Calzini anomali

1 Novembre 2009

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Manuela Scroccu

Strani giorni, cantava Franco Battiato. Viviamo strani giorni di pedinamenti, fango e ricatti. Ricordate il Giudice Mesiano e il suo calzino azzurro? E’ successo neanche due settimana fa.
Berlusconi aveva appena dichiarato, col fare sornione del gatto che già pregusta il momento in cui terrà la preda tra le zampe, che sul giudice, estensore della sentenza che ha condannato la sua azienda a pagare un risarcimento di 750 milioni di euro alla CIR di De Benedetti, ne avremmo visto delle belle.
Neanche il tempo di inchinarsi e gridare “agli ordini” che già un pugno di volenterosi giornalisti di punta di Mediaset, o meglio “da punta”, capitanati da tal Brachino, confezionava un servizio con immagini “in esclusiva” sul giudice milanese. Cosa raccontava lo scoop? Girato con telecamere nascoste, con quell’effetto sfocato e mosso tipico dei video con cui le forze dell’ordine documentano i pedinamenti ai malavitosi, mostrava l’inconsapevole magistrato uscire di casa, passeggiare ed andare dal barbiere. La voce fuori campo della giornalista, sferzante e irriverente, faceva notare le “incredibili stravaganze” dell’uomo che, impaziente, passeggiava, niente di meno, avanti e indietro mentre attendeva il suo turno dal barbiere. Il video si concludeva con un pezzo di televisione indimenticabile, un documento che gli storici del futuro probabilmente analizzeranno per spiegare il livello di imbarbarimento dell’era Berlusconiana. Mesiano, seduto su una panchina in un parco, rilassato, si fumava una sigaretta. La narrazione della reporter raggiungeva, a questo punto, il suo climax: “Un’altra stranezza: guardatelo seduto su una panchina. Camicia, pantalone blu, mocassino bianco e calzino turchese. Di quelli che in tribunale non è proprio il caso di sfoggiare”. Come insegnano le rubriche di moda, sbagliare un abbinamento di colori può essere fatale.
Inquietante. Il giudice Raimondo Mesiano è stato spiato e pedinato dalle telecamere di Mediaset, unicamente per aver scritto la motivazione di una sentenza civile non favorevole al padrone Silvio Berlusconi, in una confusione ormai patologica e venefica (per l’intero paese) tra interessi politici e interessi personali. Mesiano è stato messo alla gogna come un infame e additato come un nemico, così da esporlo all’odio e al dileggio dei bravi del capo. Si tratta di un gioco sporco che difficilmente può essere derubricato a livello di uno scherzo cretino sfuggito di mano. È evidente l’intento di attaccare e isolare, uno per uno, se necessario, coloro che si mettono sulla strada del Signore del Regno. La guerra, ormai, è aperta e dichiarata. E il terreno di battaglia sarà la giustizia. Non sono sparate da esagitati militanti rossi, ma parole pronunciate in Transatlantico dai fedelissimi del premier e riportate da tutti i giornali.
Berlusconi ha alzato il livello dello scontro in diretta tv a Ballarò, sostenendo che in Italia la vera anomalia sarebbe rappresentata dai pm comunisti di Milano. Il ministro Alfano, Ghedini e gli avvocati-deputati del premier hanno immediatamente risposto alla chiamata alle armi, adoperandosi per produrre celermente disegni di legge ed emendamenti che avrebbero lo scopo di assicurare al premier quantomeno la rassicurante coperta di Linus della prescrizione. L’obiettivo, appare chiaro anche a un bambino, è impedire che vada a sentenza, anche solo in primo grado, il processo-stralcio di Mills dove Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari e che comincerà a giorni a Milano e, di conseguenza, anche gli altri due processi sui diritti tv (che riprenderanno il 16 novembre) dove il premier è già imputato o sta per diventarlo. Per portare a casa il risultato, le norme salva-premier, il “gruppo di studio dei giuristi fedeli” non esiterà ad usare il pretesto del giusto processo e i suggerimenti del Consiglio d’Europa, che ha bacchettato l’Italia per la eccessiva durata dei procedimenti penali e civili. Questa la proposta, il termine massimo di durata dei processi verrebbe portato a sei anni, pena la prescrizione. Una battaglia apparentemente neutra e sacrosanta con la quale, guarda caso, si otterrebbe anche un curioso effetto collaterale: con queste norme il processo Mills sarebbe già prescritto e quello per i diritti tv morirebbe nel 2011 anziché nel 2013.
Ai magistrati non è restato altro che rispondere con forza agli attacchi, unendosi in una giornata di mobilitazione proclamata contro le intimidazioni del potere politico. Il presidente Berlusconi, dal canto suo, ci ha fatto sapere, brandendo il solito sondaggio, che quasi il 70% degli italiani sarebbe con lui. Così è, se vi pare. L’impressione è che l’opinione pubblica italiana sia distratta, imbambolata e, forse, rassegnata. Quello che altrove (in quel “laggiù” democratico che non scorgiamo nemmeno più) sarebbe un conflitto istituzionale di proporzioni immani, qui è ridotto ad una farsa indegna. Da una parte il Signore e Padrone, dall’altra quel che resta, per fortuna molto, delle istituzioni democratiche. Nel mezzo, in un informe e ristagnante miscuglio, ci sono il video di Marrazzo, le escort, la crisi, gli operai licenziati, la malavita organizzata che continua a prosperare, il paese che continua ad affondare. Come un’anomalia.

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