Gli alberi salvano le città
1 Settembre 2015Stefano Deliperi
Può sembrare una cosa banale, ma è una profonda verità. Gli alberi danno ogni giorno la vita alle città. Sì, non solo offrono qualità ambientale, ma permettono la stessa possibilità di avere condizioni ambientali minimali per poter soggiornare e lavorare nelle nostre città.
Già nel 2013 era stata pubblicata l’importante ricerca “Carbon storage and sequestration by trees in urban and community areas of the United States” sulla rivista Environmental Pollution (Vol. 178, luglio 2013, pp. 229-236), condotta da David J. Novak, Eric J. Greenfield, Robert E. Hoehn, Elizabeth Lapoint dell’U.S. Forest Service e del Davey Institute: l’analisi sulla situazione ambientale di dieci città americane aveva condotto a rilevanti scoperte.
Gli alberi non solo sottraggono anidride carbonica e forniscono ossigeno all’aria che respiriamo, ma eliminano anche le pericolosissime polveri sottili, specialmente il particolato fine inquinante (inferiore ai 2,5 micron, o PM2,5), generati soprattutto dai sistemi di riscaldamento tradizionali e dal traffico veicolare.
Le implicazioni favorevoli sulla salute e sui costi della sanità sono anche più elevate. Utilizzando il programma BenMAP dell’E.P.A., l’Agenzia di protezione ambientale statunitense, i ricercatori hanno potuto stimare l’incidenza di effetti avversi sulla salute, come mortalità e morbilità, associandola al valore monetario che deriva dai cambiamenti nelle concentrazioni di Pm2,5. La quantità totale di Pm2,5 rimossa annualmente dagli alberi varia dalle 4,7 tonnellate a Syracuse, alle 64,5 tonnellate di Atlanta, monetizzate in equivalenti valori annuali che variano da 1,1 milioni di dollari a Syracuse ai 60,1 milioni di dollari a New York. Per quanto riguarda New York si calcola che gli alberi salvino una media di otto vite umane ogni anno.
In queste settimane un altro importante contributo scientifico giunge dagli Stati Uniti per aumentare il nostro debito di riconoscenza per gli alberi cittadini. Sulla rivista Environmental Research Letters (Vol. 10, 12 agosto 2015, n. 8) è stata pubblicata la ricerca Impact of urbanization on US surface climate, realizzata da Lahouari Bounoua, Ping Zhang, Georgy Mostovoy, Kurtis Thome, Jeffrey Masek, Marc Imhoff, Marshall Shepherd, Dale Quattrochi, Joseph Santanello, Julie Silva del Goddard Space Flight Center della N.A.S.A.
Dall’analisi satellitare delle città americane – effettuata per la prima volta – i ricercatori hanno verificato che le aree urbane sono vere e proprie “isole di calore”, con una temperatura più elevata rispetto alle aree circostanti da 1 a 3 gradi centigradi (con una media di + 1,9 gradi in estate e + 1,5 gradi in inverno), a causa della massiccia presenza di asfalto, cemento, edifici e altre superfici impermeabilizzanti che frenano il raffreddamento naturale fornito dalla vegetazione.
Ovviamente il surriscaldamento ha effetti anche economici: un grado in più durante l’estate fa salire dal 5 al 20% i consumi di elettricità per i condizionatori. Il fattore fondamentale per contrastare il surriscaldamento cittadino, assolutamente indipendente dalle emissioni di gas a effetto serra, risulta essere la presenza di vegetazione naturale. Più alberi equivale, quindi, a minore surriscaldamento oltre agli effetti positivi in termini di paesaggio, qualità ambientale, contenimento dell’inquinamento.
Concetti di buon senso ora confermati dalle ricerche scientifiche, purtroppo ancora alieni ai nostri amministratori pubblici locali, nonostante avanzate previsioni legislative. Infatti, l’approvazione della legge n. 10 del 14 gennaio 2013, “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” è stata una piccola-grande rivoluzione verde per le città: viene sancita la Giornata nazionale degli alberi (21 novembre) con iniziative concrete (es. messa a dimora di alberi autoctoni) e di sensibilizzazione, è stato rivitalizzato il programma “un albero per ogni neonato” (legge n. 113/1992), i Comuni dovranno dotarsi di un catasto del verde urbano e di più consistenti quote di verde pubblico negli strumenti urbanistici generali e attuativi, i cittadini potranno prendere in gestione il “verde di quartiere”, così come – finalmente – avranno una tutela specifica gli alberi monumentali e le alberate cittadine, finora spesso e volentieri massacrati a dispetto di qualsiasi buon senso.
Un altro piccolo passo in avanti: entro il 31 luglio 2015 i Comuni avrebbero dovuto stilare l’elenco dei propri alberi monumentali. Quanti Comuni hanno davvero compiuto questo piccolo, ma importante passo? Pochi. Eppure in tanti casi vi sono già atti di pianificazione che potrebbero aiutare molto: per esempio, in Sardegna c’è il Repertorio degli alberi monumentali allegato al piano paesaggistico regionale (P.P.R., 1° stralcio costiero) ed è stato avviato dall’Ente Foreste della Sardegna il Censimento dei grandi alberi.
Nelle nostre città, nei nostri paesi continua invece il taglio insensato di alberi, siepi e arbusti: non lamentiamoci per il troppo caldo, quindi…
1 Settembre 2015 alle 20:20
Giuste considerazioni ma è necessario un chiarimento: gli alberi hanno bisogno di un loro spazio vitale per crescere, spesso si piantano alberi tanto per rispondere (nella migliore delle ipotesi) agli obblighi di legge ma in luoghi e con densità totalmente sbagliate, così dopo alcuni anni diventano un problema di sicurezza e nascono i comitati che protestano perchè si deve abbattere. La scienza è dalla parte di chi vuole una città meno estrema e gli alberi potrebbero svolgere le funzioni elencate nell’articolo. Ma senza una corretta pianificazione il risultato è l’opposto. Un’ultima cosa: L’EFRS era stato in precedenza di realizzare il censimento, ma ora la competenza è (come doveva essere dall’inizio) del CFVA che sta concludendo i lavori e a breve verranno presentati.