Referendum: J.P Morgan come Gelli, ma oggi è solo silenzio
22 Novembre 2016
Ottavio Olita
‘La 7’, dimostrando un’autonomia e un coraggio che non conoscono Rai e Mediaset, ha mandato in onda nella trasmissione ‘La Gabbia’, di Gianluigi Paragone, un lungo servizio di ricostruzione storica del ruolo avuto dalla banca americana J.P. Morgan e dal suo principale testimonial, l’ex premier inglese Tony Blair, nel ‘suggerire’ a Renzi e alla sua maggioranza le modifiche costituzionali.
La premessa del colosso bancario è che le Costituzioni dei Paesi del Sud Europa consentono troppa democrazia, attribuiscono troppi diritti, sono ancora marcatamente ‘socialiste’. La memoria, troppo corta, di quegli intellettuali e storici che amano sempre salire sul carro del vincitore, ha rapidamente cancellato il ricordo di quello che suggerivano Licio Gelli e la P2 con il cosiddetto “Piano di Rinascita Democratica”.
Le iniziative di Silvio Berlusconi e il suo programma politico, compreso quel progetto di riforma costituzionale, scatenarono allora preoccupazione, allarme, appelli. Oggi totale silenzio, facciamo finta di nulla. Contemporaneamente si scatenano ‘analisti finanziari’, giornali economici europei, istituti di credito a diffondere a man bassa la paura che se al referendum vincerà il NO ne conseguirà un disastroso crac economico, dallo spread incontrollato, fino alla possibile uscita dall’euro.
Ora, per noi che sosteniamo il NO, opporci a questi metodi è assolutamente logico e giusto: per noi la libera determinazione dei cittadini è sovrana. Ma è possibile che non lo facciano anche i sostenitori del SI’? Se strumentalmente sperano di ottenere dei vantaggi da tanti allarmi, perché conseguentemente non intendono anche chiedersi quale sarà la ricaduta politica di tutto questo?
La volontà degli elettori condizionata dal mondo finanziario. Come si fa ad accettare che la democrazia di un Paese debba sottostare agli interessi di chi domina un mercato drogato, che di libero non ha più assolutamente nulla? Ecco perché, in definitiva, il confronto, trasformato in scontro, non avviene sulla sostanza delle questioni: i 47 articoli della Carta modificati, la costruzione della nuova istituzione repubblicana, la limitazione del voto dei cittadini, l’accentramento di poteri nelle mani del partito vincente e del suo capo.
Ed ecco perché si glissa su quell’altro punto – pericolosissimo per le autonomie regionali e locali garantite dalla Costituzione – definito ‘interesse nazionale prevalente’. Su questo, basti una sola considerazione. Se passerà questa riforma, cosa ne sarà dell’opposizione diffusissima, in particolare in Sardegna, alle trivelle e alla possibilità che venga individuata nel territorio isolano la sede del deposito nazionale delle scorie nucleari? La volontà popolare non conterà più nulla di fronte al ‘superiore interesse nazionale’.
Gli slogan offuscano la ragione. Per questo bisogna scegliere la strada, difficile, faticosa, del ragionamento politico. Chissà che non serva anche a chi, onestamente, solo per fedeltà di schieramento, sostiene un progetto che rischia di cambiare il futuro democratico del Paese. L’Italia, i suoi cittadini, i suoi giovani, il futuro di tutti sono molto più importanti di Renzi, Boschi, Verdini; così come dei colossi finanziari che vogliono condizionare le nostre scelte.
Bisogna dire NO anche per questa ragione.
23 Novembre 2016 alle 13:49
Grazie Ottavio