Il movimento contro le basi non si ferma

1 Novembre 2015
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Rete No Basi né Qui né Altrove

La Rete No Basi né Qui né Altrove in un anno di duro lavoro si è proposta di inceppare la macchina bellica attraverso l’azione diretta contro la guerra e il militarismo. Crediamo sia importante agire, resistere, sabotare, sensibilizzare, informare e contro-informare. Abbiamo percorso migliaia di chilometri, di cui un centinaio a piedi, per incontrarci, per conoscere i territori depredati e per farli nostri. Abbiamo studiato, analizzato e sintetizzato innumerevoli pagine di documenti, per conoscere il funzionamento della macchina bellica, per poter trasmettere la nostra conoscenza e la nostra pratica di lotta in Sardegna e nel Mondo.
Tutto ciò ha contribuito a far crescere il movimento che il 3 novembre ha avuto il coraggio e la determinazione di fermare la più grande esercitazione Nato degli ultimi … anni!

Contro chi ha osato inceppare la macchina da guerra, si è scatenata repressione e disinformazione. Le forze dell’ordine hanno cercato di criminalizzare la Rete No Basi, portando il livello di scontro sul piano personale contro le e gli attivisti (sorveglianze speciali, fogli di via, avvisi orali); i vertici militari, dal canto loro, hanno cercato di minimizzare i risultati delle lotte per non riconoscerne l’efficacia.

Le anime del movimento antimilitarista sono diverse e molteplici, ma il traguardo raggiunto il 3 novembre è stato quello di ritrovarsi uniti in un’unica volontà: violare i divieti e riprendersi in prima persona quanto negato. Contro la decisione del Questore di vietare una manifestazione è stato espresso un NO corale, affrontando una schedatura fascista fatta di check-point e perquisizioni pur di esprimere la propria opposizione alle basi.

Il NO lo hanno espresso quelle persone che arrivate al concentramento sono partite in corteo per riprendersi gli altri fermati in un posto di blocco. Come lo hanno espresso coloro che hanno deciso di violare i fogli di via, nonostante questa scelta comportasse l’essere allontanati con l’amaro in bocca, coscienti che i provvedimenti di polizia non devono fermare le lotte né in un modo né in un altro.

E ancora più volte NO quando la celere ha cercato di bloccare la manifestazione per non farla arrivare al perimetro del poligono, superando allegramente i grugni incarogniti delle forze dell’ordine, e nuovamente quando si è fatto da scudo umano per permettere a chi voleva raggiungere la base di varcare le reti e fermare l’esercitazione in corso. Insieme si è gioito per la fine degli spari! Ma la giornata non era ancora finita, ancora insieme si doveva andar via, e così si è fatto.

Un territorio militarizzato è di fatto un territorio occupato, i fogli di via e il divieto di libera circolazione sono l’ennesima dimostrazione di una vera e propria usurpazione. Ci dispiace aver incontrato nel nostro tragitto persone preoccupate e impaurite da un possibile futuro senza basi militari, ci rammarica che l’unica fonte di sostentamento che sono in grado di immaginare siano gli indennizzi, ma questo dimostra che le basi militari tolgono dignità, creano schiavitù e siamo sicuri che la restituzione di un territorio non possa che arricchirlo.

Sulla stampa la Questura continua a minacciare future denunce, ma se i fogli di via e le prescrizioni non hanno fermato il corteo del 3 novembre, le denunce sicuramente non ci impediranno di rilanciare la lotta antimilitarista fino a quando le basi non verranno chiuse in Sardegna e nel resto del Mondo, fino a quando la terra non sarà nuovamente libera, fino a che i soldati e la guerra non troveranno alloggio né qui né altrove.

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