Dall’ergastolo
16 Giugno 2014Graziano Pintori
La casa editrice L’Ultima Spiaggia, diretta da Marco Parodi, con all’attivo diverse pubblicazioni sull’antifascismo e sul confino politico, ha deciso di stampare una nuova edizione del libro Dall’ergastolo(1). L’autore è Luigi Podda, classe 1924 pastore di Orgosolo, comunista, antifascista e partigiano; successivamente ergastolano e scrittore. Nel settembre del 1950 fu accusato con altri orgolesi della strage di Sa Ferula, dove furono trucidati tre carabinieri che facevano da scorta ad un mezzo che trasportava gli stipendi dei dipendenti dell’ERLAS, altri due civili furono feriti gravemente. Podda nonostante la grave accusa era sereno, perché contava circa quaranta testimoni che sostenevano la sua presenza nelle campagne di Orgosolo, dove lavorava la sua terra, distante circa venticinque chilometri dal luogo dell’eccidio. Tra la gente sarda era diffusa l’opinione, sia prima sia dopo l’ultima guerra, che lo Stato avesse il volto dell’esattore e del carabiniere ed esercitasse, secondo la logica colonialista, forme di repressione che in Sardegna erano rivolte in modo particolare ai pastori e alle loro comunità, definiti delinquenti abituali. Podda scrive: “…era di moda l’orgosolismo: qualsiasi reato fosse commesso in Sardegna, doveva esserci implicato qualche orgolese”. Sotto questo clima prese consistenza la tragedia umana di Luigi Podda, il quale doveva sostenere la fondatezza delle quaranta testimonianze davanti alle accuse di un inattendibile quanto impreciso collaboratore dei carabinieri, implicato nella strage, fatte proprie dalla pubblica accusa che riuscì a condannarlo all’ergastolo. Si precisa che il PM durante il processo di primo grado era rappresentato dal giudice sardo Giovanni Coco, divenuto Procuratore Generale di Genova dove al processo d’appello venne confermata la condanna all’ergastolo. La figura rigida e patetica del P.G. Coco ricorre nella vicenda di Podda fino alla vigilia dell’ottenimento della Grazia, anno 1976, quando il giudice espresse le sue perplessità perché “…giudicava pericoloso un ritorno del Podda in Sardegna”. Un giudizio che contribuì a tenere l’ex ergastolano al confino per altri dieci anni. Dalle pagine del libro emerge che il pastore partigiano affrontò il sistema carcerario quasi con sfida, non abbassò gli occhi e la testa davanti al potere assoluto del reclusorio, non si lasciò annientare come altri “…internati che non parlano perché nessuno li ascolta, non camminano perché non sanno dove andare, sbavano perché non c’è una ragione per non farlo”(2). All’ergastolo si era alfabetizzato nutrendo la coscienza di importanti letture, divenne un uomo civile e costruttore di civiltà; non banalizzò mai la vita e il vivere quotidiano nonostante la tremenda ingiustizia l’avesse incatenato, escludendolo dalla società civile. La lettura Dall’ergastolo ci presenta un recluso impegnato con proposte, suggerimenti e soluzioni per rendere le carceri più umane e lontane dalla tragica definizione: Cimitero dei vivi”(3).Mise in risalto il sovraffollamento e l’ingiustificata lontananza dai luoghi di origine dei carcerati, non trascurò le problematiche legate alla professionalizzazione del personale carcerario, alla sessualità, agli affetti, all’omosessualità, al vitto. Respingeva la teoria razzista secondo cui il condannato veniva definito irrecuperabile sotto l’aspetto materiale e morale, scriveva: “…delinquenti non si nasce ma si diventa in una società classista e ingiusta, in cui si è sfruttati, ingannati repressi e perseguitati”. L’impegno civile di Podda dall’ergastolo è il segno di un uomo resistente, figlio di quella cultura che G.Lilliu ha definito: “La costante resistenziale sarda” (4). Egli era pastore di Barbagia, con cultura e codici ben radicati e vivi nella comunità di provenienza, la quale mai lo ha ripudiato e mai gli ha negato la propria solidarietà. Con la sua corazza di umanità scelse di essere partigiano, antifascista e comunista, contribuì alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo convinto di riscattare anche la sua terra, tenuta ai margini non solo dalla geografia e dalla povertà, ma soprattutto dall’ufficialità delle scelte economiche e sociali. Luigi Podda fu partigiano dal gennaio 1944 fino al 25 aprile 1945, sedici mesi di azioni che lo resero famoso con il nome di battaglia Corvo in terra friulana e slovena, lì contribuì a dare vita al leggendario Battaglione Triestino, operante nelle alture carsiche, al comando del IX Corpus Sloveno; in questa scelta coinvolse alcune decine di barbaricini, già suoi commilitoni. Con alcuni di questi fu tra i protagonisti dell’assalto all’aeroporto di Ronchi dei Legionari, luogo in cui distrussero, con il lancio di bombe a mano e molotov, diversi aerei dell’aviazione tedesca. Il suo libro, Dall’ergastolo fu utile per la conoscenza dei nomi di tanti partigiani sardi ancora sconosciuti.
Luigi Podda nonostante il fine pena mai ha dimostrato di essere un vero combattente per la libertà, la pace e la democrazia; è sempre stato cosciente di aver contribuito a mettere i primi mattoni nella storia della Repubblica e di aver ispirato, come tutti i partigiani, i padri costituzionalisti a scrivere la Carta, quella che ancora oggi sostiene il nostro ordinamento democratico. Una forza che gli proveniva dal fatto di sentirsi profondamente innocente e infamato da quella giustizia che arrestava i partigiani spesse volte giudicati e custoditi, nonostante il sistema democratico, da fascisti culturalmente funzionali al Codice Rocco. Un uomo di questo lignaggio dopo più di un quarto di secolo trascorso nelle galere non poteva continuare a essere sottratto alla vita, non poteva essere condannato a morte da vivo. Per la sua innocenza e per la sua libertà presero convinta posizione Lussu, Terracini, Basso, Galante Garrone, Parri, Longo, Amendola, Pirastu e il partigiano Medaglia d’Oro Arrigo Boldrini, Presidente dell’ANPI nazionale. Di lui scrissero il Corriere della Sera, Il Quotidiano dei Lavoratori, Paese Sera, L’Unità, La Nuova Sardegna, L’Unione Sarda e tante altre testate. L’Amministrazione Comunale di Orgosolo, interprete della volontà popolare, deliberò un appello rivolto all’opinione pubblica dell’isola, si chiedeva l’immediata libertà e piena riabilitazione per Podda e gli altri orgolesi, ingiustamente condannati alla morte civile. L’ingiustizia subita dal pastore partigiano non tardò a divenire un caso nazionale. Una vergogna per la Repubblica Italiana
(1) Edizioni-La Pietra, Milano 1976 – introduzione di Enzo Nizza
(2) Postfazione di Franco e Franca Basaglia- Asylums Le Istituzioni Totali: i meccanismi della reclusione e della violenza di Erving Goffman, Biblioteca Einaudi 1968
(3) Filippo Turati – Discorso alla Camera dei Deputati – 1904 –
(4) Giovanni Lilliu-La Costante Resistenziale Sarda – a cura di A: Mattone – Ilisso 2002 Nuoro
16 Giugno 2014 alle 07:11
storie come questa dovrebbero essere raccontate anche nelle scuole affinchè i giovani sappiano cosa significa la forza delle dignità di chi sa di essere innocente e continua a operare per un bene sociale superiore.
10 Novembre 2014 alle 20:11
anchio avevo uno zio che ha combattuto nel battaglione triestino d’assalto
ma sto cercando di trovare notizie foto ed altro perchè è giusto
non dimenticarli, ed è giusto che nelle scuole si studi perche cosi si sà da dove viene la storia è la libertà.
scrivetemi alla mia mail