Alghero, Calabona: la speculazione edilizia sul mare
16 Novembre 2018[Stefano Deliperi]
“MPFinance è una società italiana di investimento e sviluppo immobiliare, che punta ad elevare lo standard dei progetti residenziali in Sardegna. MPFinance, sin dal suo inizio, ha creato progetti di altissima qualità, rispettando l’ambiente e contenendo il consumo di suolo. L’obiettivo di MPFinance è quello di ridefinire ciò che significa sviluppare residenze di lusso ad Alghero, una delle principali mete turistiche della Sardegna, con progetti caratterizzati da design ed innovazione perfettamente integrati nel paesaggio costiero”. Così si presenta la MP Finance s.r.l. di Alghero, società immobiliare attiva dal 2012: ha già realizzato tre complessi edilizi e sta realizzando due complessi di appartamenti sul mare alti 21 metri, a circa 40 metri dalla battigia, a Calabona.
The Fetch 2.0, attico in vendita a 780 mila euro, 5.652 euro per ognuno dei 138 metri quadri. Si tratta di pura speculazione edilizia, a due passi dal mare, in una zona particolarmente suggestiva della costa della Baia delle Ninfe. E questo può accadere soltanto grazie alla scandalosa ignavia dell’Amministrazione comunale algherese e della Regione autonoma della Sardegna. L’area rientra in zona urbanistica “B 3” del piano regolatore generale (P.R.G.) e lì, in zona urbanistica “B 3”, a pochi passi dal mare, possono esser realizzati palazzoni alti fino a 21 metri. Lo afferma il vecchio P.R.G. algherese, finora mai adeguato al piano paesaggistico regionale (P.P.R.) a dodici anni dalla sua entrata in vigore (2006).
Così, la Società immobiliare algherese ha approfittato dell’occasione e ha già realizzato, nel silenzio generale, in forza di provvedimento unico SUAP n. 712 del 23 gennaio 2017. Ora è in corso di realizzazione il secondo edificio, che ha causato vivacissime polemiche in sede locale, tanto da portare a un’annunciata sospensione dell’efficacia del provvedimento unico SUAP n. 985 del 15 novembre 2017, che autorizzava il secondo complesso di appartamenti. In realtà, però, il titolo abilitativo per il secondo edificio non poteva proprio esser rilasciato, perché in assenza di autorizzazione paesaggistica, come ricordato dalla nota Servizio regionale Tutela del Paesaggio e Vigilanza edilizia di Sassari n. 45904 del 27 novembre 2017.
Il Servizio regionale Tutela del Paesaggio e Vigilanza Edilizia di Sassari aveva, quindi, chiesto al Comune di Alghero l’adozione di un provvedimento di annullamento in via di autotutela del provvedimento di conclusione della conferenza di servizi che aveva autorizzato la realizzazione del palazzone sul mare (nota prot. n. 50099 del 22 dicembre 2017). In qualche modo il Comune di Alghero aveva tentato di metterci una pezza, sospendendo l’efficacia del provvedimento (nota SUAPE n. 86869 del 28 dicembre 2017) e convocando una nuova conferenza di servizi per riesaminare il progetto per il prossimo 20 febbraio 2018 (nota SUAPE prot. n. 86659 del 28 dicembre 2017), ma – com’era prevedibile – la Società immobiliare si era rivolta ai Giudici amministrativi.
Il T.A.R. Sardegna, con decreto presidenziale, Sez. II, 15 gennaio 2018, n. 16/2018, aveva sospeso l’efficacia del provvedimento del Comune di Alghero di fermo provvisorio del cantiere edilizio sul mare, perché “l’interesse pubblico, sotteso alla richiesta di cui alla nota 27.11.2017 del Servizio Tutela del paesaggio della Regione Sardegna, è del tutto vago non essendo indicati nell’atto dell’Ufficio tutela quali siano gli specifici interessi paesaggistici che verrebbero lesi dall’attività edilizia assentita”. In realtà, l’interesse pubblico è dato dalla legge, tant’è che l’assenza di autorizzazione paesaggistica (art. 146 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) in presenza di lavori in area tutelata con vincolo ambientale costituisce un reato (art. 181 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).
Quindi, a giudizio del T.A.R., è stata “ritenuta la sussistenza dell’estrema gravità del danno che deriva alla parte ricorrente dal mantenimento dell’efficacia del provvedimento impugnato … fino alla decisione del Collegio” e non è stato necessario attendere nemmeno la prevista camera di consiglio del successivo 31 gennaio (poi rinviata ad altra data). Le ruspe hanno potuto continuare i “lavori di demolizione del fabbricato e realizzazione delle opere propedeutiche all’inizio dei lavori di costruzione del primo piano fuori terra”, così da mettere tutti davanti al fatto compiuto.
Successivamente, a fine marzo 2018, la svolta: in sede di conferenza di servizi la Società immobiliare ha rinunciato a un piano (quindi a un appartamento) e ha ottenuto le autorizzazioni paesaggistiche e il permesso di costruire. Tutto grazie alle oscene previsioni di uno strumento urbanistico antidiluviano (è del 1976) decisamente prono a ben concreti interessi economici e appetiti speculativi. Perché non è stato ancora adeguato al P.P.R. nonostante gli obblighi di legge?
E qui si apre un’altra finestra: il fatto che molti Comuni non si siano ancora dotati di P.U.C. adeguato al P.P.R. per mille ragioni, inclusa spesso quella di non “disturbare” forti interessi immobiliari, non può essere un esimente per prorogare di fatto e illegittimamente la possibilità di distribuire qui e là cemento sulle coste, tanto più che, giustamente, l’art. 18, comma 1°, lettera b, della legge regionale n. 8/2015 prevede che la Regione si sostituisca ai Comuni inadempienti nell’adozione dei P.U.C., previa diffida a provvedere inevasa.
Quanti Comuni inadempienti sono stati diffidati dalla Regione? Solo alcuni. E quanti sono stati sostituiti nell’adozione del P.U.C.? Nessuno. E così si sbrana il territorio, un po’ alla volta, per puri interessi speculativi, soprattutto in casi come Alghero, uno straordinario concentrato di valori naturalistici, ambientali, storico-culturali di primaria grandezza nel Mediterraneo. Sarà ora di voltare pagina, una volta per tutte?