Sanità e austerità
4 Gennaio 2019[Alessia Etzi]
Pubblichiamo l’intervento di Alessia Etzi al convegno “sanità tra austerità e privatizzazioni” organizzato dall’Unione Sindacale di Base (USB), sabato 15 dicembre, Hostel Marina a Cagliari.
I dati aggiornati a giugno 2018 del Report[1] sulle spese Sanitarie dei 35 Paesi OCSE rivelano aspetti importanti sulla sanità in Italia. Intanto, la spesa sanitaria in Italia è pari al 8,9 % del PIL, un dato in sintonia con la media dei paesi OCSE. Per spesa sanitaria, s’intende quella derivante dai costi della sanità pubblica e di quella privata. Se andiamo a considerare però i dati della spesa sanitaria pro capite, l’Italia scende al 20° posto tra i 35 Paesi OCSE, con ben 527 dollari, corrispondenti a € 461,64, in meno rispetto alla media degli altri paesi del gruppo.
E ancora se si vanno a guardare i soli dati della spesa della sanità privata, scopriamo che l’Italia si attesta al 2,3 % del PIL, con uno 0,1% in più rispetto alla media dei paesi OCSE, dove il dato rimane al 2,2%. Lo 0,1 punto in percentuale in più rispetto agli altri paesi, a conti fatti, corrisponde ad quasi 2 miliardi di euro.
Andiamo ancora a verificare altri dati, molto interessanti, offerti dall’Osservatosalute 2017[2] dell’Osservatorio Nazionale della salute delle Regioni italiane (progetto dell’Università Cattolica): nel ribadire il profondo il divario tra nord e sud del paese, il dossier ci dice che nel periodo 2010-2016 la spesa sanitaria pubblica pro capite nelle regioni italiane si attesta come segue (ho indicato alcune regioni emblematiche e rimando all’intera tabella del Report per la lettura completa dei dati):
Osservasalute 2017- Spesa sanitaria pubblica pro capite 2010/2016 |
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2010 | 2016 | |
Italia | € 1.860 | € 1.845 |
Lombardia | € 1.825 | € 1.861 |
Emilia Romagna | € 1.850 | € 1.890 |
Sardegna | € 1.958 | € 2.065 |
Da ciò si evince, con la fredda logica dei numeri, che in Sardegna la spesa pro capite per sanità pubblica è superiore rispetto alle altre regioni italiane, e alla media italiana, di circa il 20%.
Questo dato dovrebbe essere in qualche modo positivo e rassicurante. Ma così non è. E qui emergono le contraddizioni di un sistema sanitario che ancora una volta non risponde effettivamente alle esigenze di cura, assistenza e prevenzione della popolazione, come appare chiaramente dallo smantellamento dell’intero sistema in tutto il territorio della Sardegna.
Se poi aggiungiamo il dato della finanziaria regionale appena approvata per il 2019, che è in linea con quella degli anni precedenti, osserviamo che su 8,2 miliardi di risorse totali, vi sono 3,7 miliardi per la sanità. Se dividiamo 3,7 miliardi per il numero di residenti in Sardegna (dati Istat – popolazione al 31 dicembre 2017) che è pari a 1.648.176, scopriamo che per ciascun residente in Sardegna si avrebbe in teoria una somma pari a € 2.245.
Incrociando questo dato con altre rilevazioni però scopriamo che i conti non tornano e che, a fronte di tanti soldi messi a disposizione, in Sardegna le cure non sono adeguate e si va verso uno svilimento dell’intero sistema sanitario regionale pubblico.
Infatti, sempre secondo il dossier dell’Osservatorio Nazionale della salute delle Regioni italiane (progetto dell’Università Cattolica) per l’anno 2017, le spese sanitarie in Sardegna continuano a crescere, a discapito della qualità dei servizi e a vantaggio del privato, con gravi disagi per gli utenti costretti a lunghe liste di attesa, pesanti trasferte, costi maggiori, con la conseguenza di un numero impressionante di cittadini in Sardegna che ormai rinuncia a curarsi.
Disuguaglianze penalizzano popolazione di basso livello sociale, compromettendo il diritto alla prevenzione e alla cura. Inoltre, si parla di rinuncia alle cure a causa di “distanza dalle strutture, lunghe file di attesa e impossibilità di pagare il ticket per le prestazioni”
La Sardegna è la regione dove la rinuncia alle cure riguarda circa il 14,9 % della popolazione. Un dato impressionante, soprattutto in relazione a quanto si diceva prima sulla spesa sanitaria pubblica pro capite dei residenti in Sardegna che è pari a circa 200/400 euro in più rispetto al dato medio italiano, e rispetto al dato delle regioni più ricche, come Lombardia ed Emilia Romagna.
Se leggiamo ancora altri dati tratti dal Report di Demoskopika[3] sulla qualità della perfomance della sanità nelle regioni italiane nel 2017 scopriamo inoltre che 66.000 famiglie ( tra le 200 e le 230 mila persone) in Sardegna non si curano più per problemi economici. Problemi economici che implicano che i costi dei medicinali e prestazioni sanitarie, sino a poco tempo fa gratuiti e oggi a pagamento, non possono essere più sostenuti dalle famiglie a basso reddito, che, pertanto, non si curano. .
Per chiudere, va ricordato che la Sardegna è al quartultimo posto tra le regioni per povertà estrema.
Queste cifre sono utili per sviluppare un ragionamento sullo stato della salute e della sanità pubblica in Sardegna, oggi, come non mai, sotto attacco a causa di una riforma di riorganizzazione della rete ospedaliera e sanitaria che sta incidendo pesantemente sulla vita delle persone: chiudono ospedali, reparti, laboratori, case della salute, presidi sanitari territoriali e importanti punti di riferimento per il sistema della prevenzione, della cura, dell’informazione e sensibilizzazione, oggi ridotti a erogare prestazioni minime, senza personale, in realtà in cui le comunità esigono attenzione come non mai.
Pensiamo ai sofferenti mentali, ai cardiopatici, neuropatici, a quanti malati o meno, sono costretti all’umiliazione della cancellazione di visite, chiusura degli ambulatori, annullamento delle prestazioni, nonostante le ingenti risorse pubbliche messe a disposizione per il sistema, che oggi premia il privato, annientando con la disumana logica dei tagli il diritto alla salute per la parte più fragile e sofferente della popolazione nei nostri territori.
Le comunità che si stanno ribellando in tutta la Sardegna, organizzate in comitati spontanei che fanno capo alla Rete Sarda a difesa della Sanità Pubblica, hanno il sacrosanto dovere di difendere in nome dell’art. 32 della Costituzione il diritto alla salute e il Sistema Sanitario Nazionale pubblico e gratuito che la L. 833 del 1978 ha garantito per coloro che si trovano in Italia, perché ci sono nati, perché si sono qui trasferiti o perché ci sono di passaggio, indipendentemente dalle condizioni economiche.
La distrazione rispetto a questo principio per la classe politica di oggi e di domani è un’azione scellerata di cui tutti e tutte pagheremo le conseguenze, perché una sanità pubblica di qualità è un diritto universale, anche per coloro che ritengono di poterne fare a meno perché privilegiati per censo o nascita.
[1] Report OCSE 2017 pubblicato a giugno 2018 -http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=63398
[2] https://www.osservatoriosullasalute.it/osservasalute/rapporto-osservasalute-2017
[3] https://www.demoskopika.eu/single-post/perfomancesanitaria2018