Disastri ambientali di Furtei e di La Maddalena: c’è ben poco da gioire
1 Gennaio 2018[Stefano Deliperi]
Lo scorso 21 dicembre 2017 i vertici istituzionali della Regione autonoma della Sardegna, degli Enti locali interessati e delle società regionali coinvolte hanno presenziato a Furtei all’avvio (finalmente) dei lavori di bonifica ambientale sui 530 ettari devastati dall’inquinamento da metalli pesanti determinato dalla locale miniera d’oro dismessa.
Dal 1997 al 2008 sono stati estratti circa 5 tonnellate d’oro, 6 d’argento e 15 mila di rame in lingotti in forma composita, cioè non immediatamente utilizzabile, macinando 530 ettari di territorio per una quarantina di posti di lavoro. Poi il disastro ambientale. Ora inizia la bonifica, sempre a spese pubbliche, così come la realizzazione della medesima miniera.
Non si ha alcuna notizia di iniziative concrete ed effettive poste in essere dalla Regione autonoma della Sardegna per ottenere il pagamento delle spese per la messa in sicurezza e il ripristino ambientale da parte del Soggetto che rivestiva la qualifica di concessionario minerario, perlomeno mediante l’escussione delle fideiussioni di legge prestate.
Tutti gli importi impiegati o finanziati sono, quindi, fondi pubblici. La stima del costo complessivo della bonifica ambientale del sito inquinato è pari a 65 milioni di euro. La Regione autonoma della Sardegna annuncia di intervenire per la realizzazione degli interventi di bonifica ai sensi dell’art. 245 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i., con successiva facoltà di rivalsa nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese di bonifica e il maggior danno ambientale subìto (art. 253 del decreto legislativo n. 152/2006 e s,m.i.).
In pratica, se non ha incassato un euro finora, non lo incasserà quasi certamente mai. C’è quindi ben poco da gioire, a differenza di quanto fanno i vertici istituzionali della Regione autonoma della Sardegna. Privatizzati i ricavi, socializzate le perdite. Storia vecchia.
Roma, 27 dicembre 2017, il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il Presidente della Regione autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru sottoscrivono una specifica “intesa per la bonifica, il risanamento ambientale e la rigenerazione urbana dell’ex Arsenale e dell’area militare contigua al molo Carbone. Sul piatto 50,4 milioni di euro per ridare slancio non solo all’economia di un territorio ma all’intera Sardegna”.
Tutti felici e contenti, in secondo piano, quasi sussurrato, il fatto che il Gruppo Marcegaglia incassa 21 milioni di euro per una transazione relativa al mancato utilizzo dell’ex Arsenale trasformato in albergo e porto turistico. Sì, nessuno lo dice, ma le bonifiche ambientali già fatte dalla Protezione civile su 12 ettari contaminati, costate fra i 24,140 milioni (dati Protezione civile) e oltre 31 milioni di euro (ma gli importi previsti erano di molto superiori), oggetto di procedimenti penali ed erariali, sono quantomeno largamente incomplete (per non dire altro).
Finora nessun responsabile ha pagato, decine di milioni di euro di fondi pubblici sono finiti nelle solite tasche, l’unico che può gioire veramente è il Gruppo Marcegaglia, che ha ottenuto 21 milioni di euro senza aver aperto hotel e porto turistico nemmeno un giorno. Si avvicinano le elezioni politiche del prossimo 4 marzo 2018 e vogliono gabbellarci questi risultati gioiosi?