Sopravvivere alla città. Incontro con Raùl Zibechi
22 Giugno 2019[Cristina Ibba]
Il 14 giugno si è svolto a Cagliari un incontro confronto tra il coordinamento dei comitati sardi (composto da una cinquantina di comitati sparsi in tutta la Sardegna) e Raùl Zibechi, giornalista e scrittore uruguaiano che rappresenta, in questo momento storico, uno degli sguardi più lucidi sui movimenti di base dell’America Latina.
L’incontro, dal titolo ”Sopravvivere alla città”, non è stata una conferenza con il mentore di turno, ma un dialogo collettivo, un confronto aperto ad una grossa eterogeneità di gruppi su urbanità , neoestrattivismo e chi vi si oppone .
Tutti i gruppi, che sono intervenuti, hanno descritto quali sono le dinamiche di oppressione e le difficoltà che incontrano all’interno della città e quali sono le forme di lotta e le pratiche di resistenza che stanno attuando.
Ha aperto il dibattito l’intervento di Luisa di Non Una Di Meno, rete transfemminista transnazionale. “La nostra è una lotta” ha detto Luisa “che abbraccia tutte le altre lotte. La violenza maschile sulle donne è una violenza sistemica che riguarda la sfera individuale, economica, politica e istituzionale. É necessario trovare sempre i nessi tra patriarcato e capitalismo, che mercifica tutto e concepisce le relazioni come dominio e proprietà. Va considerata anche la violenza ambientale contro gli ecosistemi attraverso le pratiche di sfruttamento del territorio.”
E’ seguito l’intervento di Cristian di SA DOMU laboratorio politico universitario che vorrebbe riunire tutto ciò che si muove nella città per l’autodeterminazione dei corpi e dei territori.
Alcuni giovani hanno aperto a Is Mirrionis un’ OFFICINA autogestita, pertinente alla dimensione urbana, dove è più difficile costruire rapporti di solidarietà e condivisione. Vogliono imparare ad apprendere fuori dalle logiche verticistiche, ma in uno spazio di scambio circolare. All’interno dell’Officina c’è un angolo adibito a falegnameria, uno alla lavorazione del ferro e anche una biblioteca.
Dal dicembre del 2015, la prima domenica di ogni mese in piazza Carlo Alberto, si organizza il “Mercatino popolare autogestito di Castello” senza alcuna autorizzazione da parte delle istituzioni. Questo mercatino vuole essere un luogo di crescita e di interscambio antirazzista, antifascista e antisessista.
Laura, dei COBAS scuola , ha iniziato il suo intervento col racconto della prima occupazione dei locali del Provveditorato agli studi di Cagliari in via S. Saturnino nel lontano 1993, quando c’era stata una straordinaria solidarietà da parte di tutto quartiere Villanova. ”Le scuole “ racconta Laura ”assomigliano sempre più , sia dentro che fuori , a delle carceri, dove il potere esercita costantemente il suo controllo. E mentre la scuola è sempre più regolamentata e controllata , quindi chiusa in se stessa, si assiste ad un grande paradosso : l’apertura a delle figure “di sistema” come carabinieri, poliziotti, guardie di finanza e altri militari che entrano nelle scuole per delle vere e proprie lezioni sostituendosi di fatto al lavoro dei docenti. La vita dei docenti e degli studenti è sempre più controllata e repressa. La settimana scorsa un maestro di Cagliari, Andrea Scano è stato sanzionato, con tre giorni senza stipendio, per non aver voluto utilizzare il registro elettronico, perché a parer suo, non garantiva pienamente la tutela della privacy dei bambini. Per noi è necessario costruire un lavoro sinergico tra Cobas e altre associazioni di base.”
Ha continuato poi un rappresentante del Movimento di lotta per la casa. “Gli sfratti continuano e le istituzioni non vogliono risolvere il problema. Cerchiamo di costruire solidarietà con metodi di resistenza , dai picchetti antisfratto alle occupazioni. Per quanto ci riguarda gli oppressori sono due : le istituzioni che mantengono inutilizzati patrimoni immobiliari enormi, e poi un oppressore interno al movimento, ovvero l’egoismo e la mancanza di solidarietà (mors tua vita mea)”.
Claudia, del comitato NO 5G, ci ha raccontato che il 5G è una tecnologia di ultima generazione che emette campi elettromagnetici ad altissima frequenza, i cui effetti non sono mai stati sperimentati sugli esseri umani. In nome di grossi interessi delle multinazionali , i colossi della telefonia si comprano governi e amministrazioni locali, violando il principio di precauzione e di prevenzione.
Dopo più di un’ora di racconti sulle varie esperienze dei comitati in lotta, Raùl Zibechi ha spiegato che è nemico delle conferenze perché riproducono il sistema gerarchico proprio del sistema capitalistico ed ha invitato al dialogo tra i presenti attraverso alcuni spunti di riflessione:
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“L’autodeterminazione e l’autonomia urbana sono più difficili nelle città perché è proprio li che l’oppressione del capitale è più feroce, essendo stati costruiti gli spazi solo secondo una logica mercantile dove le persone faticano a costruire legami sociali. I movimenti sociali urbani degli anni ’60 e ’70 erano molto differenti perché allora lo stato creava welfare, creava case, scuole, servizi per i lavoratori. Ora è tutto diverso, la lotta urbana si sviluppa su due piani:1- di resistenza alle privatizzazioni (della sanità , delle scuole, dei servizi, del lavoro) e all’ estrattivismo urbano, con scioperi e manifestazioni di protesta necessari, che però non producono cambiamento, 2- la fase della creazione di luoghi, di isole, di spazi orizzontali per conoscere gli altri , condividere, coordinarsi. Abbiamo bisogno di spazi di lunga durata dove le persone che li abitano siano molto diverse , ma unite dalla volontà di costruire un progetto strategico. La chiave di lotta è la costruzione di legami sociali. Ognuno di noi deve però lavorare molto sul desiderio smodato di parlare nel gruppo e sul proprio ego. Certo le contraddizioni sono inevitabili, ma l’importante è quanto si vuole essere egemonici, perché l’egemonia impone un’autorità gerarchica , quindi esclude una parte.
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Il movimento femminista è molto forte in tutto il mondo e la loro rabbia così come quella dei giovani ,che per la maggior parte sono senza lavoro , è molto più forte che negli anni ’60 . Sono loro (femministe e giovani) i soggetti sociali più importanti delle lotte urbane. Chi come me viene dal movimento operaio degli anni ’60 e ’70 è molto differente, ma su queste differenze si può lavorare, ci vuole un tempo lungo, ma si può fare. C’è una forte relazione tra la violenza sulle donne e il sistema estrattivista. L’estrattivismo è una forma di accumulazione del capitale guidata dalla finanza, che consiste nell’appropriazione dei beni della natura per trasformarli in merce. Le vittime principali di questo sistema sono la natura e le persone stesse colpite dall’industria estrattiva come le miniere a cielo aperto, le monocolture di soia , di grano, di foraggio, la speculazione urbana, la gentrificazione, i grandi progetti infrastrutturali. L’estrattivismo riguarda quindi anche la cultura, la società, la politica. Capire l’integralità del sistema è fondamentale per trovare strategie di resistenza e di lotta. Il capitalismo degli anni ’60 e quello attuale estrattivista sono profondamente diversi. L’espropriazione della natura e dei beni comuni per convertirli in merce avviene 24 ore su 24 . E’ tutto un sistema corrotto , non è solo un ministro, quindi le forme di resistenza al capitale sono molto più difficili. Il modello estrattivista è speculativo, non è produttivo. Nel modello industriale le persone erano mezzi per incrementare il capitale, nel modello estrattivista le persone sono solo un ostacolo, che va eliminato. Abbiamo sistemi elettorali , ma senza reali democrazie. Negli anni ’30 in Inghilterra si era notato che i bambini soffrivano di problemi cognitivi a causa del piombo delle industrie . Lo stato ha allora cambiato politica. Oggi tutti gli stati sanno che la petrolchimica sta modificando il dna dei bambini, ma non sono interessati o sono incapaci o impossibilitati ad opporsi . In moltissime parti del mondo l’acqua è inquinata e per esempio in Messico l’acqua potabile viene razionata con delle cisterne dai militari.
Gli zapatisti chiamano tutto ciò “ la quarta guerra mondiale contro la popolazione”. La strategia per affrontare tutto questo non può essere solo il voto o lo sciopero, dobbiamo discutere seriamente cosa fare per resistere e mutare questa situazione.
Spesso ascoltare è più importante che parlare. Dobbiamo imparare ad essere costruttori. Il costruire è parte integrante della lotta di resistenza.”