La mistificazione del Referendum: far credere che sia uno scontro tra ‘nuovo’ e ‘vecchio’
1 Novembre 2016Ottavio Olita
Ma cos’ha a che fare la cosiddetta riforma voluta dal trio Renzi-Boschi-Verdini con la progettazione e la costruzione della Carta Costituzionale frutto dell’alleanza democratica rappresentativa di tutto il popolo italiano vincitore sul nazifascismo? E come si fa a tentare di far passare per innovativa e moderna una proposta che, in nome di un preteso efficientismo, attribuisce un potere enorme, quasi assoluto, al partito di maggioranza e al Presidente del Consiglio da esso espresso?
Sono state queste le questioni principali poste nel dibattito svoltosi a Monastir sabato 29 ottobre e al quale hanno preso parte Luisa Sassu dell’Anpi, Michele Piras, parlamentare di Sel-Sinistra Italiana, Roberto Mirasola e i sindaci di San Sperate Enrico Collu e di Monastir Luisa Murru.
La prima riflessione è stata relativa alle modalità dell’informazione sul Referendum seguite dalle Tv e dalla stragrande maggioranza dei quotidiani stampati nazionali e locali. Tutte le iniziative per il Sì hanno grande rilevanza, quelle per il No vengono ignorate o relegate in brevi e invisibili spazi. Non solo. Spesso a favore del Sì l’informazione è doppia: prima quella del governo (Renzi, Boschi, Del Rio) con la scusa dell’attività istituzionale; poi le dichiarazioni a favore del No che vengono sempre e comunque inserite in pastoni nei quali si riparla delle ragioni del Sì.
E poi ci sono i confronti: Renzi-Zagrebelski; Renzi-De Mita; Boschi-D’Alema: giovani contro anziani, come se il referendum non riguardasse modifiche sostanziali alla nostra organizzazione democratica, ma soltanto una contrapposizione generazionale, il ‘nuovo’ contro il ‘vecchio’.
Sia Luisa Sassu, sia Michele Piras hanno smontato nel dettaglio quest’idea falsa e bugiarda. Soprattutto hanno dimostrato come questa classe politica incapace di affrontare e tentare di risolvere la grave crisi economica e occupazionale che colpisce soprattutto le giovani generazioni, scarichi sul funzionamento delle istituzioni tutte le loro responsabilità. Le conseguenze del Jobs Act, del Fiscal Compact, della Buona Scuola non sono colpa della Carta Costituzionale; sono i risultati di politiche scellerate che si occupano solo di limitazioni dei diritti e di taglio del welfare invece di pensare agli uomini e alle donne di questo Paese: come l’incredibile aumento del numero dei licenziamenti e del ricorso ai voucher documentato dall’Istat.
Altra bufala, quella del risparmio sui costi della politica: per 50 milioni di euro in meno, vale a dire il costo di un caffè per ogni cittadino italiano, si attaccano violentemente i presìdi di democrazia. Altro che eliminazione del bicameralismo. Il Senato, che continuerà ad esistere, sarà completamente snaturato nella sua composizione. Sarà formato da 100 nominati – 95 dei quali sindaci e consiglieri regionali – che godranno tutti dell’immunità parlamentare e che concorreranno all’elezione del nuovo Capo dello Stato e dei giudici della Consulta espressi dal Parlamento. Con il ‘combinato disposto’ – ‘orribile parolaccia’, l’ha definita Michele Piras – il partito che vincerà le elezioni, sulla base dell’Italicum, avrà il pieno controllo dei più importanti poteri dello Stato, anche quelli di vigilanza.
E’ questa la nuova democrazia che serve all’Italia e all’Europa in una fase storica nella quale si stanno accentuando gravi fenomeni di razzismo e xenofobia? Proprio ora sarebbe invece indispensabile una piena e vera applicazione dei princìpi dalla Carta Costituzionale, non una loro subdola, sotterranea e costante violazione come sta avvenendo con provvedimenti di legge che cancellano anche i diritti tutelati dalla prima parte della Costituzione, come il diritto al lavoro.
Tra i 47 articoli rivisitati in modo spocchioso e pasticciato ci sono anche quelli relativi alle autonomie locali. E su questo si sono soffermati i due sindaci e Roberto Mirasola, il quale, in particolare, ha spiegato come la riforma attacca pesantemente il ruolo politico delle regioni. Certo, si fa un generico riferimento alla salvaguardia delle Regioni a Statuto Speciale, ma come si farà a giustificare, alla luce di queste modifiche, un diverso trattamento con le Regioni a Statuto Ordinario? Quanti e quali ricorsi pioveranno sul tavolo della Corte Costituzionale. E chi deciderà sui temi dell’energia (per esempio il nucleare o il deposito nazionale delle scorie), e sulle trivelle, e sugli inceneritori?
Con uno Stato sempre più centralizzato e autoritario, chi subirà maggiormente le conseguenze dell’insoddisfazione dei cittadini? Le istituzioni a loro più vicine, vale a dire gli Enti Locali, i Comuni, in particolare. Su questo si sono soffermati con grande competenza e passione sia Enrico Collu, sia Luisa Murru, i due sindaci. I disastri fatti dal patto di stabilità che oggi viene chiamato ‘Bilancio Armonico’ hanno impedito di fatto agli amministratori locali di operare nel modo migliore. Anche per questo bisogna tornare allo spirito originario della Carta Costituzionale e opporsi a questa riforma che rischia di condizionare pesantemente il futuro della nostra democrazia. Bisogna proiettarsi davvero al futuro – ha concluso Luisa Murru – e pensare che, comunque, prima o poi, Renzi e i suoi andranno a casa, ma la Carta Costituzionale resterà. Come la vogliamo? Come l’hanno costruita i Padri Costituenti o come l’hanno riscritta Renzi-Boschi-Verdini?