltaici costituiscono 521 MW (11%), mentre gli impianti idroelettrici hanno una potenza installata pari a 461 MW (9%). La produzione di energia elettrica isolana si divide in produzioni da fonti termoelettriche per l’82% e in produzione da fonti rinnovabili per il 18% (fonte eolica 8% + fonte bioenergetica 5% + fonte idroelettrica 3% + fonte solare 3%).
In Italia, complessivamente, la maggior parte delle centrali termoelettriche sono alimentate a gas naturale (63,5% del totale termoelettrico nel 2011), carbone (19,6%) e derivati petroliferi (3,7%). Percentuali minori (circa il 2%) fanno riferimento a gas derivati (gas di acciaieria, di altoforno, di cokeria, di raffineria) e a un generico paniere di “altri combustibili” solidi (circa il 10,7%) in cui sono comprese diverse fonti combustibili “minori”, sia fossili che rinnovabili (biomassa, rifiuti, coke di petrolio, Orimulsion, bitume e altri) (dati Terna” 2011, Dati di produzione (pdf)).
Le fonti rinnovabili (e assimilabili) contribuiscono (2011) per il 27,4% della produzione totale nazionale (13,7% fonte idroelettrica + 1,6% fonte geotermica + 3,1% fonte fotovoltaica + 2,8% fonte eolica + 3,24% fonti assimilabili).
Altro elemento importante da considerare è quello della dipendenza esterna: l’Unione Europea ha una media complessiva del 50%, l’Italia dell’85%, la Sardegna del 94% (anno 2003). Sotto tali aspetti il ricorso al gas naturale – in particolar modo per la Sardegna – non può che essere visto in linea di massima quale positivo per il medio termine, ma non bisogna dimenticare che, a causa della normativa italiana che concedeva sussidi economici e fiscali anche alle fonti cosiddette assimilate alle rinnovabili (definizione tutta italiana e senza riscontri in Europa), tuttora e ancora per lunghi anni sarà utilizzata obbligatoriamente l’energia prodotta attraverso la combustione di scorie di raffineria degli impianti Targas (Gruppo Saras s.p.a.).
Oltre all’utilizzo obbligatorio di ipocrite e costose fonti assimilate alle rinnovabili (come quelle prodotte dagli impianti Targas), dev’essere assolutamente preso in considerazione il già insostenibilepesoambientale e sanitario gravante sulle aree di Porto Torres e di Sarroch, ben noto e finora non adeguatamente affrontato, senza dimenticare l’aggravio di traffico marittimo pericoloso nel Golfo dell’Asinara e nel Golfo di Cagliari.
Senza dimenticare che – per la loro pericolosità intrinseca – sono considerati impianti a rischio di incidente rilevante (direttive n. 82/501/CEE, n. 96/82/CEE, n. 2003/105/CE, 2012/18/UE).
Inoltre, l’ipotesi di utilizzare il tracciato progettato per il gasdotto Galsi s.p.a. per la rete metanifera isolana riproporrebbe i pesanti impatti ambientali, decisamente fuori luogo e da respingere.
Come si può facilmente comprendere, non si tratta di decisioni da prendere con superficialità, ma da sottoporre a una reale ed efficace procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.), scevra da pregiudizi e decisioni precostituite, e – perché no? – da una procedura di consultazione pubblica preventiva aperta all’intera collettività regionale.
16 Maggio 2014 alle 08:02
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