Colonialismo italiano in Sardegna

1 Luglio 2015
muro in sasso
Francesco Casula

La politica italiana nei confronti della Sardegna (e del Sud) è tutto giocata sul colonialismo interno. Fin dai primordi dell’Unità. Tanto che un neomeridionalista come Nicola Zitara, scriverà un libro dal titolo emblematico: L’Unità d’Italia- nascita di una colonia.

Ma di “colonialismo” italiano parlerà anche Gramsci a più riprese: fra l’altro scrivendone il 16 Aprile 1919 in un articolo dell’Avanti, avente per titolo “I dolori della Sardegna”. Nel cinquantennio 1860-1910 – scriveva – lo Stato italiano nel quale hanno sempre predominato la borghesia e la nobiltà piemontese, ha prelevato dai contadini e pastori sardi 500 milioni di lire che ha regalato alla classe dirigente non sarda. Perché aggiungeva è proibito ricordare, che nello Stato italiano, la Sardegna dei contadini e dei pastori e degli artigiani è trattata peggio della colonia eritrea in quanto lo stato «spende» per l’Eritrea, mentre sfrutta la Sardegna, prelevandovi un tributo imperiale”?

Proseguirà ricordando che il gettito fiscale prelevato in Sardegna era esorbitante non solo in relazione alle risorse di cui poteva disporre l’Isola ma al reddito reale dei suoi abitanti. “Il balzello” finiva così per “paralizzare ogni forza produttiva e ogni risparmio”. Lo stesso Gramsci il 14 Aprile del 1919, in un altro articolo, titolato significativamente “La Brigata Sassari” aveva parlato di sfruttamento coloniale della Sardegna da parte della classe borghese di Torino oltre che con le tasse sproporzionate, con la rapina delle risorse, segnatamente attraverso lo sfruttamento delle miniere e la distruzione delle foreste sarde. Soprattutto in seguito alla rottura dei Trattati doganali con la Francia (1887) e al protezionismo tutto a beneficio delle industrie del Nord, quando fu colpita a morte l’economia meridionale e quella sarda. UInfatti con la “guerra” delle tariffe voluta da Crispi, i prodotti tradizionali sardi (ovini, bovini, vini, pelli, formaggi) furono deprivati degli sbocchi tradizionali di mercato. Nel solo 1883 – ricorda lo storico sardo Raimondo Carta-Raspi – erano stati esportati a Marsiglia 26.168 tra buoi e vitelli, pagati in oro. Dopo il 1887 tale commercio crollerà vertiginosamente e con esso entrerà in crisi e in coma l’intera economia sarda.

Salgono i prezzi dei prodotti del Nord protetti. Di contro crollano i prezzi dei prodotti agricoli non più esportabili. Discende bruscamente il prezzo del vino e del latte. E s’affrettano a sbarcare in Sardegna quelli che Gramsci chiama “Gli spogliatori di cadaveri”. La prima categoria di tali “spogliatori” è quella degli industriali del formaggio. “I signori Castelli – scrive Gramsci – vengono dal Lazio nel 1890, molti altri li seguono arrivando dal Napoletano e dalla Toscana. Il meccanismo dello sfruttamento (ed è un lascito della borghesia peninsulare non più rimosso) è semplice: al pastore che privo di potere contrattuale, deve fare i conti con chi gli affitta il pascolo e con l’esattore, l’industriale affitta i soldi per l’affitto del pascolo, in cambio di una quantità di latte il cui prezzo a litro è fissato vessatoriamente dallo stesso industriale”.

Il prezzo del formaggio cresce ma va ai caseari e ai proprietari del pascolo o ai grandi allevatori non ai pastori che conducono una vita di stenti, aggravati dalle annate di siccità e dalle alluvioni:conseguenze del disboscamento della Sardegna, opera di un’altra categoria di spogliatori di cadaveri: gli industriali del carbone. Il cui lascito per la Sardegna è la degradazione catastrofica del suo territorio. L’Isola è ancora tutta boschi. Gli industriali – soprattutto toscani – ne ottengono lo sfruttamento per pochi soldi. “A un popolo in ginocchio anche questi pochi soldi paiono la salvezza”, scrive Gramsci.

Così – continua l’intellettuale di Ales –“L’Isola di Sardegna fu letteralmente rasa suolo come per un’invasione barbarica. Caddero le foreste. Che ne regolavano il clima e la media delle precipitazioni atmosferiche”. Massajos ridotti in miseria dalla politica protezionista di Crispi e pastori spogliati dagli industriali caseari, s’affollano alla ricerca di un lavoro stabile nel bacino minerario del Sulcis Iglesiente. Dove troveranno altri spogliatori di cadaveri. Sono quelli che arrivano dalla Francia, dal Belgio e da Torino per un’attività di rapina delle risorse del sottosuolo. I Savoia per quattro soldi le daranno in concessione a pochi “briganti”, in genere stranieri ma anche italiani.

Essi si limiteranno – scrive Gramsci – a pura attività di rapina dei minerali, alla semplice estrazione, senza paralleli impianti per la riduzione del greggio e senza industrie derivate e di trasformazione”. Nel ventennio del brutale regime fascista l’economia sarda si inabisserà ulteriormente: l’Isola continuerà ad essere considerata una colonia d’oltremare. “Più volte – scrive Carta-Raspi – Mussolini aveva fatto grandi promesse alla Sardegna e aveva pure stanziato un miliardo da stanziare in dieci anni. Era stato tutto fumo, anche perché né i ras né i gerarchi e i deputati isolani osarono chiedergli fede alle promesse”.

Con la nuova Italia democratica, il colonialismo nei confronti della Sardegna continuerà: certo assumendo forme più sofisticate e meno brutali ma non per questo meno devastanti. Continuerà l’emigrazione e proprio in coincidenza con il boom economico dell’Italia degli anni ’60. L’Isola sarà utilizzata come stazione di servizio per industrie nere e inquinanti: quelle petrolchimiche in primis. Senza per altro risolvere il problema dell’occupazione. E come area di servizio della guerra (con il 65 per cento di tutte le aree mili­ta­riz­zate in Ita­lia). Con i Sardi privati del proprio territorio. Con 1/5 della costa sarda – ben 437 Km – vietata alla balneazione, specie a causa delle basi militari. Ed ora lo Stato e il Governo italiano, contro l’unanime opposizione dei Sardi, vorrebbero costringere l’Isola ad essere ricettacolo delle scorie nucleari. Trasformandola in un vero e proprio muntonargiu de aliga mala. Permanente e pericolosissima.

5 Commenti a “Colonialismo italiano in Sardegna”

  1. Francesco Mura scrive:

    E’ sempre un piacere leggere i suggerimenti storici del Prof.Casula. L’Unità d’Italia venne finanziata dalla finanza Inglese per gli scoppi che conosciamo.
    I Sardi pagarono il debito di guerra dei Savoia ai Rothschild in buona parte con le risorse minerarie, con il legname, e i contratti ferroviari . Il fallimento della Banca di Cagliari e il crollo dell’economia sarda a seguito alla guerra doganale con la Francia del 1887 somiglia molto da vicino al fallimento della Banca Popolare di Sassari e al furto di circa 540 miliardi sottoscritti in azioni . Un colpo mortale per la piccola imprenditoria Sarda in fase espansiva. Un’infamia subita con la complicità degli stessi Sardi. I soldi finirono a finanziare Solidarnosc ,come risaputo. La storia recente è un crescendo Rossiniano di ruberie a danno dei sardi e del suolo Sardo. Dopo il furto delle coste per la speculazione edilizia e per le basi militari ,oggi i rubano il sole , ci rubano il vento, ci rubano l’acqua,sono in procinto a rubarci i terreni agricoli e le risorse del sottosuolo con pratiche estrattive dirompenti. Hanno iniziato a macinare interi rimboschimenti nati con soldi pubblici per fornire alibi energetici ad aziende parassitarie finanziate con risorse pubbliche . Con la riforma del catasto ci ruberanno le case e ,probabilmente le aziende agricole rimaste.Nessuno sarà in grado di pagare l’imposizione fiscale conseguente ai nuovi parametri catastali. Equitalia è il loro strumento operativo.

  2. Sardegna, una delle più vecchie dipendenze coloniali del mondo [John Day, storico americano]. – Storie sarde in Blues scrive:

    […] https://www.manifestosardo.org/colonialismo-italiano-in-sardegna/ […]

  3. Breve cronistoria del colonialismo italo-piemontese in Sardegna [Ugo Dessy] – Storie sarde in Blues scrive:

    […] https://www.manifestosardo.org/colonialismo-italiano-in-sardegna/ […]

  4. Breve cronistoria del colonialismo italo-piemontese in Sardegna [Ugo Dessy] – Indipendèntzia Sarda scrive:

    […] http://www.ugodessy.com/index.php?option=com_content&view=article&id=42:su-tempus-chi-passat-i&catid=9&showall=&limitstart=15&Itemid=188 http://cosavedereacagliari.altervista.org/il-fallimento-della-banche-sarde-a-cagliari-nel-1887-storia-di-cagliari/https://www.manifestosardo.org/colonialismo-italiano-in-sardegna/https://www.contusu.it/la-rivolta-di-palabanda/ […]

  5. La vertenza entrate e altri esseri mitologici ~ SardegnaMondo scrive:

    […] Dunque, tutto si può dire tranne che la Sardegna sia in debito con l’Italia. E non si può nemmeno dire che questo aggiustamento della situazione a proposito dell’art.8 dello Statuto sia la chiusura vittoriosa della vertenza entrate. La Sardegna è in credito con lo stato italiano e di cifre e valori molto più grandi di qualche decina di milioni di euro e persino di quei famosi 10 miliardi. E non da venti o quarant’anni, ma da molto prima. […]

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