Minerali insanguinati e migranti
16 Luglio 2016Gianfranca Fois
Fuggono da guerre, carestie, espropri di terre, disastri ecologici, sono i migranti che arrivano sulle nostre coste e ai confini dell’Europa con la speranza di una vita migliore. Speranza che spesso è vana in questi nostri paesi percorsi da una feroce crisi economica che semina incertezza, paura e disperazione che politici senza scrupoli hanno manovrato e manovrano per i loro squallidi fini elettorali e di potere.
Succede così che si scateni un razzismo bieco che spinge molti cittadini a prendersela con migranti e profughi, cercando un capro espiatorio su cui riversare la propria impotenza, la propria rabbia, anziché prendersela con chi ha determinato questa crisi. La maggioranza di noi ignora quasi completamente quale sia la situazione di molti paesi africani da cui fuggono i migranti e i mass media, soprattutto la televisione, unico mezzo di informazione per il 70% degli Italiani, non ci offrono nessuno strumento di conoscenza e di analisi.
Il Congo ad esempio, come altri stati dell’Africa, è in balia di guerre sanguinose combattute in gran parte per gli interessi di ristretti gruppi di potere legati in vario modo a società transnazionali e a stati così detti occidentali, oltre che a grandi organizzazioni criminali all’estero, che cercano di controllare e di supportare i vari movimenti guerriglieri per poter sfruttare le enormi ricchezze naturali del paese.
Il Congo infatti è un paese ad alta concentrazione di minerali, soprattutto quelli necessari per gli strumenti più sofisticati e tecnologici e per la produzione di oggetti di uso quotidiano: cellulari, computer, tablet, lampade, play station. Si tratta di materie prime, coltan (miscela complessa di columbite e tantalite), tungsteno, tantalio, stagno, oro, diamanti, la cui estrazione e il conseguente commercio sono causa di uno sfruttamento sistematico, di violenza, guerre, catastrofi ambientali così come del fallimento di tutti i tentativi di fermare i conflitti.
Migliaia, in questa situazione, sono ad esempio i bambini costretti a lavorare nelle miniere in condizioni terribili, inimmaginabili, migliaia le donne stuprate, 5 milioni sono i morti, 2 milioni gli sfollati. Il Congo è stato definito “scandalo geologico” proprio per la grande presenza di minerali cui si aggiungono le foreste fluviali ricchissime di legno pregiato e grandi fiumi che danno una notevole quantità d’acqua e quindi sono importantissimi per il controllo strategico delle riserve idriche. Mentre però il PIL del Congo cresce in maniera significativa, il PIL individuale è basso e in calo, segno che la ricchezza prodotta viene trasferita altrove.
Infatti il 98% dei profitti va all’estero, il 2% rimane in Congo ma serve soprattutto per mantenere le milizie locali e i gruppi armati che comprendono spesso bambini soldato mentre la popolazione vive nella miseria in regime di schiavitù, senza controllo sulle proprie risorse e senza alcun ricavo. Sono presenti 16.000 caschi blu dell’ONU che dovrebbero controllare il territorio ma spesso sono coinvolti essi stessi nel sistema di corruzione, nell’indifferenza interessata e spesso complice delle grandi potenze.
Visto che l’Unione europea è meta importantissima dei minerali provenienti dal Congo, da alcuni anni la Commissione, il Parlamento, il Consiglio europei hanno cercato, su pressione di associazioni sia laiche che religiose, di approvare una normativa che facesse entrare in Europa solo minerali “estratti in modo responsabile e senza alcun legame con conflitti e violazione dei diritti umani”.
Una legge simile è già stata approvata nel 2010 anche in USA, legge Dodd Frank, ma i risultati sono stati modesti, infatti molte società per mantenere inalterati i loro profitti hanno preferito spostarsi in altre zone per non certificare l’utilizzo di minerali non provenienti da zone di conflitti. La Dodd Frank infatti cita in modo preciso le zone geografiche interessate, in questo modo quindi è sufficiente far arrivare i minerali da territori confinanti dove vengono trasferiti.
Nel giugno di quest’anno è stato raggiunto l’accordo finale tra le tre componenti europee frutto di un compromesso che non soddisfa le numerose associazioni che avevano spinto per la rintracciabilità, il potere delle grandi società è difatti riuscito a rendere meno efficace la normativa.
Non viene infatti fatto obbligo a tutte le società interessate di controllare e certificare che non esiste legame tra estrazione dei minerali e conflitti sperando che le aziende abbiano un comportamento etico e procedano ad una autocertificazione volontaria, ma in questo modo viene a mancare il controllo su tutta la filiera tecnologica.
Insomma si tratta di un’altra occasione mancata per spingere le compagnie a procedere alle estrazioni in modo trasparente, sostenibile anche dal punto di vista dell’ambiente e porre così fine ai conflitti presenti in Africa, 27 nel solo 2015 legati al controllo e allo sfruttamento delle risorse minerarie.
Il nostro popolo, libero e felice/vivrà e trionferà nel nostro Congo. Qui, nel cuore della grande Africa In questo modo termina la poesia L’Africa sarà libera scritta da Patrice Lumumba, l’amato leader che guidò nel 1960 il popolo congolese alla conquista dell’indipendenza dal dominio belga.
Ma il cammino verso la libertà e la felicità è ancora molto lungo.
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