Edilizia sarda
1 Agosto 2017Gian Franco Camboni
L’intervento di Gian Franco Camboni della sezione PCL Sassari-Olbia sull’edilizia sarda.
La struttura del settore edile ha al suo vertice grandi imprese che gestiscono investimenti pubblici e privati col sistema dei subappalti. Questo sistema frantuma la forza lavoro e la espone al ricatto permanente politico e sindacale. La crisi inarrestabile, iniziata al maggio del 2007 col crollo della Borsa di Shangai, ha fatto passare l’occupazione nel settore edile (edili, impiantisti, installatori, progettisti e servizi) dalle 67.101 unità alle 31.494 dell’ottobre 2016. Nel 2017 non c’è stata alcuna inversione di tendenza, il quadro generale della disoccupazione è del 17,3% e il numero degli incidenti sul lavoro nelle imprese della Sardegna attesta a più di 24 al giorno per un totale di 9.017, nel 2016, con un trend in crescita del 2,7% rispetto al 2015. Stessa tendenza anche nel comparto artigiano: 1.071 incidenti e percentuale in aumento dell’1,6%. La burocrazia sindacale si è guardata bene dal contrastare la “filossera” della crisi.
La struttura del settore pone difficoltà, superabili, alla costruzione di un’organizzazione sindacale di combattimento. Nel settembre 2011 le imprese fino a 5 dipendenti erano 1.590, nel settembre 2016 1.106. Nello stesso periodo di tempo: quelle da 6 a 9 dipendenti sono passate da 380 a 217, quelle da 10 a 19 da 226 a 124; quelle oltre i venti dipendenti da 44 a 37.
Il padronato grande e piccolo ha approfittato della crisi per realizzare un colpo da maestro che ci porterà alla restaurazione del sistema delle gabbie salariali in Sardegna, in Sicilia e in Meridione (disoccupazione in Calabria 23,2%; Sicilia 22,1%; Campania 20,4%; Puglia 19,4%). Nel febbraio 2017 Confartigianato Edilizia Sardegna, Casartigiani Sardegna hanno firmato il nuovo contratto di lavoro regionale per le imprese edili artigiane che gli altri firmatari, Giovanni Matta della Filca Cisl ed Enrico Cordeddu ed Erika Collu della Fillea Cgil, hanno così commentato: “il contratto regionale adegua anche le retribuzioni dei lavoratori, legandole in parte all’andamento del settore e tuttavia, come richiesto dalle parti datoriali, salvaguardando le imprese in difficoltà”.
Questo è l’autonomismo regionalista dei padroni dell’edilizia. Il sistema piramidale dell’edilizia viene rafforzato tutto a spese del lavoro dipendente.
Queste vittorie del padronato sul piano dell’organizzazione dei rapporti di lavoro sono inseparabili sono parte integrante del sistema imprenditoriale che cementificato le nostre coste alterando in modo irrazionale il ricambio organico con la natura. La cementificazione delle coste è parte integrante del sistema di scelte della borghesia sarda e italiana che ha prodotto il disastro ecologico-sanitario di P. Torres, del Sulcis. La scelta sciagurata del petrolchimico – che fu l’altra faccia della sconfitta del movimento operaio (edili, minatori) contadino e dei pastori per la Rinascita- non fu fatta da ascari sprovveduti ma da Antonio Segni e da, un altro esponente della borghesia sassarese, presidente dell’Istituto Mobiliare Italiano. Il via fu dato dal governo del centro sinistra regionale quando il Partito socialista tradì la sua stessa base e ruppe col Partito comunista. Allora Pietrino Soddu questo anticomunista di sempre fu l’ideologo del sistema dell’indotto, intorno alla fabbrica di Rovelli, fatto di piccole e medie imprese che sarebbero mai entrati in crisi. Molta merdaccia che si è servita dell’ideologia antindustrialista dagli anni ottanta fino ad oggi, prima erano industrialista, ma sempre contro i lavoratori.
I lavoratori edili sono decine di migliaia di individui che se organizzati in modo indipendente contro lo sfruttamento e la disoccupazione possono strappare conquiste e contribuire a rovesciare i rapporti di forza tra la masse subalterne e la classe dominante sarda e italiana.
Dobbiamo elaborare un obiettivo di lotta generale per i lavoratori edili in cui si combinino le seguenti istanze:
-lotta per la piena occupazione nel settore;
-lotta per un sistema salariale in cui vengano abolite tutte le leggi vigenti, aumenti il potere d’acquisto e dotato della scala mobile;
-un sistema contrattuale a tempo indeterminato che elimini l’insicurezza e l’angoscia del lavoro a termine;
– la riqualificazione delle infrastrutture, compreso il sistema idrico di raccolta e distribuzione delle acque e lo sviluppo del sistema ferroviario interno e completando la dorsale sarda, vero monumento alla protervia del colonialismo sabaudo-repubblicano; ristrutturazione dei centri storici delle nostre città e dei nostri paesi;
-la valorizzazione delle capacità conoscitive-tecniche ed artistiche della forza-lavoro edile;
-l’accumulazione della massa critica per il rovesciamento dei rapporti di forza e la creazione forme politiche di democrazia rivoluzionaria per la realizzazione degli obiettivi rivendicati.
Se vogliamo trovare un’analogia, con tutte le riserve necessarie, col passato che ci aiuti a concepire e, anche, a immaginare il movimento di lotta che vogliamo costruire ci riferiamo al movimento di Rinascita degli anni ’50 in cui erano uniti le masse comuniste e socialiste. Quel movimento per vincere avrebbe dovuto adottare la linea del rovesciamento rivoluzionario e farla finita con l’ideologia autonomistica interclassista del gruppo dirigente del partito comunista e di quello socialista. Un momento di lotta della storia sarda contemporanea che si è espressa, anche nell’arte, pensiamo ai quadri di Foiso Fois. Quella lotta era destinata a perdere perché il suo programma economico, che dava un colpo al rapporto economico coloniale, poteva essere realizzato rompendo con lo stato imperialista italiano creando la repubblica sarda dei consigli, la sovranità nazionale totale. Ma così non fu e da quella sconfitta storica il numero del tipo politico del Compagno T, sapientemente indagato da Cristiano Sabino, è aumentato esponenzialmente.
Come unificare la combinazione delle rivendicazioni su esposte?
La risposta richiede una premessa necessaria. La Nazione Sarda è una formazione storica, “naciòn traydora y rebelle” così ci chiamò, uno dei nostri nemici storici, l’aristocrazia aragonese-catalana, parassita e predatrice. Fu questa, insieme, all’aristocrazia castigliana a massacrare arabi ed ebrei in nome della limpieza de sangre. La Nazione sarda è una formazione storica è come tale è determinata dalle dinamiche della lotta di classe interna e internazionale. La Nazione sarda della classe salariata e dei suoi alleati è la lotta contro la dittatura delle imprese capitalistiche e dele banche, la Nazione sarda per la borghesia indigena è un argomento da utilizzare per orientare le masse verso i suoi interessi (vedi il contratto regionale degli edili). Quando l’edile sardo, che ha partecipato a scioperi e mobilitazioni, indica in “sa regione” lo strumento con cui risolvere le questioni economiche intuisce che solo il potere politico totale, assoluto della classe salariata e dei suoi alleati (si veda il significato politico che hanno le “regionalizzazioni” rivendicate nel Programma di Macomer, scritta da Emilio Lussu e da Lionello de Lisi, approvato al III Congresso della Federazione sarda degli ex combattenti- 8-9 agosto 1920.
Noi proponiamo una campagna per un’agenzia pubblica che pianifichi la riqualificazione di ogni tipo d’infrastruttura, dei centri storici delle città e dei paesi per ripopolarli, la riqualificazione dell’edilizia popolare devastata per favorire la speculazione, salari elevati e contratti a tempo indeterminato. Si tratta di una rivendicazione economica che pone il problema dei rapporti di forza, perché solo invertendo il rapporto di forza può essere realizzata.
Perché? I beneficiari di una tale opera non saranno i padroni dell’edilizia, ma i lavoratori, le loro famiglie e il ricambio organico con la natura. Tutta l’attività di riqualificazione sarà condotta secondo i criteri della ricerca scientifica e “tagliando le mani” a chi dice di applicarli, ma non lo fa. Si porranno le premesse per la Rinascita delle nostre foreste, del ritorno dell’acqua nei nostri fiumi e nei nostri torrenti. Il comunismo è costruire secondo estetica ha scritto il Moro. A uno dei settori della dominazione coloniale verrebbe tolta ogni agibilità per saccheggiare e sfruttare.
Ormai fra le masse l’idea truffaldina che le “privatizzazioni” avrebbero rilanciato l’economia è ampiamente screditata. Un lavoratore edili che nel corso della sua vita ha partecipato con continuità agli scioperi e alle mobilitazioni sindacali sa bene che il capitalismo si tiene a galla con i soldi pubblici. Nonostante l’ideologia dominante, l’istinto di classe permette di fare bene i conti.
Se si vuole saldare la lotta della liberazione nazionale e sociale bisogna partire dalle condizioni di vita delle grandi masse e gli edili sono un settore determinante. Molti di quei muratori che sono arrivati ai sessant’anni parteciparono nella seconda metà degli settanta contro la base dell’imperialismo USA concessa dal democristiano Andreotti al Pentagono. Le masse dei lavoratori edili odiano chi li ha costretti per anni ad andare avanti e indietro dall’interno alla costa e viceversa, sapendo cosa li costringevano a costruire.
Sezione PCL Sassari-Olbia