Usi civici story, in Sardegna
16 Settembre 2017Stefano Deliperi
In questa torrida estate 2017 sono nuovamente tornati d’attualità in Sardegna i diritti d’uso civico. Tante polemiche, prese di posizione di esponenti governativi nazionali e regionali, di associazioni e intellettuali. In tanti han parlato – anche con atti formali – ma è molto fondato il dubbio che spesso l’abbiano fatto senza sapere nemmeno di che cosa parlavano. Proviamo, così, a far un po’ d’ordine. Sempre che sia possibile.
I diritti di uso civico e i demani civici, un grande patrimonio per la Sardegna.
Gli usi civici e gli altri diritti d’uso collettivi sono in generale diritti spettanti a una collettività, che può essere o meno organizzata in una persona giuridica pubblica (es. università agraria, regole, comunità, ecc.) a sé stante, ma comunque concorrente a formare l’elemento costitutivo di un Comune o di altra persona giuridica pubblica: l’esercizio dei diritti spetta uti cives ai singoli membri che compongono detta collettività. Il quadro normativo vigente è dato fondamentalmente dalla legge n. 1766/1927 e s.m.i., dal regio decreto n. 332/1928 e s.m.i., dalla legge regionale n. 12/1994 e s.m.i. Gli elementi comuni a tutti i diritti di uso civico sono stati individuati in:
– esercizio di un determinato diritto di godimento su di un bene fondiario;
– titolarità del diritto di godimento per una collettività stanziata su un determinato territorio;
– fruizione dello specifico diritto per soddisfare bisogni essenziali e primari dei singoli componenti della collettività.
L’uso consente, quindi, il soddisfacimento di bisogni essenziali ed elementari in rapporto alle specifiche utilità che la terra gravata dall’uso civico può dare: vi sono, così, i diritti di uso civico di legnatico, di erbatico, di fungatico, di macchiatico, di pesca, di bacchiatico, ecc. Quindi l’uso civico consiste nel godimento a favore della collettività locale e non di un singolo individuo o di singoli che la compongono, i quali, tuttavia, hanno diritti d’uso in quanto appartenenti alla medesima collettività che ne è titolare.
Dopo la legge n. 431/1985 (la nota Legge Galasso), i demani civici hanno anche acquisito una funzione di tutela ambientale (riconosciuta più volte dalla giurisprudenza1). Questa funzione è importantissima, basti pensare che i demani civici si estendono su oltre 5 milioni di ettari in tutta Italia (un terzo dei boschi nazionali), mentre i provvedimenti di accertamento regionali stanno portando la percentuale del territorio sardo rientrante in essi a quasi il 20% (circa 4-500.000 ettari). Molte normative regionali, così come anche la legge regionale sarda n. 12/1994 e s.m.i., vi hanno aggiunto alcune nuove “fruizioni” (es. turistiche), ma sempre salvaguardando il fondamentale interesse della collettività locale.
In particolare sono rimasti invariate le caratteristiche fondamentali dei diritti di uso civico. Essi sono inalienabili (art. 12 della legge n. 1766/1927), inusucapibili ed imprescrittibili (artt. 2 e 9 della legge n. 1766/1927): “intesi come i diritti delle collettività sarde ad utilizzare beni immobili comunali e privati, rispettando i valori ambientali e le risorse naturali, appartengono ai cittadini residenti nel Comune nella cui circoscrizione sono ubicati gli immobili soggetti all’uso” (art. 2 legge regionale n. 12/1994). Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica amministrazione competente soltanto verso corrispettivo di un indennizzo da corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato ad opere permanenti di interesse pubblico generale (art. 3 della legge regionale n. 12/1994).
Con deliberazione Giunta regionale n. 25/11 del 23 maggio 2017 è stato approvato l’atto di indirizzo interpretativo per la gestione delle competenze in materia di diritti di uso civico in Sardegna. Sono stati, così, innovati e integrati i precedenti indirizzi interpretativi per i procedimenti relativi alla gestione dei diritti di uso civico e dei demani civici emanati con il decreto Assessore Agricoltura R.A.S. n. 953/DEC A 53 del 31 luglio 2013, previa deliberazione Giunta regionale n. 21/6 del 5 giugno 2013.
Infine, con l’approvazione regionale degli strumenti previsti (regolamento per la gestione, piano di recupero e gestione delle terre civiche) è, così, possibile tutelare efficacemente il demanio civico e svolgere tutte quelle operazioni (permute, recuperi, sdemanializzazioni, trasferimenti di diritti, ecc.) finalizzate a ricondurre a corretta e legittima gestione una vera e propria cassaforte di natura della comunità locale.
Qual è la situazione dei demani civici in Sardegna?
I nostri legislatori regionali si sono in gran parte distinti nel tempo per il disinteresse verso la salvaguardia dei demani civici e dei diritti di uso civico delle Collettività locali. L’attuale legislatura non ha alcuna differenza con quelle passate. Non ha fatto tradizionalmente meglio l’apparato tecnico-amministrativo della Regione autonoma della Sardegna, tant’è che s’è pensato bene di delegare gran parte delle competenze amministrative all’Agenzia regionale Argea Sardegna, nata per gestire le procedure di sostegno al settore agricolo. Le deleghe amministrative sono state operate fondamentalmente con la legge regionale n. 3/2008 (art. 7, comma 19°) e con la deliberazione Giunta regionale n. 65/34 del 6 dicembre 2016.2
Nella storia recente una preoccupazione costante è stata quella di promuovere provvedimenti legislativi e amministrativi di sdemanializzazione, denominati erroneamente nell’Isola “sclassificazione”, a partire dalla legge regionale n. 18/1996 che comportò una prima serie di operazioni di sdemanializzazione di terreni dal regime demaniale civico perché irrimediabilmente trasformati da lottizzazioni edilizie lungo alcuni tratti costieri come Costa Rey – Monte Naj, in Comune di Muravera.
Tanta fretta (erano passati solo due anni dalla legge regionale n. 12/1994) era determinata dal procedimento penale aperto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari riguardo le vendite illecite di terreni a uso civico a scopo speculativo da parte di alcuni Comuni, su puntuali denunce delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra. Numerosi notai erano indagati e l’allora Assessore regionale dell’agricoltura Felicetto Contu (eterno rappresentante delle Istituzioni, ancor oggi difensore civico regionale), casualmente anch’egli notaio, prese a cuore la vicenda promuovendo un iter rapido del relativo disegno di legge regionale.
Gli attacchi istituzionali alle terre collettive perdurarono anche durante l’Amministrazione regionale Soru, pur ben disposta verso la tutela ambientale: con la legge regionale 11 maggio 2006, n. 4 venivano introdotte nell’ordinamento regionale nuove e pericolose ipotesi di sdemanializzazione, poi abrogate – dopo reiterate proteste delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra – dalla legge regionale 12 giugno 2006, n. 9. L’Amministrazione regionale Cappellacci proseguirà nei tentativi di nuove sdemanializzazione di terreni dal regime demaniale civico con la legge regionale 7 agosto 2009, n. 3 e poi con la legge regionale 30 giugno 2011, n. 12, che prevede la possibilità di sclassificazione dal regime demaniale civico dei soli “terreni soggetti ad uso civico siti in località Oddoene nel Comune di Dorgali, che abbiano perso la destinazione funzionale originaria di terreni boschivi o pascolativi”, al fine di risolvere la vicenda di decine di casi di abusivismo edilizio realizzati nella vallata di Oddoene e appartenenti al demanio civico di Dorgali, assegnati negli anni ’40 e ’50 del secolo scorso in enfiteusi a residenti e, in buona parte, illegittimamente alienati in momenti successivi.
Nel 2012 venne ancora presentata la proposta di legge n. 372 per consentire una ripresa delle operazioni di sdemanializzazione. In troppe occasioni si è tentato di promuovere assurde operazioni di sdemanializzazione, mediante via legislativa e successivi provvedimenti di attuazione, veri e propri nuovi Editti delle Chiudende, sempre avversati dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, con campagne stampa e segnalazioni al Governo per sollevare conflitti di attribuzione (art. 127 cost.) davanti alla Corte costituzionale. In due casi è stato il Giudice delle Leggi a esprimersi in modo netto: la legge regionale Sardegna n. 19/2013 è stata duramente bocciata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 210/2014, così come la legge regionale Sardegna n. 5/2016 è stata cassata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 103 dell’11 maggio 2017. La legge regionale Sardegna n. 5/2016 era, poi, giunta all’approvazione consiliare dopo una serie di proposte normative, anche a iniziativa della Giunta Pigliaru, veramente scandalose.
Gli accertamenti dei demani civici “scomparsi”.
Le operazioni di accertamento dei demani civici concluse all’aprile 2012 hanno già riguardato finora ben 236 Comuni sui 377 della Sardegna e costituiscono l’Inventario generale delle Terre civiche, previsto dagli artt. 6-7 della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i. Secondo quanto riportato nell’interrogazione consiliare n. 309/A del 3 marzo 2015 dell’on. Oscar Cherchi (primo firmatario) e altri – tuttora senza risposta – in forza dell’appalto ‘Procedura aperta per l’affidamento del servizio relativo all’accertamento formale e/o all’inventario generale dei beni civici dei comuni della Regione autonoma della Sardegna’ concluso nell’aprile 2012, sarebbero disponibili i necessari atti per portare a compimento i procedimenti di dichiarazione dei diritti di uso civico e dei demani civici in ben 123 ulteriori Comuni della Sardegna (per 21 Comuni è stata accertata l’inesistenza di diritti di uso civico).
Però, a distanza di più di quattro anni, il competente Direttore del Servizio Attuazione misure agroambientali e Salvaguardia della biodiversità dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale (dov’è incardinato il Settore Usi civici, competente in materia) non ha provveduto per ragioni non conosciute, pur essendo l’attività in argomento chiaramente indicata come preminente nel Programma regionale di sviluppo 2014-2019 (4.10.1 Azione regionale di governo delle terre civiche), fondamentale atto di programmazione disposto dalla legge regionale n. 11/2006.
Il mancato utilizzo del risultato di appalti di servizi regolarmente collaudato e il cui corrispettivo sia stato liquidato senza comprovati motivi o cause di forza maggiore potrebbe concretare eventuali ipotesi di responsabilità per danno erariale (legge n. 20/1994 e s.m.i.). Per giunta, alla data odierna, le cariche di Direttore del Servizio Attuazione misure agroambientali e Salvaguardia della biodiversità dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale e di Direttore del Settore Usi civici risultano vacanti, mentre – secondo la citata interrogazione consiliare n. 309/A – sarebbe stato costituito un non meglio precisato “gruppo di lavoro” non formalizzato con componenti e compiti non conosciuti.
A pensar male si farà pure peccato, ma non ci vuol molto a immaginare una nuova operazione di accertamento, magari annacquato, magari con incarichi affidati a soggetti dei consueti entourages universitari con conseguente esborso di parecchi soldi pubblici Preludio dell’ennesima depredazione ai danni dei demani civici Speriamo proprio che non accada, ma si tratta di ipotesi tutt’altro che campate per aria.
Soprattutto ora che la Giunta regionale, con la deliberazione n. 65/43 del 6 dicembre 2016, oltre a individuare la procedura di legittimazione (art. 9 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.) presso gli uffici regionali, ha provveduto a delegare ulteriori competenze in materia di usi civici all’Agenzia Argea Sardegna (art. 7, comma 19°, della legge regionale n. 3/2008), fra cui proprio quelle relative alle procedure di accertamento delle aree a uso civico, nonché – guarda caso – per “la costituzione di un gruppo di lavoro composto da personale del sistema Regione particolarmente qualificato in materia di usi civici e da un massimo tre esperti tecnici esterni”, finanziato con 300 mila euro provenienti dai fondi già destinati alla lotta alla peste suina africana. Compito del gruppo di lavoro? Realizzare “un progetto triennale finalizzato all’esame e risoluzione delle problematiche di maggiore rilevanza in materia di usi civici” come se non fosse già compito degli uffici regionali competenti…
I recuperi dei terreni occupati illegittimamente da privati e le operazioni di riordino dei demani civici.
Sono, poi, tantissimi i casi di terreni a uso civico illegittimamente occupati da privati, da Portoscuso a Orosei, da Carloforte a Nuoro, a Posada, a Siniscola, a Villagrande Strisaili, a Villacidro, a Lotzorai, a tanti altri Comuni. L’art. 22 della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.3 prevede l’obbligo di recupero dei terreni a uso civico illegittimamente occupati a carico dei Comuni e, in caso di inerzia, con intervento sostitutivo regionale: pur essendo ben note tali situazioni negli atti dell’Inventario generale delle Terre civiche, non si è a conoscenza di eventuali interventi in via sostitutiva da parte della Regione autonoma della Sardegna in alcuno dei numerosissimi casi di inerzia da parte dei Comuni interessati. E’ ora di farlo.
Le azioni in difesa dei diritti di uso civico del GrIG.
Oltre alle campagne di sensibilizzazione e alle segnalazioni al Governo per sollevare conflitti di attribuzione (art. 127 cost.) nei confronti delle normative regionali lesive dei diritti di uso civico, il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus sta conducendo una battaglia legale per giungere alla promulgazione dei restanti 123 provvedimenti di accertamento di altrettanti demani civici , tuttora chiusi nei cassetti regionali, e per l’avvio dei recuperi delle terre collettive occupate illegittimamente. In proposito, sono state rivolte due specifiche istanze (21 ottobre 2015 e 30 gennaio 2017) alla Regione autonoma della Sardegna e a una prima serie di Comuni dove risultano occupazioni illegittime, in seguito alle quali la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari (anch’essa destinataria delle istanze) ha aperto un procedimento penale. Non solo.
La Petizione contro il nuovo Editto delle Chiudende promossa dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus per la difesa delle terre civiche in Sardegna ha raccolto ben 1.176 adesioni ed è stata oggetto di discussione nel corso dell’incontro tenutosi il 10 aprile 2017 con il Presidente della Regione autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru e i suoi collaboratori insieme alle proposte contenute nella Proposta di legge regionale “Trasferimento dei diritti di uso civico e sdemanializzazione di aree compromesse appartenenti ai demani civici”, predisposta sempre dal GrIG.
Le norme sugli usi civici della legge regionale Sardegna n. 11/2017.
A fine giugno 2017 il Consiglio regionale ha approvato la legge regionale Sardegna n. 11/2017 in materia di urbanistica, ma contenente alcune norme (artt. 36-41) in tema di usi civici. In proposito, il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha espresso forte soddisfazione, in quanto sono state sostanzialmente accolti i contenuti della propria Proposta di legge regionale “Trasferimento dei diritti di uso civico e sdemanializzazione di aree compromesse appartenenti ai demani civici”.
La recente legge regionale prevede interventi esclusivamente finalizzati a ripristino e bonifiche ambientali nei demani civici in assenza di titolo per l’occupazione dei terreni (art. 36), come in varie aree minerarie del Sulcis, viene introdotta la valutazione paesaggistica congiunta con il Ministero per i beni e attività culturali attraverso l’istituto della copianificazione nei casi di permuta e alienazione di terreni a uso civico (art. 37), viene resa permanente la possibilità del trasferimento dei diritti di uso civico in caso di reali benefici per la collettività locale titolare dei diritti (art. 38).
Inoltre, finalmente, l’ipotesi di sdemanializzazione di terreni a uso civico che abbiano perso irreversibilmente le loro caratteristiche morfologiche viene vincolata al trasferimento dei diritti di uso civico in terreni di valore ambientale messi a disposizione da parte del Comune interessato e dalla Regione (art. 39), così da non impoverire ambiente e patrimonio delle comunità locali nei casi di trasformazioni irreversibili di terreni a uso civico. Anche nei casi di sdemanializzazione e trasferimento dei diritti di uso civico la valutazione congiunta del valore paesaggistico è attuata attraverso l’istituto della copianificazione, mentre vengono previste procedure per la regolarizzazione degli atti di alienazione eventualmente intervenuti. Un primo importantissimo passo verso la legalità e la corretta gestione di diritti collettivi e di un patrimonio che interessa 4-500 mila ettari di coste, boschi, pascoli, terreni agricoli e quasi tutti i territori comunali dell’Isola.
Il bacino dei fanghi rossi di Portoscuso, gli usi civici, il Soprintendente Martino.
Il Soprintendente per Archeologia, Belle Arti, Paesaggio di Cagliari Fausto Martino è stimato per la sua determinazione e competenza nel difendere l’ambiente. Nel caso di specie, ha contestato pubblicamente (vds. G.A.Stella, Sardegna, il prezzo del lavoro nel Sulcis: raddoppiano i fanghi tossici, Il Corriere della Sera, 8 agosto 2017) la legge regionale e ha chiesto al Governo di impugnarla davanti alla Corte costituzionale, perché avrebbe consentito la sdemanializzazione di parte del bacino dei “fanghi rossi”, folle discarica di residui della lavorazione della bauxite per ottenere alluminio primario posta sulla costa di Portoscuso, nell’area industriale di Portovesme. Il bacino, realizzato a partire dal 1978 in parte su terreni a uso civico (accertati nel 2005) è oggetto del progetto di ripresa degli impianti Eurallumina, comprendente anche la nuova centrale a carbone. In tale nefasta ipotesi sarebbe ampliato a 178 ettari, con argini alti mt. 46 sul livello del mare.
Gli usi civici con il disastro ambientale di Portoscuso-Portovesme hanno, però, davvero ben poco a che fare: il progetto di ripresa degli impianti Eurallumina (fermi dal 2009) comprensivo della centrale a carbone c’entra ben poco con gli usi civici. La trasformazione avvenuta è irreversibile: quei terreni non potranno mai ritornare a vedere l’utilizzo collettivo per pascolo o legnatico, per esempio. Ha senso solo il trasferimento dei diritti su altri terreni con effettivo valore ambientale. Portoscuso soffre una situazione ambientale-sanitaria, addirittura peggiorata negli ultimi anni, che non consente alcun nuovo progetto industriale con aumento dei carichi inquinanti, per giunta fuori da ogni logica economica. Lo diceva anche l’attuale Presidente della Regione Pigliaru prima di diventare Presidente.
L’impugnazione da parte del Governo.
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 29 agosto 2017, ha deliberato il ricorso alla Corte costituzionale ai sensi dell’art. 127 cost. per violazione delle competenze statali in materia di tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e dei beni culturali (art. 117, comma 2°, lettera s, cost.) da parte della Regione autonoma della Sardegna con la legge regionale n. 11/2017.
Impugnati gli articoli 37 (permuta e alienazione di terreni a uso civico), 38 (trasferimento dei diritti di uso civico) e 39 (sdemanializzazione e trasferimento dei diritti di uso civico) della legge. Non impugnato l’art. 36 (regolamento di gestione dei terreni civici), che introduce una disposizione per consentire gli interventi di disinquinamento in assenza di titolo sui terreni a uso civico contaminati, e 40 (norme transitorie), norma di rinvio alla disciplina statale e per la conclusione delle procedure in corso.
Nel ricorso il Governo contesta la “implicita esclusione di una diversa valutazione complessiva tecnico-discrezionale della sussistenza attuale di valori paesaggistici anche non strettamente identificabili con il perdurare dei caratteri e degli usi civici (ad esempio, terreni agrari, ovvero boschivi o pascolativi) … precludendo soluzioni valutative diverse, volte anche, ad esempio, ad ipotizzare, come prevede l’articolo 143 del codice, processi di riqualificazione e recupero di contesti paesaggistici parzialmente compromessi o degradati, oltre al ripristino dello stato dei luoghi ove possibile”. Qui la delibera Consiglio dei Ministri 29 agosto 2017.
Le reazioni all’impugnazione governativa.
La notizia dell’impugnazione della legge regionale n. 11/2017 ha dato luogo ad accese reazioni e a un dibattito infinito come mai s’era visto in tema di usi civici. Spesso, però, è stata fatta una confusione infernale con un altro argomento, di ben maggiore attenzione: il disegno di legge regionale sul governo del territorio presentato nei mesi scorsi dalla Giunta Pigliaru.4 Tale confusione ha disorientato parecchie persone, convinte del contenuto negativo della legge sull’onda di dichiarazioni spesso sganciate dalla realtà dei fatti, convincimento alimentato dalle polemiche istituzionali incentrate fondamentalmente sul contenuto del disegno di legge regionale sul governo del territorio presentato dalla Giunta Pigliaru.
Reazioni fortemente negative da parte della Giunta regionale, plauso da parte di Italia Nostra, talvolta sostegno ai vertici del Ministero per i Beni e Attività Culturali e Turismo, ma estrema confusione su natura e ruolo delle terre collettive, oggetto della gran parte dell’impugnativa governativa, espresso da intellettuali che mai in passato han speso una parola in difesa degli usi civici.
Naturalmente il Ministro per i Beni e Attività Culturali e Turismo Franceschini ha difeso l’operato del proprio Ministero e del Soprintendente Martino, in particolare, ma sono state due prese di posizione della Sottosegretaria Borletti Buitoni a lasciare molto perplessi. Infatti, è emersa un preoccupante accostamento fra norme sugli usi civici impugnate – nella prima nota nemmeno citati – e disegno di legge regionale sul governo del territorio. Insomma, a voler esser buoni han mischiato le mele con le arance.
Qui le due note della Sottosegretaria Borletti Buitoni: Poscia, più che l’dolore potè il cemento (30 agosto 2017) e “Le piccole precauzioni conservano le grandi virtù” JJ Rousseau (4 settembre 2017).
La schizofrenia istituzionale.
E’ rimasto un po’ in ombra un fatto fondamentale. Su emendamento presentato dal sen. Lai, il Governo (di cui fan parte sia il Ministro Franceschini che la Sottosegretaria Borletti Buitoni) prima e il Parlamento poi hanno disposto che i “terreni” rientranti nei “piani territoriali di sviluppo industriale” di cui alle norme per gli interventi pubblici nel Mezzogiorno “sono sottratti dal regime dei terreni ad uso civico, con decorrenza dalla data di approvazione dei piani o loro atti di variante“, con buona pace di tutti (art. 3, comma 17° ter, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2017, n. 123, c.d. decreto per il Sud).
Fine degli usi civici al bacino “fanghi rossi” e cittadini di Portoscuso derubati una seconda volta, perché non avranno altri terreni a uso civico e ambiente in cambio. Fine anche a Villacidro, se è per quello. Fine degli usi civici anche su quei terreni non irrimediabilmente trasformati (come previsto dalla legge regionale Sardegna n. 11/2017) e sono parecchi ettari nelle aree industriali.
Per di più, il Governo delibera il ricorso alla Corte costituzionale il 29 agosto 2017, mentre la legge n. 123/2017 era già vigente (art. 17). Insomma, il Governo ha impugnato una norma che riguardo il caso oggetto d’interesse (gli usi civici nelle aree industriali) non dispiegava più alcun effetto proprio per volontà dello stesso Legislatore statale.
Perché non convincono le critiche alla legge regionale Sardegna n. 11/2017.
L’impugnazione davanti alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione (art. 127 cost.) della legge regionale n. 11/2017 per violazione delle competenze statali in materia di tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e dei beni culturali (art. 117, comma 2°, lettera s, cost.) non convince per nulla. E meno convincono certe voci in difesa, curiosamente mai sentite in occasione dei numerosi tentativi di nuovi Editti delle Chiudende effettuati da più di vent’anni a questa parte. Ecco perché:
1) la legge regionale Sardegna n. 11/2017 prevede esplicitamente il raggiungimento di accordi di copianificazione fra Ministero per i Beni e Attività Culturali e Turismo e Regione autonoma della Sardegna per i casi di permuta e alienazione di terre a uso civico (art. 37), trasferimento dei diritti di uso civico (art. 38) e sdemanializzazione e contestuale trasferimento dei diritti di uso civico (art. 39). Si tratta, in ogni caso, di provvedimenti che non possono essere adottati “sino alla sottoscrizione dell’accordo che riconosce l’assenza di valori paesaggistici determinati dall’uso civico”.
Quindi, senza accordo di copianificazione concluso non vi può essere alcun trasferimento, alienazione, permuta, sdemanializzazione di terreni a uso civico. Altro che pretesa “esclusione” delle articolazioni centrali e periferiche del Ministero per i Beni e Attività Culturali e il Turismo. Il Ministero ha, di fatto, potere vincolante: se non c’è conclusione dell’accordo di copianificazione, non si fa nulla: infatti, i relativi provvedimenti non possono essere adottati “sino alla sottoscrizione dell’accordo che riconosce l’assenza di valori paesaggistici determinati dall’uso civico”;
2) nell’ambito degli accordi di copianificazione Ministero-Regione, come noto, ben possono entrare processi di riqualificazione e recupero di contesti paesaggistici parzialmente compromessi o degradati, oltre alla previsione del ripristino dello stato dei luoghi ove possibile, nuovi provvedimenti e misure di tutela paesaggistica: non c’è alcun preteso “contenuto vincolato”. Sarebbe come volerlo vedere anche nel procedimento di autorizzazione paesaggistica solo perché l’art. 146 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. che lo riguarda è rubricato “autorizzazione”. Qualsiasi “cultore della materia”, come ha affermato la Sottosegretaria Borletti Buitoni, saprebbe leggerlo, anche un neofita animato da improvviso sacro furore per una materia precedentemente negletta. Siamo davvero interessati a sapere dove s’anniderebbe questo “contenuto vincolato”, visto che senza accordo di copianificazione sottoscritto non si può far nulla;;
3) non c’è, poi, sostanziale differenza con quanto previsto dalla legge regionale Sardegna n. 26/2016 non impugnata dal Governo5, se non riguardo la previsione di un’eventuale intervento sostitutivo…del Ministero per i Beni e Attività Culturali e Turismo dopo il termine ordinatorio di 90 giorni6. Evidentemente l’intervento sostitutivo eventuale del Ministero per i Beni e Attività Culturali e Turismo dev’essere considerato un sopruso incostituzionale;
4) difficile rinvenire “una nuova, anche diversa, qualità paesaggistica e sopratutto ambientale” nelle terre collettive occupate dalle aree industriali, come espresso dalla Sottosegretaria Borletti Buitoni, se i diritti di uso civico e, conseguentemente, il vincolo paesaggistico non esistono più, eliminati dal Legislatore statale (art. 3, comma 17° ter, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2017, n. 123, c.d. decreto per il Sud) all’insaputa di troppi. Magari, prima o poi, qualcuno lo spiegherà;
5) l’argomento della “scarsità di personale” delle Soprintendenze è quanto di meno “giuridico” si possa sentire: per esempio, è ben noto che nel procedimento di autorizzazione paesaggistica (art. 146 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) è previsto il parere obbligatorio e vincolante della Soprintendenza. Che si fa? L’espressione del parere di legge è legata alla presenza o meno di personale? Siamo seri…
E ora?
Naturalmente, ora bisogna serenamente attendere l’ennesimo pronunciamento della Corte costituzionale in materia, consapevoli che questa volta poteva esser risparmiato. Nel mentre, piaccia o non piaccia, il GrIG continuerà come sempre a difendere quei 4-500 mila ettari di demani civici sardi, anche grazie alle nuove norme oggetto di impugnazione governativa.A breve nuove azioni per il recupero dei terreni a uso civico illegittimamente occupati e per la promulgazione di decine e decine di accertamenti di altrettanti demani civici tuttora nei cassetti regionali.
1 vds. sentenze Corte cost. n. 345/1997, n. 46/1995 e ordinanze Corte cost. nn. 71/1999, 316/1998, 158/1998, 133/1993. Vds.. anche Cass. civ., SS.UU., 12 dicembre 1995, n. 12719; Cass. pen., Sez. III, 29 maggio 1992, n. 6537.
2 In precedenza, con varie competenze (es. istruttorie sulle istanze comunali di disposizioni dei terreni rientranti nei demani civici, ecc.) erano state delegate (determinazione Direttore gen.le Ass.to agricoltura n. 501 del 13 giugno 2006) agli Ispettorati provinciali dell’agricoltura, spesso privi di alcuna conoscenza della materia. Successivamente, con la legge regionale n. 2/2007 (art. 21, comma 11°), le funzioni già degli Ispettorati provinciali dell’agricoltura erano state trasferite all’Agenzia regionale Argea Sardegna, con una procedura non esente da dubbi di legittimità.
3 Art.22 – Recupero dei terreni civici
1. Entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge i Comuni devono promuovere le azioni necessarie per il recupero dei terreni comunali ad uso civico, il cui accertamento sia già avvenuto con decreto dell’organo competente, che risultino abusivamente occupati o detenuti senza titolo valido.2. In difetto vi provvede, su proposta dell’Assessore regionale dell’agricoltura e riforma agro – pastorale, la Giunta regionale mediante la nomina di un commissario ad acta.
4
qui i testi del disegno di legge regionale:
Delibera del 16 marzo 2017, n. 14/4 [file .pdf]
Disegno di legge concernente “Disciplina generale per il governo del territorio”.
Art. 1
Modifiche all’articolo 18 bis della legge regionale n. 12 del 1994
(Sclassificazione di terreni civici)1. Dopo il comma 7 dell’articolo 18 bis della legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1 concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda), è aggiunto il seguente:
“7 bis. Ai fini della valutazione degli aspetti paesaggistici la Regione e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact) effettuano le analisi e le verifiche di competenza in occasione dell’elaborazione congiunta del Piano paesaggistico regionale o, in fase anticipata, attraverso singoli accordi di copianificazione adottati ai sensi degli articoli 11 e 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), e successive modifiche ed integrazioni. Sino all’effettuazione di tali adempimenti il decreto di cui al comma 7 non produce effetti in merito alla sottrazione dei terreni oggetto di sclassificazione dalla categoria di beni paesaggistici vincolati ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), e successive modifiche e integrazioni”
“Ai fini della valutazione degli aspetti paesaggistici la Regione e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo effettuano le analisi e le verifiche di competenza in occasione dell’elaborazione congiunta del Piano paesaggistico regionale o, in fase anticipata, attraverso singoli accordi di copianificazione adottati, nel termine di novanta giorni dalla deliberazione del consiglio comunale, ai sensi degli articoli 11 e 15 della legge n. 241 del 1990, e successive modifiche ed integrazioni. Sino alla sottoscrizione dell’accordo che riconosce l’assenza di valori paesaggistici determinati dall’uso civico, il decreto di cui al comma 4 non può essere adottato. Decorso inutilmente il termine sopraindicato il Ministero provvede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 156, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004”.