Il Cile nelle mani della destra. E l’Italia?
16 Febbraio 2018[Raffaele Deidda]
Il prossimo 11 marzo si insedia il nuovo presidente del Cile, Sebastian Piñera, vincitore delle elezioni presidenziali nel ballottaggio del dicembre 2017 contro Alejandro Guillier, il candidato della coalizione di centro-sinistra della presidenta uscente Michelle Bachelet.
Si tratta di un ritorno, essendo stato già presidente del Cile dal 2010 al 2014. Piñera è un uomo ricchissimo (i cileni lo definiscono “il Berlusconi del Cile”). I suoi interessi vanno dalle tv alle compagnie aeree, dall’edilizia fino al calcio (è proprietario della squadra Colo Colo). Fratello di José Piñera, uno dei più spietati collaboratori della dittatura di Augusto Pinochet, è un uomo di destra a cui la sinistra cilena attribuisce storie di tangenti, di affari poco chiari e di corruzione bancaria e finanziaria.
La sinistra, ma quale? Il docente cileno di giornalismo, analista politico e scrittore Ascanio Cavallo richiama uno studio del CEP, il Centro di Studi Pubblici, da cui risulterebbe che a fine 2017 solo il 16% dei cittadini cileni si sia dichiarato di sinistra, mentre il 20% si sia riconosciuto nella destra. Un altro 28% ha dichiarato di collocarsi politicamente al centro. Questo significa che il paese si è “destrizzato” sostiene Cavallo anche se, precisa, le nazioni non sono di destra o di sinistra ma tendono da una parte o dall’altra. Solo momentaneamente però, poi sono capaci di riorientarsi quando appare necessario. L’idea di una maggioranza immutabile si può definire reazionaria. Senza richiamare le intenzioni di voto, per completare la lettura dello scenario cileno occorre osservare come i cittadini, invitati ad esprimere un giudizio sul livello di soddisfazione relativo alla propria vita, si siano dichiarati totalmente soddisfatti in una scioccante percentuale del 70%.
Piñera ha vinto le elezioni pur con un’affluenza al voto molto bassa, sotto il 50%.
Da quando, nel 2012, è stata tolta l’obbligatorietà del voto, la disaffezione per le elezioni è aumentata moltissimo. Ha giocato a suo favore anche il fatto che il consenso verso il governo Bachelet fosse sceso ai minimi storici, soprattutto a causa di alcuni scandali di corruzione che l’avevano coinvolta assieme al figlio e alla nuora. Eppure con la presidenza Bachelet erano state adottate importanti misure in tema di diritti civili con l’approvazione del diritto all’aborto, almeno nei casi di gravidanza in seguito a violenza, pericolo di vita della madre e gravi malformazioni del feto, ed era stato presentato un disegno di legge che introduce il matrimonio per persone dello stesso sesso, unito alla possibilità di adozione.
Erano state anche avviate alcune riforme in materia di istruzione in direzione della gratuità dell’accesso all’educazione, tema molto sentito e generatore di diseguaglianze a causa dei costi insostenibili da parte dei giovani meno abbienti. Piñera ha vinto al ballottaggio col 54,57% dei voti, contro il 45,43% di Guillier, ribadendo le sue promesse di riforme utili a rilanciare l’economia, nel campo fiscale, dell’istruzione e del lavoro. Al primo turno aveva ricevuto il 36,6 per cento dei voti, con l’elettorato di centrosinistra diviso tra lui (22,7%) e Beatriz Sánchez (20,3%). La quinta potenza economica dell’America Latina sarà governata, ancora, da un presidente di destra per la seconda volta dal 1990.
Avendo come alleato, fra l’altro, l’ultraconservatore Jose Antonio Kast, nostalgico della dittatura di Pinochet, contrario all’aborto e all’immigrazione, che vuole un alleggerimento delle leggi sul possesso di armi per consentire ai cittadini di difendersi. Kast rappresenta quel 12% di popolazione cilena che secondo un recente sondaggio, nonostante il regime autoritario instaurato dopo il colpo di stato del 1973 sia considerato responsabile di circa 40.000 morti e desaparecidos, considera ancora il defunto dittatore militare uno dei migliori leader nella storia del Paese. Piñera si dichiara liberista, un convinto sostenitore della privatizzazione dei più importanti settori economici del Cile che è riuscito ad aggiudicarsi l’appoggio dal mondo imprenditoriale cileno che controlla la maggior parte delle risorse e dei servizi del Paese.
Con la risalita del prezzo del rame, minerale di cui il Cile è il maggior produttore al mondo e che rappresenta ancora il 50% delle sue esportazioni totali, con l’apertura di nuovi mercati per il litio, materia prima per la produzione delle batterie delle auto elettriche di cui il Cile detiene il 27% delle riserve mondiali, con la crescita dell’esportazione dei vini sempre più apprezzati, con le ricchezze dei suoi mari, il Cile ha tutti i requisiti per essere un paese ricco con una invidiabile qualità della vita. Permangono però, radicate e profonde, le disuguaglianze sociali e culturali in un paese che non ha chiuso il debito storico con la dittatura, che stridono con il paradigma neoliberista dell’economia che pure ha reso il Cile uno dei paesi più sviluppati del Sud America.
Ciò che appare evidente, e per taluni versi sconcertante, è come il centrosinistra cileno non sia riuscito a vincere le elezioni soprattutto a causa delle divisioni interne che di fatto hanno prodotto il sabotaggio del candidato Alejandro Guiller, in una consultazione dove per la prima volta la coalizione di centro-sinistra Concertación de Partidos por la Democracia, formatasi per sconfiggere il dittatore Pinochet, si è presentata divisa autocondannandosi alla sconfitta.
Il prossimo 4 marzo si vota in Italia per eleggere il Parlamento della Repubblica. La maggioranza parlamentare dovrà poi concedere la fiducia al prossimo Governo. A meno di un mese dalle elezioni il centrosinistra italiano si ritrova diviso come non mai in una lotta senza quartiere fra componenti, quasi incuranti delle percentuali di consenso raggiunte dalla destra nei sondaggi che dovrebbero far lanciare un richiamo assordante all’unità. Invece, sembra non interessare l’ipotesi di un ritorno dei berluscones, con corollario di “patrioti” italiani e di leghisti, padani e no. Tanto, la colpa sarà sempre dell’altro che ha “rotto” al centro oppure a sinistra e le lezioni, compresa quella cilena, non saranno servite a nulla.