Libro, questo illustre emarginato
16 Novembre 2007
Mario Cubeddu
Come un torero temerario, ogni mattina lo studioso, o lo studente, che voglia raggiungere la biblioteca comunale di Cagliari deve prima ingannare con il drappo rosso, la muleta della sua prontezza di riflessi, l’onda impetuosa del traffico che da Quartu muove ininterrotta verso la capitale. L’automobilista è mediamente cortese, costante il pericolo. Una volta giunto alla meta troverà però una struttura moderna, personale competente e costantemente disponibile. Ma qual’è il messaggio che la città più grande della Sardegna trasmette sull’importanza che attribuisce al Libro, quando colloca la sua più importante biblioteca in una periferia estrema, tra concessionari d’auto, discoteche, magazzini di elettronica? Non dovrebbe essere una struttura da piazza centrale, da collocare accanto a quelle più sacre, delegate a rappresentare il culto religioso, la vita civile, i momenti importanti della comunità? Il Libro sembra meritare un’attenzione minore di quella riservata a campi di calcio e palazzetti, di cui ampiamente si dibatte e che sono comunque più vicini al centro. Forse la struttura civica che, certo inconsciamente, gli amministratori cittadini hanno associato alla sede del Libro è il Cimitero: rispettato, onorato, tenuto però ad una igienica distanza di rispetto. I paradossi delle strutture di servizio alla frequentazione del Libro a Cagliari sono stati descritti in maniera brillante qualche giorno fa su un giornale locale da Alessandro De Roma, uno dei migliori esponenti della giovane generazione di narratori sardi. Con un ragionamento tanto sconsolato quanto pieno di passione egli mette in evidenza il fatto che “Questa è una città che ama i musei e gli eventi. Non ama la vita quotidiana” . Libro e cultura come spettacolo d’eccezione, non modesta e costruttiva esperienza di tutti i giorni. L’articolo è uscito il 25 ottobre in coincidenza con la Mostra regionale del libro di Macomer e pochi giorni prima del Forum del Libro e della promozione della lettura. Può fornire quindi lo spunto per qualche riflessione sullo stato della fruizione culturale in Sardegna. “Presidi del libro” è una bella definizione, fortemente evocativa. Richiama i forti sperduti al limite del Deserto dei Tartari o, se volete stare più vicini, le casermette ridotte allo squallore, tristemente abbandonate nelle valli della Barbagia. Come ha spiegato durante un incontro a Macomer uno dei responsabili de “I Presidi del libro in Sardegna”, il presidio è una postazione avanzata del libro, portatore di civiltà in partibus infidelium. Non quindi da situare dove si trova già disponibilità di libri, tantomeno in una biblioteca o un centro culturale. Veniva portata ad esempio di presidio istituito nel luogo e dalla persona giusta quello di una parrucchiera della periferia di una città italiana che destinava per qualche ora il suo locale alla lettura di libri. L’idea è bella e suggestiva. Se volessimo applicarla alla Sardegna, quali situazioni possono meritare la mobilitazione umana, immaginiamo anche finanziaria, delle truppe di un Presidio del Libro? Non si può dire che oggi esistano difficoltà di accesso alla consultazione e al prestito. Chi oggi ha sessanta anni ricorda bene come sono nate molte biblioteche di paese, perché magari ha contribuito a costituirle e farle funzionare andando per le case dei notabili di paese a raccogliere libri in disuso e costituendo un servizio volontario di presenza per il prestito. Le amministrazioni, quelle comunali, ma soprattutto quella regionale, si sono impegnate negli ultimi decenni a mettere insieme le sedi, il patrimonio librario, un personale competente e più o meno stabile. Oggi in Sardegna su 377 comuni risultano funzionanti 346 biblioteche sulle 364 istituite dalla Regione Sarda. Ad esse sono da aggiungere 31 biblioteche private che offrono un servizio pubblico di consultazione (Fonte : Servizio Beni Librari della Ras). Dove stanno quindi le frontiere attuali che il Libro deve varcare per conquistare nuovi lettori? Saranno i luoghi di lavoro, fabbriche, uffici, supermercati, campi e ovili? Oppure gli spazi e i momenti del divertimento, la spiaggia, la discoteca? La vera frontiera dei libri sono, oggi come sempre, le scuole; sergenti e ufficiali di questa guerra non possono che essere gli insegnanti, ridotti talvolta a dover rinunciare a cinema e ristorante, se hanno il vizio di comprare libri. Le biblioteche delle scuole italiane, e sarde, o non esistono, o sono in condizioni vergognose. Nella pletora di dipendenti della pubblica istruzione non è prevista la figura del bibliotecario scolastico. La capacità italiana di adattare la realtà ai difetti nazionali ha portato alla diffusione nelle scuole dell’insegnante addetto alla biblioteca per malattia. Ma questo non basta. Si arriva al paradosso che i bandi di finanziamento promossi dagli enti pubblici per le biblioteche scolastiche sono vanificati dal fatto che mancano nelle nostre scuole gli standard minimi di spazio e personale dettati dalle convenzioni internazionali in materia. Quale frontiera, quale terreno di conquista maggiore di un liceo scientifico frequentato da quasi mille adolescenti, buona parte dei quali non ha in casa alcuno scaffale di libri di famiglia? Forse è più facile inseguire l’emergenza piuttosto che applicarsi al miglioramento quotidiano. Ma non è difficile impegnarsi perché le scuole siano dotate di strutture bibliotecarie degne. Magari fondendole con quelle comunali e aprendole a tutta la comunità. Collocandole accanto alla scuola con una bella scritta in evidenza, come capita di vedere nei paesi europei. Un monumento civico che merita una posizione centrale nella nostra vita civile.
16 Novembre 2007 alle 21:26
Mario carissimo, non ti conosco ma sento di conoscerti da sempre, come si conoscono le persone che condividono percorsi di riflessione e sensibilità come quelli che tu hai espresso in questo bellissimo articolo. Mi chiamo Tonino Cugusi, direttore della biblioteca “S. Satta” di Nuoro.
Appena posso (a Marco Ligas ho promesso tante volte di farlo) scriverò un intervento. Atuualmente sto difendendo l’idea di costruire un grande servizio pubblico bibliotecario, a dispetto dei tanti idioti e liberisti che circolano nel pianeta.
Ciao Tonino
1 Dicembre 2007 alle 21:05
“Le amministrazioni, quelle comunali, ma soprattutto quella regionale, si sono impegnate negli ultimi decenni a mettere insieme le sedi, il patrimonio librario, un personale competente e più o meno stabile”
E ‘ da questa frase che vorrei partire per affrontare un problema che in questi giorni è di estrema attualità: il 60% delle Biblioteche di Ente locale,il 100% dei Sistemi bibliotecari, il 90% delle attivita di catalogazione, dal 1 gennaio potrebbero cessare o interrompere le proprie attivita con il conseguente ritorno a casa dei dipendenti delle cooperative, professionisti che in tutti questi anni hanno garantito l’erogazione di quei servizi che, come tu giustamente dici nel tuo articolo, sono di basilare importanza e che insieme ad altri, nel rispetto della loro mission, accompagnano la costruzione di quello sviluppo locale di cui ultimamente tanto si parla.
La causa: la mancata applicazione della legge regionale 14 che, dopo decenni di attesa da parte del mondo bibliotecario, ha finalmente visto la luce nel settembre 2006.
Questa legge prevedeva che la Regione entro sei mesi dal varo della legge predisponesse un Piano triennale contenente gli obiettivi e le priorità strategiche, nonché le relative linee di intervento nel settore.
A tutt’oggi non solo non è stato fatto niente ma sono in atto manovre della Giunta Regionale per riprendersi le funzioni in materia di Beni Culturali nonchè le risorse destinate al funzionamento dei luoghi e degli Istituti della Cultura.
Tra queste risorse ci sono anche quelle che trasferivano i finanziamenti agli Enti Locali per la loro gestione cioè, in parole povere, quelli destinati alla retribuzione di chi ci lavorava.
Nel riprendersele hanno però annunciato e fatto (finanziaria licenziata dalla Giunta i giorni scorsi) che non ci sarà nessun provvedimento di transizione che scongiuri l’interruzione dei servizi in essere, ma che comunque si stanno pensando grandi cose e quindi di pazientare.
Insieme agli operatori del settore dovranno quindi pazientare anche tutti i sardi che in questo periodo abbiano intenzione di leggere e informarsi.
A meno che non siano disposti a pagare di tasca propria per avere quello che il sistema delle biblioteche della Sardegna dava gratuitamente.
Purtroppo, come dice Tonino, questo è anche il frutto delle idee liberiste di tanti idioti di questo paese.
Infatti, se la fruizione dei servizi delle biblioteche non fosse quasi completamente in mano al privato oggi non ci troveremo in questa situazione e le biblioteche, al di là delle decisioni del politico di turno, continuerebbero a funzionare.
16 Gennaio 2008 alle 22:12
mi fa davvero piacere che quacuno, come me, si indigni per la gravissima mancanza di una biblioteca pubblica a Cagliari, un luogo piacevole e raggiungibile con facilità, e che possa regalare il piacere e il benessere della lettura a tutti. Ho una proposta operativa e un po’ rivoluzionaria: da qualche mese nei giardini pubblici di Cagliari, davanti alla Galleria comunale d’Arte, sono comparsi alcuni carrelli, con un centinaio di libri (per lo più best seller) che possono essere presi in prestito, uno alla volta, per massimo di 2 settimane. Si tratta di una minuscola succursale della biblioteca di Via Newton. La mia idea è questa: se decine, centinaia, di petrsone prendessero d’assalto quei due carrellini, magari qualcuno si deciderebbe ad accorgersi di noi? Lo so che non se ne accorgeranno, ma non è una ragione sufficiente per non tentare. Non fate la guerra, prendete un libro in prestito! Alessandro De Roma