Le scorie di Oristano
16 Dicembre 2009Mario Cubeddu
Sardegna, terra di misteri. Si farà, o no, la centrale nucleare ad Oristano? I Verdi dicono di si, l’ENEL e l’onorevole Diana, uomo forte della destra oristanese, smentiscono e sbeffeggiano gli allarmi ricorrenti. Interessante l’inchiesta di strada fatta da Nova-TV, in cui lavora un gruppo di giovani giornalisti, tra i più bravi della scena della comunicazione televisiva in Sardegna. Gran parte delle risposte raccolte per le vie della città propone un rifiuto per niente ingenuo, ma motivato e moralmente offeso, della presenza nucleare nell’oristanese. Come se gli intervistati, gli uomini e soprattutto le donne, sentissero violato un diritto generale e una condizione geografica e umana peculiare. Emergono netti i motivi del rifiuto: il pesante impatto sulle dinamiche di libertà della società locale, senza avere in cambio veri vantaggi; l’aspetto coloniale dell’operazione in un territorio che produce più energia di quanta ne consumi e può facilmente incrementarne la quantità con fonti rinnovabili. L’imposizione di un pesante controllo militare sulla terra, sulle acque, sul mare, renderebbe letterale e perenne la “servitù” di un territorio e di un popolo. Ci sono poi, anche se pochi, i consensi delle persone che guardano gli altri dall’alto del loro realismo: abbiamo le centrali subito oltre il confine di paesi da cui importiamo un’energia che ci è indispensabile: cosa cambierebbe con una centrale in casa? Facile notare che si ignorano le centinaia di chilometri di mare che rendono la Sardegna un’isola facile da tutelare e tenere almeno di riserva come terra-rifugio incontaminata. Perché poi imitare i cattivi esempi e non i buoni? Perché seguire la Francia e non la Norvegia? Qualcuno degli intervistati esprimeva in modo disarmante la resa psicologica ed etica, prima ancora che intellettuale e politica, a qualsiasi cosa succeda e venga imposta agli oristanesi e ai sardi. “Tanto fanno sempre quello che vogliono, cosa possiamo fare noi?” Infine compare la faccia sorridente di un politico oristanese, non solo consenziente, ma entusiasta della prospettiva dell’atomo in casa. Arriva lo sviluppo, arrivano gli affari. Forse persone come lui sono quelle che veramente sanno se si farà a Oristano la centrale nucleare. Senza il consenso del ceto dirigente della città non si potrebbe fare nulla. Un ceto dirigente né più stupido, né più incapace di quello di Sassari, di Cagliari, di Nuoro. Eppure sempre troppo diviso per definire una seria e praticabile linea di azione e troppo debole per riuscire a far sentire la propria voce. La conquista della Provincia tanto celebrata è stata una vittoria apparente, di fronte al crollo di un’agricoltura un tempo florida e all’incapacità di costruire un minimo di struttura produttiva moderna. Esemplare, anche sul piano simbolico, la sostituzione di Oristano da parte di Arborea nella leadership del settore agrario sardo. Un paese sorto dal nulla ha scalzato, soprattutto grazie al sostegno statale e regionale, la città capoluogo, togliendole il nome, il ruolo produttivo, la rappresentanza politica territoriale. A Mussolinia è stato regalato il nome del più glorioso dei Giudicati sardi, simbolo di una delle epoche più importanti della storia di un popolo. Eppure già agli inizi del Novecento la città conosceva un’agricoltura in via di forte modernizzazione, con una significativa presenza di elementi di agroindustria. Il fascismo ha bloccato tutto. L’analisi delle vicende della bonifica integrale ha messo in evidenza come un ceto sociale miope, quello dei proprietari terrieri, abbia anteposto i propri interessi egoistici a una modernizzazione reale. Vendeva il proprio ruolo storico, il proprio onore, per una manciata di soldi che consentiva di vivere di rendita. Questa vicenda costituisce un’altra pagina dell’era berlusconiana in Sardegna. Una storia nata con l’inganno, che con l’inganno continua e che nonostante tutto non sembra intaccare la credibilità politica del centro-destra presso grandi masse di sardi. Con la faccia tosta e le bugie si fanno dimenticare le promesse elettorali. La mobilitazione per una nuova strada Sassari- Olbia dimostra con quanta disinvoltura il centro destra occupi sia gli spazi del governo che quelli dell’opposizione. Chi avrebbe il dovere di rappresentare un’idea e un progetto di Sardegna diversa ha una voce non tanto debole, quanto poco credibile. Non è facile capire con quali argomenti, con quale spirito, con quale convinzione, il centro-sinistra, il PD sardo, quel che resta della sinistra, , si preparano alla battaglia per respingere l’ipotesi di costruzione di una centrale nucleare nella piana di Oristano. Si ha l’impressione che continui l’eterna e defatigante lotta per la definizione degli organigrammi interni e delle proiezioni di questi nei posti di potere. Così si rimane agghiacciati di fronte a una prospettiva di presenza nucleare, che si tratti di centrale o di deposito di scorie. Chi darà ai sardi la forza di resistere? Riprendendo le parole di Rossana Rossanda, è il caso di “mettersi a discutere… finirla di lamentarci di non essere rappresentati” e non delegare ad altri le responsabilità che sono di ciascuno di noi.
24 Dicembre 2009 alle 15:53
La sindrome del mai-nel-mio-cortile.
Ormai il dado è tratto. Nulla può fermare il programma nazionale nucleare. Solo la caduta del governo potrebbe impedirlo, ma è improbabile. La situazione è questa. C‘è chi sostiene che è meglio puntare sull’efficienza energetica, sull’energia alternativa e sulla ricerca. Ciò non basta. Siamo partiti male e il tempo stringe. Una cosa avrebbe potuto fare la Regione Sarda: dire di no al nucleare con una propria legge, come ha fatto la Puglia. Sergio Romano sostiene sul Corriere della Sera che l’energia nucleare presenta oggi tre vantaggi. E’ la più pulita, E’ quella che maggiormente assicura l’indipendenza del Paese dai condizionamenti delle grandi potenze energetiche. Ed è quella che consente di mantenere e aggiornare uno dei più importanti laboratori scientifici e tecnologici della modernità. Restano ancora da chiarire due punti: la mancata risposta di Areva ai problemi tecnici sorti durante la costruzione della centrale finlandese e l’attesa risposta dell’americana Westinghouse al committente britannico su questioni di sicurezza. E’ vero che questo genere di energia costa meno, ma si deve pensare alla salute e alla sicurezza dei cittadini.
Un altro aspetto importante è lo smaltimento delle scorie. Oggi a distanza di 22 anni resta ancora da completare. Dove metteremo le nostre? A Cadenaghe o a Scala? La sindrome del mai-nel-mio-cortile è diventata malessere. I fumi della centrale nucleare di Oristano offuscheranno il cielo del Sinis e forse non vedremo più spiccare il campanile della Chiesa di Seneghe, punto di riferimento per chi arriva dal Campidano. Alla fine accetteremo tutto. Bocche e tasche dei Comuni dissidenti verranno riempite di benefici e soldi e le chiacchiere chiuse per sempre nei fusti delle scorie.