A Nuxis un murale ci parla di una grande storia
1 Luglio 2016Andrea Pubusa
Per Nuxis, nel Sulcis, oggi, sabato 2 luglio, è una giornata importante. Alle 19 in piazza Municipio dalla Pro loco viene inaugurata un’opera d’arte che impreziosisce il Paese: un murale meraviglioso di Francesco Del Casino dedicato alla latitanza dell’Avv. Salvatore Cadeddu, capo di Palabanda, nelle campagne di Nuxis fra la fine del 1812 e i primi mesi del 1813. Una piazzetta anonima priva di vita e di parola, d’incanto, acquista vita e ci parla per l’opera di un grande muralista. Miracoli dell’arte, che ci lancia con poche immagini un potente messaggio e delle suggestioni, che mille parole non sarebbero capaci di trasmetterci.
Con questo murale la Pro loco inizia un percorso di riqualificazione del Paese, la cui bellezza è stata nascosta o addirittura oscurata dall’insipienza e dalla incapacità di leggere il luogo, di capirne lo spirito. Il paese dell’acqua e del verde è diventato un luogo oscurato dal cemento e arido per il nascondimento dell’acqua che genera secume. La Pro loco, con pazienza e con la partecipazione degli abitanti, si propone di mettere in luce la bellezza del Paese, che ha solo necessità di essere vista, scoperta e valorizzata.
Sabato sarà importante perché il murale ci parla di un fatto rilevante della storia sarda: nei dintorni di Nuxis, ad inizio Ottocento, il capo di Palabanda ha trovato rifugio per alcuni mesi. Dice Antioco Pabis in un memoriale del 1857, che l’avv. Salvatore Cadeddu, ispiratore della Rivolta di Palabanda, alla fine del 1812 si rifuggiò nel Sulcis con l’intento di imbarcarsi nelle coste vicine per raggiungere la Corsica, luogo di primo asilo per gli esuli sardi, perseguitati dai Savoia. Pabis ci dà una descrizione così precisa dei luoghi della latitanza, il furriadroxiu di Tatinu, del rifugio, la grotta diConch’e Cerbu, del capraro che lo accolse, Luigi Impera (i luoghi sono ancora di questa famiglia), da non poter essere messo in discussione, da non sucitare dubbi circa la sua attendibilità. Pabis del resto era di casa presso i Cadeddu in quanto era precettore dei figli dell’Avv. Giovanni, fratello di Salvatore Cadeddu.
Si parlerà oggi della storia (è prevista una relazione su Salvatore Cadeddu e i fatti di Palabanda di Francesco Cocco), ma è interessante la figura del custode di Cadeddu. quel Luigi Impera, umile capraro, chiamato dalla rete dei democratici sardi del tempo ad una funzione molto delicata: nascondere e custodire il capo di Palabanda, una figura eminente della battaglia democratica dei sardi contro l’oppressione piemontese. Chi era Luigi Impera? Che sorte ha avuto dopo l’arresto e la condanna a morte di Salvatore Cadeddu? Ecco un punto di ricerca da demandare se non agli storici di professione a intellettuali del luogo, alle scuole di Nuxis e, chissà domani potremo riparlare con maggior dettaglio di questa persona umile ma di alti valori civili ed etici. Di Luigi Impera non conosciamo quasi nulla, del suo passaggio in questa terra sappiamo solo che era un capraro di Tattinu, che ospitò l’avv. Cadeddu latitante e che rifiutò qualsiasi ricompensa come ci dice sempre Panis nel suo memoriale. Da questi pochi dati desumiamo però molti elementi della sua personalità: Luigi Impera, capraro di Tattinu, era persona molto affidabile, uomo di parola, un uomo del popolo schierato dalla parte giusta, per la libertà dei sardi contro l’oppressione piemontese, una persona generosa e sprezzante del pericolo, disposto a mettere a rischio la sua vita e i suoi beni per una causa nobile. Era una persona accogliente.
Bene, se si mettono insieme questi caratteri, emerge dall’oscurità del passato un quadro definito dello spirito non solo di questo uomo, ma anche di chi gli stava intorno, della comunità originaria di Nuxis. Si può pensare di nascondere il ricercato n. 1 nel 1812, senza avere l’appoggio di una affidabile rete di persone, di pastori e di proprietari della zona? Questo ci dice che non solo Luigi Impera era uno spirito nobile, ma erano persone di alti principi anche quei pastori e contadini che lavoravano nella zona. Insomma, dalla vicenda emerge l’esistenza di una rete democratica nell’Isola che da Cagliari si irradia nelle campagne più periferiche. La partecipazione alla storia del tempo coinvolgeva non solo l’intellettualità e gli artigiani delle città, ma anche il mondo delle campagne.
La grande storia, del resto, sfiora Tattinu e quelle campagne anche sotto altro profilo. A Tattinu, per visitare il padre, venne spesso uno dei suoi figli, Gaetano, anch’egli partecipe dei fatti di Palabanda. Gaetano nel 1813 riuscì dalla Gallura a riparare in Corsica ed ebbe un’avvenura di grande rilievo. Fu uno dei pochi ammesso al seguito di Napoleone nell’esilio dell’Isola d’Elba e nei cento giorni rientrò con lui in Francia. Lo seguì fino a Waterloo, dove fu fra i respondabili del servizio della ambulanze, ossia del soccorso ai feriti, dell’esercito di Napoleone. Certamente anche Gaetano Cadeddu non è ricordato nella grande storia, ma ne fu protagonista insieme a quei milioni di uomini che si batterono contro la Restaurazione. E curioso notare che Gaetano da Tattinu, dalla Grotta di Conch’e Cerbu, passando dalla Corsica e dall’Elba, fu uno dei tanti che con Napoleone combatterono contro le potenze restauratrici a Waterloo. Da Tattinu a Waterllo vien da dire.
Insomma, il murale ci invia un messaggio: e cioè che anche dalle periferie del mondo, possono venire contributi molecolari ma preziosi per fare la grande storia. Francesco Del Casino col suo murale, con la potenza della sua arte, ci lancia un preciso messaggio: anche noi da i tanti Sulcis del mondo possiamo dare contributi importanti perché la storia abbia uno sviluppo accettabile, il popolo riprenda in mano i propri destini, la democrazia trionfi.
2 Luglio 2016 alle 18:39
È incredibile la chiusa. È proprio vero che la sinistra sarda ha introiettato così profondamente lo sguardo self-colonized che anche di fronte ai famosi “dati” o a tutte le evidenze del mondo seguiterà a vedere la propria terra non come un luogo marginalizzato da chi ha preso il potere proprio a seguito delle vicende qui descritte ma così, per la sua propria (presunta) natura di essere marginale ontologicamente. Un piccolo sforzo, avvocato Pubusa, chiunque può liberarsi dai propri pregiudizi. Anche lei.
4 Luglio 2016 alle 13:11
Caro Mongili,
grazie per il consiglio prezioso. Ne farò tesoro. Ma qui ho espresso un concetto tanto ovvio da essere perfino banale. Ho solo voluto dire che – e l’ho detto anche nell’affolata assemblea in piazza a Nuxis all’inaugurazione del murale – che ognuno di noi dalla sua postazione di lavoro o di residenza può dare un contributo, lavorando con serietà e impegno, alla conquista della libertà propria e degli altri. Cosa ci sia di incredibile in questo, non riesco a capire.