Sardi ariani

16 Febbraio 2010

razza

Alfonso Stiglitz

Tra le tante identità reali o inventate che compongono l’universo mondo di noi sardi ve ne sono anche di nefaste. Nel 1938 il sardo Lino Businco, firmatario del Manifesto della Razza, docente di anatomopatologia all’Università di Roma, pubblicò nella rivista “la Difesa della Razza” un articolo dal titolo significativo di “Sardegna ariana”.Esponente del razzismo biologico, Lino Businco partecipò allo studio di scheletri provenienti da scavi archeologici in Sardegna. Dall’alto della sua autorità medica cercò di portare l’assunto della purezza razziale dei sardi sul terreno scientifico: “i Sardi vanno considerati come un gruppo purissimo di quegli ariani mediterranei che trovano la migliore espressione entro la razza italiana”. La giustificazione di ciò stava nel “lapalissiano” assunto che “non potevano appartenere a opachi aggruppamenti razziali africani quegli uomini i cui antenati avevano dato origine alla luminosa civiltà dei Nuraghi”. Continuava affermando “che tra i protosardi e la popolazione attuale vi era una singolare continuità di caratteri che attestava una mirabile conservazione del sangue attraverso i millenni”. La rivista razzista dedicherà al tema vari articoli nelle sue annate. Il problema era, ovviamente, quello di dare sostanza storica all’assunto razziale e di questo si incarica Paolo Rubiu, nel 1939, il quale sgombra subito il campo di “quegli strati in genere marginali” delle zone costiere “che hanno dovuto sottostare a contatti esterni” e all’impoverimento “del sangue della stirpe”, a differenza del centro dell’isola dove, invece, “caratteri costumi e tradizioni sono rimasti pressoché immutati superando i secoli”. Per concludere perentorio “niente razza di pigmei mediterranei, i sardi, nè spirito mercantile di fenici semiti. […] Razza autoctona, quella di Sardegna, insediata nell’isola prima delle migrazioni dell’oriente semitico”. Ma c’è, evidentemente, un problema in questo crescente esaltante: i sardi si ribellano ai romani e vengono conquistati. La risposta è di Paolo Rubiu, nell’articolo citato; i Sardi vengono conquistati ma non spariscono, si assimilano al punto che “ben può la Sardegna chiamarsi di razza ellenica romana “ Non mancano, ovviamente, gli Shardana di cui si occupa Claudio Calosso sempre nel 1939 per il quale “I Sardi dovevano coi Siculi e forse coi Liguri occupare la Libia, prima di passare nelle isole mediterranee, e della loro esistenza possiamo essere certi […] Scirtani o Sciardani, truppe mercenarie. In sostanza, come dice Claudio Calosso “una civiltà grandiosa e muta che ci dice di una Sardegna non estranea a tanto movimento di un popolo forse navigatore e certamente guerriero, audace, forte, già conosciuto centinaia d’anni prima della caduta di Troja”. Non va dimenticata, per non farci mancare niente, l’immancabile Atlantide. Per  Aldo Capasso, che scrive nel 1943, gli Iperborei, razza prenordica, dopo lo spostamento dell’asse terrestre trasferiscono la propria sede ad Atlantide e da qui con una serie di ondate si diffondono, da una parte verso il Danubio e il Mar Nero, dall’altra verso le grandi isole del Mediterraneo, compresa la Sardegna, sino a Troia e alla Palestina filistea, in ultimo verso la Libia e l’Egitto, dando origine alle dinastie Faraoniche sino ai Sumeri, Cina e Oceania. Nell’Età del Bronzo un’ultima ondata è quella dei Thuata de Danaan, che chiude il ciclo. A qualcuno sicuramente darà la sensazione di aver già sentito tutto questo, perché sono elementi che attraversano l’immagine della storia della Sardegna secondo i più vieti luoghi comuni, ancora duri da morire: la continuità e immodificabilità dei caratteri attraverso i millenni, il secolare isolamento dell’isola e l’arcaicità dei costumi, la luminosa civiltà dei Nuraghi superiore a qualsiasi altra come elemento costitutivo unico dell’identità sarda, Atlantide e gli Shardana come elementi costitutivi della rivendicazione del primato sardo contro la volontà occultatrice dell’archeologia ufficiale. Tutti temi oggi di nuovo alla ribalta in molta pubblicistica, ma su questo torneremo un’altra volta. Va detto che queste elucubrazioni ebbero un immediato e grave effetto sull’archeologia sarda. Nel 1938 a seguito dell’approvazione delle leggi razziali venne radiato, in quanto ebreo il prof. Doro Levi, docente di archeologia presso l’Università di Cagliari e soprintendente archeologo per la Sardegna. Un’infamia che ancora pesa. Fortunatamente, però, nell’ambito della ricerca scientifica archeologica, negli anni ’30 e ’40, i vaneggiamenti razziali non hanno peso nell’indagine e nelle interpretazioni e questo va a onore dell’archeologia ufficiale che, sebbene composta, di persone qualcuna anche sinceramente fascista, come Antonio Taramelli, non persero mai di vista il dato scientifico. Per cui, accanto agli scavi e analisi del mondo nuragico, si pubblicano le necropoli fenicie prova dell’influenza che questa civiltà ebbe sulla Sardegna.  L’antisemitismo seppure presente in superficie, come quando Taramelli parla delle “flaccide e bottegaie”, città puniche non si sovrappone al dato scientifico. Antonio Taramelli, che pure verrà nominato, anche per meriti fascisti, senatore del Regno, sottopone la sua azione archeologica solo ed esclusivamente al dato scientifico: “Con tutto il rispetto alle fonti ed ai loro sagaci commenti, sia permesso a me archeologo, di avere fede, speranza ed amore principalmente nell’indagine archeologica. Nell’indagine del passato tenebroso, lontano ed incerto la mia luce è quella della punta luminosa del mio piccone”. Voglio chiudere con una nota di contrappunto, ricordando uno scritto di quegli stessi anni, a riprova che di sardi coraggiosi ve ne erano anche nel pieno della repressione fascista. Emilio Lussu, sulla rivista Giustizia e Libertà del 21 ottobre 1938, mette alla berlina i comandamenti razziali e Mussolini, facendo notare che la Sardegna è un’isola e, quindi, e non può rientrare nell’asserita arianità della penisola italiana. Ma non si ferma lì e con feroce ironia proclama “È tempo che anche noi sardi ci proclamiamo francamente razzisti” e reclama “il diritto di chiamarci semitici, allo stesso modo con cui gli italiani della Penisola si dichiarano ariani”, portando a testimoni gli archeologi, in primo luogo il fascista Taramelli e mobilitando infine, “a difesa della razza sarda […] le impavide zanzare, di pura razza semitica” che avevano fermato le orde ariane mandate dai fascisti a popolare la Sardegna. Con questa immagine delle impavide zanzare semitiche baluardo contro ogni forma di razzismo possiamo congedarci dalla infame identità ariana che hanno tentato di appiopparci. Vi confesso che, dopo aver letto l’articolo di Emilio Lussu, ogni volta che ammazzo una zanzara mi vengono i sensi di colpa. P. S. Lino Businco mai è stato chiamato a rispondere dell’infamia razziale, né mai, mi risulta, ha fatto ammenda; anzi, nel 1964 è stato pure nominato “commendatore dell’ordine al merito della Repubblica”.

8 Commenti a “Sardi ariani”

  1. Alessandro Atzen scrive:

    Se è per quello gli hanno dedicato anche una via di Cagliari, dove vi è la “casa dello studente”.
    Interessante articolo Alfonso.

  2. Alfonso Stiglitz scrive:

    Attenzione, la via (e l’ospedale) è dedicata ad Armando Businco, antifascista, niente a che fare con Lino Businco. Fortunatamente
    Alfonso Stiglitz

  3. Andrea Nurcis scrive:

    L’argomento di questo articolo mi ricorda un fatto raccontato tanti anni fa da Costantino Nivola e sul quale realizzò anche dei disegni. A Roma assistette alla fucilazione dell’anarchico sardo Schirru che attentò alla vita del duce; questo evento fu accompagnato da centinaia di sardi che nei dintorni dei Fori Imperiali “festeggiarono” la fucilazione mettendo in scena gli usi e i costumi folkloristici dell’isola. Nel disegno di Nivola si vede questo panorama di Roma visto dall’alto: tra i monumenti e le strade un brulichio di omini vestiti coi costumi sardi tradizionali che ballano o si arrostiscono il porchetto, in un angolo la scena del plotone fascista che fucila Schirru. Forse è inutile ricordare in questo blog come il folklore, le tradizioni e il senso dell’identità locale siano stati degli strumenti utili al fascismo per avere il consenso popolare. Mi piaceva solo condividere una associazione che questo interessantissimo articolo di Stiglitz mi ha fatto venire in mente.

  4. Desi Satta scrive:

    Bella riflessione. Il virus del razzismo si cela spesso sotto mentite spoglie e quelle dei cialtroni che sfruttano l'”Identità Sarda” per veicolare miseri interessi personali, solleticando in fondo la vena razzista che alberga in tutti noi, sono particolarmente ributtanti. Resta il mistero dei loro epigoni (questo sì un mistero, altro che Atlantide e i Nuraghi) perché se i cialtroni si muovono per interesse, gli altri lo fanno per stupidità e, come dicevano gli antichi greci, contro di essa neppure gli dei possono nulla.

  5. Giuseppe Pesce scrive:

    Sono sicuro che il dottor Lino Businco è stato ospite fisso in una serie di trasmissioni RAI della fine anni 60/inizi 70 che venivano trasmesse a mezzogiorno, di argomento medico nutrizionale. Se ricordo bene era un distinto signore con occhiali d’oro e capelli brizzolati tagliati piuttosto stranamente con sfumatura molto alta. Sto cercando di capire se fosse lui o no, se qualcuno potesse fare luce sarebbe interessante, anche per capire chi lo abbia tutelato…

  6. Ilario Carta scrive:

    Chiedo un’informazione all’estensore del primo articolo, Alfonso Stiglitz, cui in un’altro post ho chiesto informazioni sul Prof. Lino Businco. E’ sicuro che il Professore in questione non fosse il fratello del Prof. Armando Businco?Con certezza posso affermare che il Prof. armando Businco era nativo di Jerzu. Suo padre, un noto massone, era un famoso capopopolo ogliastrino, direttore di un giornale locale che si scagliava, con una dialettica forbita, e in modo feroce contro le ingiustizie del tempo. Fu poi arrestato con una falsa accusa e liberato nel 1919, dopo una grande battaglia d’opinione da parte dell’Unione Sarda. Di fatto tutta la famiglia venne poi aiutata in modo consistente dalla massoneria per poter studiare. Ecco spiegato il motivo per cui da una famiglia sicuramente non benestante vennero fuori figure comunque di spicco come Armando e quasi certamente anche Lino.Da tanto tempo sono alla ricerca di una conferma che Lino Businco sia di Jerzu. Se fosse in grado di confermarmelo (e a dire la verità ho ben pochi dubbi in considerazione della scarsissima diffusione del cognome Businco in Sardegna) posso dire con certezza che il professore in questione fosse il fratello del Prof. Armando Businco.Certo stride parecchio il fatto che uno fosse antifascista e l’altro fervente fascista, ma non sarebbe il primo caso…

  7. Alfonso Stiglitz scrive:

    Gentile Ilario
    non ho dati sulla famiglia Businco, per cui non so se si tratti effettivamente di fratelli. La cosa migliore sarebbe interpellare l’anagrafe del Comune di Jerzu per vedere se i dati corrispondono.
    Comunque fra un po’ riprenderò questi dati per la pubblicazione negli atti del convegno Xenoi, nel quale parlai delle teorie di Businco. Nel caso trovassi i dati familiari non mancherò di darne informazione (questo vale anche per Giuseppe Pesce). Purtroppo furono molti i razzisti italiani e sardi (ai quali va parte della responsabilità delle deportazioni) che non subirono conseguenze nel dopoguerra.
    Cordialmente
    Alfonso Stiglitz

  8. Il 15 luglio 1938 fu pubblicato il "Manifesto della razza" | Cagliari - Vistanet scrive:

    […] dieci, come riportato sopra l’articolo anche un cagliaritano, Lino Businco. Come riporta un articolo del Manifesto Sardo, Businco pubblico in quello stesso anno un articolo “scientifico” dal titolo […]

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