Buon 2015

1 Gennaio 2015
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Marco Ligas

Nell’articolo precedente ho fatto cenno all’uso della telecamera in relazione alla scelta degli imprenditori di controllare all’interno delle aziende e con la massima attenzione la produttività dei lavoratori.
Il tempo è prezioso e occorre utilizzarlo al meglio: questa è la filosofia che Confindustria e Governo, congiuntamente, hanno ribadito in questi mesi. L’organizzazione di una azienda che vuole stare al passo dei tempi moderni non può fare diversamente.
La smettano dunque gli operai di pensare che la fabbrica sia un luogo dove tutte le occasioni sono buone per rallentare i ritmi dei cicli produttivi, qualunque sia il settore di attività. E basta con la pretesa che il lavoro sia un diritto da rivendicare a tempo indeterminato.
Intendiamoci, questa filosofia non è un fenomeno recente, appartiene agli albori del capitalismo, sin da quando Taylor, agli inizi del secolo scorso, iniziò le sue ricerche sui metodi per il miglioramento dell’efficienza nella produzione.
L’innovazione contemporanea non sta neppure nell’uso della telecamera (certamente strumento più raffinato rispetto all’attività spionistica e provocatoria dei guardioni); sta tutta nella totale dedizione del nostro governo verso gli interessi del padronato.
Nella storia della nostra giovane Repubblica, sebbene sia stata costante la dipendenza degli esecutivi verso le richieste del sistema capitalistico, è difficile riscontrare un totale asservimento del governo come quello che registriamo attualmente.
Oggi abbiamo un Presidente del consiglio che si comporta da maggiordomo in Europa nei confronti dei paesi forti dell’UE, e al tempo stesso nel nostro paese fa lo sbruffone non solo nei confronti nelle minoranze interne (che si meritano di essere sbeffeggiate per la loro insipienza), ma soprattutto nei confronti di milioni di cittadini che subiscono gli effetti di una crisi interminabile che tende progressivamente al peggio.
È paradossale la controversia che si è aperta in questi giorni sui destinatari degli effetti del jobs act. Saranno soltanto, ci si interroga, i lavoratori del settore privato o la riforma interesserà pure il settore pubblico?
Su questo interrogativo la Confindustria sembra meno coinvolta, forse i più interessati sono gli alleati del Nazareno, chissà forse anch’essi per conto confindustriale. Sta di fatto che l’incertezza è funzionale ad abbassare il livello delle rivendicazioni di chi subisce i ricatti e al tempo stesso ad alimentare nuovi conflitti fra gli stessi lavoratori, pubblici o privati che siano.
Non è un caso che anche a sinistra qualcuno si chieda perché le restrizioni previste dal jobs act siano valide solo per il settore privato e non anche per quello pubblico. Stranamente ci si dimentica che queste restrizioni non dovrebbero esserci per nessuno.
Purtroppo ancora una volta la crisi divide chi ne subisce gli effetti e ridimensiona le aspettative degli strati sociali più deboli.
Ma non lasciamoci condizionare dal pessimismo, oggi inizia il nuovo anno. In questi passaggi di tempo è buona usanza scambiarsi gli auguri.
Viviamo piacevolmente queste consuetudini, auguriamoci un buon anno, delle buone cose e, soprattutto, relazioni fondate sulla correttezza, la giustizia e il rispetto reciproco dei diritti.
È vero, queste cose le ripetiamo tutti gli anni anche se siamo consapevoli che la loro realizzazione non è facile; però è bene lasciare anche all’immaginazione un’area di autonomia perché, all’interno del mondo reale, possano convivere le speranze e i progetti che ciascuno di noi elabora.

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