Da dove ricominciare?
16 Marzo 2019[Alessandro Mongili]
La sconfitta elettorale delle elezioni della RAS ha indicato, al livello nazionale della Sardegna, una situazione disastrosa. Il governo a guida sardista (ma a probabile trazione leghista) è un’incognita, e tutti aspettiamo le prime mosse, e in particolare la nomina degli assessori. Il centrosinistra invece non è un’incognita. Dopo la sconfitta si conferma in una linea politica disastrosa e quanto mai ostile agli interessi sardi. L’area dell’autodeterminazione e della sinistra alternativa, per molti versi collegabile, per altri non sovrapponibile, è ferma nella coazione a ripetere di atteggiamenti di “quando eravamo minoranze di puri e duri”. Il franchising grillino è allo sbando e nelle mani di dirigenti improbabili o, se presentabili, rigorosamente emarginati.
In questo periodo penso che, di queste elezioni RAS, la cosa più pericolosa non siano le cause della sconfitta, ma le sue conseguenze. Vi sono state alcune fragorose dimissioni, alcuni alteri silenzi, alcune riflessioni interessanti, e penso esplicitamente al richiamo di Claudia Zuncheddu alla formazione di un’unica piattaforma di eguali, o al tentativo di iniziare un percorso verso un’organizzazione della società civile indipendentista sul modella catalano dell’Assemblea natzionale. Non c’è però abbastanza chiarezza sui modi e sui soggetti di questo cambio di passo. Tutti sembrano arroccati. Invece, è il momento di cambiare. Questa è la mia proposta.
Il primo passo che occorre fare è un passo indietro. Non possiamo seguitare a pensarci, noi che siamo attivisti politici, come un’élite. È il modello dell’avanguardia politica in cui il militante è come il filosofo del mito della caverna in Platone. La plebe non distingue bene la realtà e tu, militante o “ex-italiano illuminato”, armato del marxismo-leninismo o del pensiero indipendentista già in fase di canonizzazione, gli spieghi la differenza fra il Vero e il Falso. E se lui/lei non ti segue è lui/lei ignorante, self-colonized (parola che io amo, intendiamoci), o comunque un minus habens. È il modello aristocratico che in Sardegna va per la maggiore. Ma è sbagliato, non funziona, almeno.
La società è piena di competenze. Non siamo noi a dover spiegare a chi lavora o usa il sistema sanitario perché va male, ma sono loro che lo devono spiegare a noi. E così per ogni ambito. La nostra competenza politica va messa al loro servizio e deve servire unicamente a portare queste competenze, e anche queste soluzioni, a diventare proposte o misure politiche, a livello locale o nazionale sardo. Non siamo credibili se manifestiamo a fianco dei pastori o degli studenti, ma non sappiamo distinguere fra i tipi di formaggio.
Dobbiamo da subito, cominciando dalle comunali di Cagliari, mutare sistema e smetterla con il sistema dei tavoli e delle “teste pensanti” che decidono chi debba essere il candidato e quale debba essere il suo “profilo” (uso volutamente le tragicomiche espressioni che ho sentito circolare ancora in questi giorni). Dobbiamo aprire porte e finestre. Vito Biolchini (qui) ha giustamente messo in evidenza il meccanismo della nomina di figure a disposizione, all’interno di un sistema maschile e castosauro, nel caso delle primarie di Cagliari. Bene, non replichiamolo in sedicesimo. Non possiamo e non dobbiamo imitarli. Dobbiamo proporre altro, altre ritualità, altre pratiche, e magari più festose.
A Cagliari, in Sardegna, in tanti abbiamo lavorato come Sardegna Possibile, Sardos, Caminera noa, Acordu, ADN, e ora nella costituenda ANS, a Cunferèntzias abertas, OST, e ad altre tecniche partecipative. Inventiamoci un evento gioioso, in cui le persone si propongano e tutti valutino come andare avanti e chi candidare come Sindac@ e consiglier@. Apertamente e, possibilmente, con un minimo di giocosità e divertimento. Con trasparenza e voglia di metterci in gioco, e di discutere in pubblico le nostre capacità. In un evento aperto a tutt@, in cui il fillu a chini ses non valga. Anzi, sia condizione ostativa. Ripeto, apriamo porte e finestre e siamo trasparenti. Non abbiamo potere, possiamo permettercelo. Facciamolo.
Mi si dirà che dovremmo unirci al centrosinistra per “battere le destre”. Ma se vogliamo dar voce a un’alternativa nei temi e nei programmi, sul tema dei beni comuni, della casa, della lotta (seria) al degrado sociale e a quello urbanistico, della parità linguistica e dell’apertura alla diversità e all’uguaglianza come tema cardine, come è possibile accodarci a chi da otto anni ha un’agenda liberista e assieme clientelare?
Nel Principe, Machiavelli elaborò un’idea di innovazione del tutto diversa dalla nostra, che è basata sul progetto. Egli sostenne che il mondo cambia continuamente, e l’innovazione delle istituzioni politiche è necessaria come forma di adattamento. Proviamo a vederci non come eroi che illuminano le masse, ma come attivisti che rincorrono, col fiatone e la lingua fuori, cambiamenti continui e sorprendenti.